“PARCO SIRENTE NON PAGA INDENNIZZI DA 2O22”. DANNI FAUNA SELVATICA, DENUNCIA DI UN AGRICOLTORE

6 Luglio 2024 08:19

Regione - Cronaca

L’AQUILA  – “Mi chiedo, ma i dipendenti pubblici del Parco regionale Sirente Velino e della Regione, se non fossero pagati da due anni, andrebbero lo stesso a lavorare?”





La provocazione colma di amarezza, è di un agricoltore dell’area protetta in provincia dell’Aquila, che chiede l’anonimato, ​(“per non avere problemi”), e che attende dal 2022 parecchie migliaia di euro di ristori, previsti per legge per i danni subiti alle sue colture da parte degli animali selvatici, a cominciare da cinghiali, cervi, caprioli e anche istrici, tutte specie protette. Nella stessa situazione ci sono decine di altri agricoltori, sia del versante aquilano che marsicano del Parco, di cui è presidente il sindaco di Fagnano alto, Francesco D’Amore.

“Bisogna calcolare – si sfoga l’agricoltore – che i soldi persi nel 2022 a causa dei campi devastati che è impossibile anche recintare, perché parliamo di ettari ed ettari e i costi sarebbero proibitivi, li abbiamo investiti nel 2021, e poi ci siamo ritrovati in buona parte con un pugno di mosche in mano. Al Parco ci hanno spiegato che stanno attendendo a loro volta i fondi dalla Regione. Ma noi non possiamo attendere oltre. E’ un nostro diritto, visto che gli animali protetti non sono nostri, ma dello Stato, ed è giusto che lo Stato ci risarcisca, non avendo modo di contrastare le loro scorribande”.

E aggiunge l’agricoltore: “Prendiamo atto che comunque la Regione e il Parco hanno fatto passi avanti. e finalmente sono in corso gli abbattimenti selettivi dei cinghiali, il cui numero è esploso negli ultimi anni, diventato insostenibile, e che crea danni non solo alle nostre attività, ma anche agli ecosistemi dell’area protetta. Si sta ragionando finalmente anche sull’abbattimento selettivo dei cervi, anch’essi in forte sovrannumero”.





Ma detto questo, “è fondamentale che i ristori arrivino in tempi accettabili, perché due anni di attesa sono davvero troppi e questo mette in difficoltà piccole imprese che già pagano il gap di dover operare nelle aree interne e montane, dove la resa è minore, e i costi di produzione più alti. E sarebbe anche ora di finirla con il pregiudizio, per non dire la falsità secondo la quale noi  vogliamo campare di indennizzi, che tra l’altro non coprono mai il 100% del mancato guadagno La verità è che chiediamo solo di poter fare il nostro lavoro, essere messi nelle condizioni di poter coltivare, raccogliere e commercializzare i nostri prodotti, che rappresentano tra l’altro eccellenze, in termini di qualità e salubrità”.

 

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