L'AQUILA, PROGETTO AL PALO DAL 2008. AZIENDA CAMPANA IN DIFFICOLTÀ FINANZIARIE ESTROMESSA DA ALCUNI APPALTI IN GIRO PER L’ITALIA, L’ENTE AQUILANO VA AVANTI. POLEMICHE E INCERTEZZE

PARCO PIAZZA D’ARMI, PER ORA UN SOGNO: RIALTO IN CONCORDATO, STALLO COMUNE

24 Giugno 2019 07:00

Regione -

L'AQUILA – Regnano ancora l'incertezza e la confusione, anche legale, sul progetto del parco urbano di Piazza d'Armi a L'Aquila, al palo dal 2008. Anzi, per come si sono messe le cose, resta per ora un sogno il central park da 100mila metri quadrati in un’area strategica della città, con tanto di auditorium, per di più con 22 milioni di euro già in cassa, da anni, ben oltre quelli necessari.

La Rialto costruzioni di Caserta, che nel 2016 ha ottenuto l'affidamento, dopo aver ha vinto l'appalto su base d’asta di 18 milioni di euro, con un super ribasso d'asta del 60,5%, in un contesto caratterizzato da veementi polemiche, continua ad essere titolare della importante commessa nonostante sia entrata in concordato preventivo, quindi, non più nella piena solidità finanziaria.

E mentre il Comune dell’Aquila, che appena trovato un accordo rispetto alla richiesta aggiuntiva di fondi presentata dal sodalizio campano, non ha ancora assunto una decisione definitiva, emerge che in altre commesse italiane la Rialto viene esclusa da bandi di gara, da quando il 5 febbraio scorso è in concordato preventivo. Non solo a Firenze, per la realizzazione di un polo pediatrico, come già riferito da Abruzzoweb, ma anche a Roma, per la sede della Fondazione Ensarco, e a Milano, per interventi nell'ospedale di Cinisello Balsamo.

Circostanze che hanno innescato altri approfondimenti in seno all’amministrazione comunale sullo scottante argomento della revoca dell’affidamento della commessa: secondo molti, il Comune dovrebbe revocare l’appalto,  come consente la legge nel caso in cui venga meno la garanzia di solidità economica e affidabilità dell'impresa. E come è stabilito nel bando di gara.

Ma per ora l’ente non decide: da quanto si è appreso, il centrodestra aquilano giudato dal sindaco Pierluigi Biondi, di Fratelli d'Italia, è spaccato sul da farsi.

Ad ogni buon conto il 30 aprile scorso il Comune ha intanto raggiunto un accordo con la Rialto che ha consentito di fissare l'importo dei lavori a 13 milioni di euro, “solo” 3 in più rispetto ai 5 chiesti dalla società dopo aver vinto l'appalto del 2013, offrendo 10 milioni rispetto ai 18 su base d'asta. Una determina ha dunque approvato il progetto a livello tecnico, ma saranno necessari altri passaggi burocratici.

La situazione di difficoltà della Rialto, potrebbe far tornare alla carica la seconda classificata, il Consorzio cooperative costruzioni (Ccc) di Bologna, oggi Integra, colosso italiano delle costruzioni e dei servizi, in Ati con la Edil Costruzioni, che ha applicato anche lei un super-ribasso, ma di poco inferiore e cioè del 60,2% perdendo dunque sul filo del rasoio. Anche se in tal senso non si hanno notizie di accessi agli atti e ricorsi presentati.

Una cosa è certa: il progetto cavallo di battaglia della precedente amministrazione di centrosinistra, è fermo e senza una scadenza di sblocco.

L'ultimo accordo tra Comune e Rialto, importante azienda con sede a San Tammaro nel casertano, che opera dal 1995, e che nel 2017 ha superato i 15,8 milioni di fatturato, è stato stipulato quando la società è era già ufficialmente entrata nel concordato preventivo, e per tale ragione è stata esclusa automaticamente da ben due gare, una a Firenze e una a Milano. A maggio è stata estromessa anche da una gara a Roma, “per non aver inviato il differimento polizza fidejussoria”.





Ma per ora il Comune dell'Aquila sembra avere l'intenzione di andare avanti. Eppure il decreto legge 163 dell'aprile 2006, richiamato nel bando di gara del parco di piazza d'Armi, stabilisce che “sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti dei lavori, forniture e servizi (…), i soggetti che si trovano in stato di fallimento, liquidazione coatta, di concordato preventivo”.

Si precisa poi, nel bando di gara, che “la stazione appaltante procede a richiedere all'aggiudicatario provvisorio l'esibizione di tutta la documentazione attestante il possesso dei requisiti generali previsti dall'articolo 38 del decreto legge 163”. E nel caso tale verifica non dia esito positivo, “la stazione appaltante procede ad individuare nuovi aggiudicatari, o a non aggiudicare la gara”.

Vero è che la Rialto ha vinto la gara prima del concordato preventivo, ma il nuovo scenario potrebbe autorizzare in ogni caso alla revoca.

La società era già finita nel tritacarne delle polemiche politiche per aver vinto la gara indetta nel 2013, dopo clamorosi ritardi, con un ribasso di oltre il 60,5%. In questo modo i lavori, da una base fissata a 18 milioni di euro, erano stati aggiudicati a poco più di 10 milioni.

L’impresa, però, presentando il progetto esecutivo nel 2017, ha inoltrato richiesta di ulteriori 5 milioni, in considerazione dell’impossibilità di svolgere i lavori con 10 milioni. Come volevasi dimostrare.

Ne è nato un serrato contenzioso e gli uffici comunali preposti nel settembre 2018 hanno inizialmente giudicato irricevibile il progetto della Rialto.

La società ha cosi' abbassato le sue pretese a “soli” 3 milioni aggiuntivi. E come detto è stato raggiunto un accordo.

Il ribasso della Rialto aveva spinto il Meetup Comitatus aquilanus a presentare un esposto all'Anac, l'autorità nazionale anticorruzione, contro la procedura d'appalto.

Ora si moltiplicano gli interrogativi sulla solidità dell'azienda e sulla sua capacità di poter portare a termine i lavori nel migliore dei modi.





Il consigliere comunale di opposizione Lelio De Santis, particolarmente battagliero sulla vicenda, sostiene infatti che “la ricostruzione della città e la realizzazione di opere, come quella di Piazza d’Armi, hanno bisogno di imprese capaci e serie, di tempi certi e celeri, ma anche di trasparenza nelle procedure di affidamento dei lavori”.

A gettare pesanti ombre sul felice esito della vicenda, è però il fatto che la società viene altrove esclusa dalle gare.

Il primo caso, di cui già la stampa regionale ha dato notizia, risale al marzo 2019, ed è relativo ad un bando di gara della Asl di Firenze per la realizzazione della casa dell'accoglienza del polo pediatrico Meyer nel capoluogo toscano. Nella seduta pubblica per l’esame delle offerte economiche, è risultato che proprio la Rialto è stata tra le concorrenti  quella che “si è maggiormente avvicinata alla soglia di anomalia senza superarla”, avendo offerto un ribasso 27,7%.

Sono pertanto scattate le verifiche preliminari di legge e dalla visura storica, in data 8 marzo 2019, alla Camera di Commercio di Caserta, è risultato che il 5 febbraio 2019, la Rialto ha depositato la istanza per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Non comunicando però questa circostanza in sede di bando di gara. La Rialto è stata così esclusa, perchè si legge nella delibera della Asl del 26 marzo, “le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico che versi in uno stato di fallimento o di liquidazione coatta, o ancora di concordato preventivo” e considerato che “il concorrente era stato ammesso nella precedente fase di ammissione/esclusione – sia perché aveva attestato il possesso dei requisiti generali e speciali prescritti, sia perché la circostanza escludente è sopravvenuta a tale fase – acquisita la relazione del responsabile unico del procedimento non risultano agli atti documenti o elementi idonei a consentire di superare legittimamente il divieto di ammissione di cui alla norma citata”.

Ma qualcosa di analogo era già accaduto, come si evince da una deliberazione volta Azienda socio sanitaria territoriale Milano Nord, del 27 febbraio, relativa al bando di gara per l'adeguamento del polo ospedaliero di Cinisello Balsamo, e la riqualificazione e ammodernamento del servizio di Radiologia. Gara vinta a gennaio 2019 dalla Rialto, con un ribasso del 28,5%.

Per poi anche qui essere esclusa perché, si legge nella delibera, “la società prima classificata Rialto costruzioni con nota del 12 febbraio 2019 informava questa stazione appaltante di aver presentato in data 5 febbraio domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo”, e “il responsabile del procedimento con nota del 13 febbraio comunicava alla Rialto l'esclusione della stessa dalla gara a causa della perdita del requisito generale di cui all'articolo 80 comma 5 del decreto legislativo 50 del 2016”.

Infine la Rialto è stata esclusa il 25 maggio da una gara indetta nel settembre 2018 per l'affidamento dei lavori di ristrutturazione del complesso immobiliare della Fondazione Ensarco di via Vincenzo Petra a Roma. Motivo, si legge nel verbale di aggiudicazione, “per non aver inviato differimento polizza fidejussoria”.

Il progetto di realizzazione del central park è stato varato nel 2008, per poi bloccarsi con il terremoto del 6 aprile 2009. Nel 2013 è stato finalmente indetto un bando europeo di progettazione, che è stato vinto dalla società Modostudio. Una progettazione stimata per una cifra economica pari a circa 20 milioni di euro, poi scesa a 18 milioni. Previsto un grande parco alberato intervallato da prati e laghetti, con il mezzo un auditorium da 900 posti a più livelli con parcheggio interrato, un area giochi, e un area sportiva.

Per finanziare il progetto il Comune ha partecipato al bando nazionale Piano Città ottenendo 15 milioni di euro. Altri 3 milioni sono arrivati da una raccolta fondi tra i cittadini di origine italiana stabilitisi in Australia come donazione per la città terremotata. Gli ultimi 4 milioni ce li ha messi la legge Mancia del Pd, per un totale di 22 milioni, anche superiori a quelli che occorreranno. Ma a piazza d'Armi dopo 11 anni ci sono prati incolti e un enorme vuoto urbano abbandonato che i cittadini possono solo riempire con la fantasia, immaginando quello che potrebbe diventare.

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