PASTA CON GRANO ESTERO ED ETICHETTE, REPORT TIRA IN BALLO “CASI” DE CECCO E COCCO

di Mariangela Speranza

15 Novembre 2020 09:00

Regione - Cronaca

FARA SAN MARTINO – Confezioni con ampi riferimenti all’italianità della pasta senza indicazioni chiare sulla provenienza del grano. C’è anche il provvedimento che riguarda i marchi abruzzesi De Cecco e Cocco, entrambi di Fara San Martino, in provincia di Chieti, tra le misure recentemente emanate dall’Antitrust in materia di provenienza dei grani e trasparenza delle etichette. I due marchi abruzzesi hanno però accettato i rilievi dell’antitrust, indicando nella confezione la provenienza non italiana di parte del grano utilizzato.

Di questa vicenda che ha scosso uno dei settori più prosperi e vincenti del made in Italy, ha dedicato una puntata Report, il programma di inchiesta condotto da Sigfrido Ranucci trasmesso su Rai su 3, andata in onda due settimane fa.

Poi, ieri la notizia che la Procura di Chieti ha aperto un fascicolo per frode in commercio, nei confronti proprio della De Cecco.

Tre, in particolare, gli avvisi di garanzia emanati nei confronti del presidente Filippo Antonio De Cecco, di Mario Aruffo direttore acquisti, e Vincenzo Villani, ex direttore controllo qualità, a seguito delle indagini dei carabinieri dei Nas che, passando al setaccio hard disk e posta elettronica aziendale, avrebbero scoperto che a svariate tonnellate di grano importato dalla Francia sarebbe stata cambiata origine, facendolo risultare come grano italiano, senza adeguata comunicazione al consumatore in etichetta.

Nel servizio di Report “Liscia, rigata, Ue, non Ue”, il giornalista Bernardo Iovene si era invece occupato di stilare una lista particolareggiata della tipologia di pasta preferita dagli italiani e dei relativi metodi di produzione, e poi concentrarsi sulla provenienza dei grani e sulla conseguente trasparenza delle diciture presenti sulle confezioni.





In particolare, sarebbero 5 i provvedimenti sui marchi nazionali emanati dall’Antitrust: Lidl, Auchan, Divella e, appunto, Cocco e De Cecco. L’accusa, in pratica, è stata quella di aver piazzato sulle etichette richiami all’italianità del prodotto in bella vista, mentre la provenienza del grano da paesi Ue e non Ue, in alcuni casi dalla California, appariva con caratteri microscopici nel retro.

Le aziende, ha scritto l’Antitrust, hanno utilizzato confezioni che sono state finora caratterizzate da “richiami all’italianità del prodotto suscettibili di ingenerare nei consumatori l’equivoco che l’intera filiera produttiva della pasta, a partire dalla materia prima, sia italiana, mentre per la relativa produzione viene utilizzato anche grano di origine estera”.

Informazioni, queste, ritenute fuorvianti e che il colosso abruzzese De Cecco si è impegnato a correggere il prima possibile. Nel corso del procedimento, l’azienda ha comunque sostenuto la correttezza del proprio operato, e il rispetto della normativa di settore, nazionale e comunitaria. Ha quindi presentato una proposta di impegni, accettati dall’Autorità, promettendo di eliminare, dalla parte frontale, le diciture ‘Metodo De Cecco’, ‘ricetta da oltre 130 anni’ e ‘Made in Italy’, nonché la bandierina italiana tricolore, mentre sarà inserita la dicitura: “I migliori grani italiani, californiani e dell’Arizona”, in modo da “garantire al consumatore una informazione completa, fin dal primo contatto, sull’origine, talvolta estera, del grano utilizzato nella produzione della pasta”.

Tra le altre cose, durante la puntata di Report, nessuno dei marchi oggetto di provvedimento ha voluto concedere un’intervista a Bernardo Iovine, ad eccezione del laboratorio del cavalier Cocco, sempre di Fara San San Martino, che produce pasta artigianale utilizzando grano proveniente dall’Arizona, specificandolo anche sulla confezione, anche se, ha precisato Iovene, “in modo non sufficientemente chiaro per l’Antitrust”.

“Indichiamo al consumatore da dove arriva il grano specificando direttamente il paese di provenienza – ha precisato ai microfoni di Report il titolare dell’azienda Lorenzo Cocco – E’ come dire che chi produce una giacca di cashmere interamente in Italia non stia producendo un prodotto italiano”.

Cocco, però, ha accettato i rilievi del Garante della concorrenza e si è impegnato a dare risalto, nella parte anteriore della confezione, all’origine del grano, dando sul retro indicazioni ancora più esaustive sulle caratteristiche del cereale utilizzato.





E lo stesso ha fatto De Cecco e infatti oggi, su tutti pacchi, c’è quantomeno l’indicazione, in bella vista, che mostra come la pasta sia prodotta sia con grani di provenienza italiana che americana.

Non solo, l’attuale campagna pubblicitaria di De Cecco è andata nella direzione di mettere chiaramente le carte in tavola, spiegando che il grano arriva anche dall’estero, e in particolare da California e Arizona perché la qualità delle proteine rende la pasta migliore.

La De Cecco – si spiega nello spot – ha in Italia una filiera di grano duro di alta qualità. Su oltre 20.000 ettari, 10 regioni producono 80.000 tonnellate di grano. Il grano duro italiano miscelato con grani californiani e dell’Arizona di alta qualità viene trasformato in semola a grana grossa. Selezioniamo il grano italiano per il sapore, i grani californiani e dell’Arizona per la quantità e la qualità delle proteine che rendono la pasta al dente, tenace ed elastica”.

Ad adeguarsi anche Divella e Auchan, mentre a gennaio la Lidl è stata sanzionata per un milione di euro.

“Lidl ha utilizzato negli ultimi 30 mesi semola ottenuta da miscele di grani duri provenienti sia dai paesi Ue che non Ue – ha sentenziato l’antitrust -, in cui quello italiano rappresentava in media una quota del 40%”, Quindi, quelle diciture “Specialità italiana” e “Prodotto in Italia”, sulle confezioni risultano ingannevoli, ha sostenuto l’autorità.

Decisione contestata da Lidl, secondo la quale, “la comunicazione riportata sulle confezioni dei suddetti marchi è perfettamente conforme a quanto stabilito dalla normativa vigente, in linea con l’impegno quotidiano nel garantire trasparenza e completezza di informazione al consumatore sulla provenienza delle materie prime utilizzate nei prodotti offerti nei propri punti vendita. Per queste ragioni Lidl Italia si riserva di tutelare la propria immagine e i propri diritti nelle sedi più opportune”.

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