L’AQUILA – “Un comportamento dettato da ‘fini di personale arricchimento” e “al di fuori della legge, come se le risorse comunali fossero le proprie, con un danno per l’ente locale”, “l’assenza di qualsivoglia provvedimento autorizzativo e disposizione normativa di carattere generale che attribuisca l’uso del numero telefonico”. Un disvalore penale della condotta che “assume ulteriore consistenza, in quanto sostiene di aver tenuto consapevolmente il numero a carico dell’amministrazione comunale per compensare un credito nei confronti dello stesso ente”, evenienza che nulla cambia però rispetto alla legittimità nel “porre a carico della collettività le spese telefoniche”.
Sono solo alcuni dei passaggi salienti della richiesta del pubblico ministero della Procura della Repubblica dell’Aquila, Marco Maria Cellini, per il processo immediato, senza passare per l’ udienza preliminare, e per l’accusa di peculato, a carico l’assessore regionale al Bilancio Mario Quaglieri, esponente di spicco di FdI e recordman di preferenze con quasi 12mila voti alle elezioni regionale dello scorso 10 marzo. Il Gup del Tribunale del capoluogo, Marco Billi, ha accolto la richiesta ritenendo le prove attendibili in maniera tale da poter bypassare l’ udienza preliminare, la collegiale si terrà il prossimo 10 dicembre.
L’indagine a carico di Quaglieri, riguarda l’utilizzo, dal 2013 al 2024, di una sim telefonica intestata e pagata per un totale di 6.621,65 euro dal Comune di Trasacco, in provincia dell’Aquila, amministrazione della quale Quaglieri è stato sindaco per due mandati dal maggio del 2012 all’ottobre 2018, quando si dimise per candidarsi alle Regionali febbraio 2019, e poi consigliere comunale dal maggio del 2019 all’ ottobre 2022.
E ad andare sotto processo assieme a Quaglieri, sono anche il sindaco di Trasacco, Cesidio Lobene, eletto nel 2019, con una sola lista in corsa, fedelissimo dell’assessore regionale, di cui è stato vicesindaco, e il funzionario comunale Riccardo Tomassetti, per le ipotesi di di reato di falsità materiale commessa da un pubblico ufficiale, falsità ideologica, e depistaggio in concorso.
E il pm Cellini accusa i due di false attestazioni, documenti firmati lo stesso giorno, il 28 giugno, in cui i carabinieri avevano chiesto informazioni, in fretta e in furia, e come nel caso di Tomassetti, senza averne titolo, tutti volti a interferire sulle indagini, scattate con un blitz di carabinieri e Guardia di Finanza il 19 giugno scorso con perquisizioni e sequestri.
I due, si legge nella richiesta di processo, “hanno sviato le indagini preliminari in corso di svolgimento formando atti pubblici peraltro falsi, prodotto del reato dunque nulli, funzionali almeno in parte a regolarizzare, ora per allora, la condotta appropriativa di Quaglieri”.
Contattato da AbruzzoWeb, l’avvocato Antonio Milo, legale dell’assessore Quaglieri ha affermato che “quando le persone sono innocenti, come nel nostro caso, è giusto che i processi si facciano in tribunale, in tempi rapidi e davanti a giudici imparziali”.
L’avvocato Milo, che è anche legale del sindaco Lobene aggiunge: “Sono fermamente convinto dell’innocenza dei miei assistiti e che nessuna delle condotte a loro attribuite siano state poste in essere. Auspichiamo che si possa ristabilire la verità in tempi rapidi”.
Sulla questione al momento l’assessore non ha rilasciato dichiarazioni e, contattato da AbruzzoWeb, non è stato possibile rintracciarlo in quanto assente per impegni, come comunicato da chi ha risposto al suo telefono.
La vicenda comincia a preoccupare non poco la maggioranza di centrodestra confermata per un secondo storico mandato il 10 marzo, di Marco Marsilio, anche lui di Fratelli d’Italia: l’inchiesta coinvolge l’assessore con una delle deleghe più pesanti, quella al Bilancio, e la vicenda del cellulare riguarda solo il secondo filone dell’inchiesta principale, ancora nella fase delle indagini preliminari, legata ad un presunto conflitto di interessi tra il ruolo di assessore e la sua professione di medico e di amministratore portata avanti contestualmente da parte di Quaglieri, fin dal 2019.
L’accusa, ancora tutta da dimostrare in fase dibattimentale, in questo caso è di falso e abuso d’ufficio, insieme a lui è finita sotto inchiesta, per il solo abuso d’ufficio, l’imprenditrice Lucia Di Lorenzo, proprietaria della clinica privata Di Lorenzo di Avezzano (L’Aquila), nella quale lavora da anni con un contratto a prestazione il politico. In particolare si contesta la sua mancata astensione dal firmare delibere che riguardavano il provvedimenti ed erogazioni a favore delle cliniche private.
Venendo dunque ad analizzare più nel dettaglio la richiesta di giudizio immediato da parte del pm Cellini, per quanto riguarda il reato di peculato, a carico di Quaglieri, e dunque la prova della tipicità del delitto è “cartolare” perché l’imputato mentre era sindaco ha volturato la titolarità del numero personale, intestandola al Comune di Trasacco, “in assenza di qualsivoglia provvedimento di autorizzazione o autorizzazione”. E questo è accaduto dal 2013 al 28 giugno scorso, con un conto di 6.621 euro, pagato dalle casse comunali.
Quaglieri ha ribattuto nella sua memoria difensiva, che quella somma era a compensazione per un credito vantato, e mai riscosso, relativo all’indennità di fine mandato, di 6.257 euro.
Ma questo argomento, osserva il pm, è un “disvalore penale della condotta”, perché in ogni caso Quaglieri sin dal 2013 non poteva comunque “porre a carico della collettività le spese telefoniche”, il credito vantato, per di più “è inferiore a quello vantato dall’amministrazione”, e tenuto conto che quel credito “poteva essere esigibile dal 2017 ben quattro anni dopo l’inizio dell’indebito utilizzo della sim”.
Ma al di là di questo, sottolinea con forza il pm, poco conta, ai fini del reato di peculato, il fatto che un pubblico ufficiale si appropri di somme di denaro pubblico in compensazione di crediti vantati nei confronti dell’amministrazione”, in quanto la giurisprudenza come confermato la più sentenze della Cassazione, non prevede simili “condotte di autotutela”.
In un altro passaggio del dispositivo, si sottolinea che nemmeno il sindaco attuale e in carica ha un telefono di servizio a sua disposizione.
E veniamo dunque ai presunti reati contestati proprio al sindaco Lo Bene e al dirigente Tomassetti.
Nel dispositivo si riferisce quanto accaduto dopo il sequestro del telefonino, a Quaglieri, nell’ ambito dell’inchiesta principale, il 19 giugno, e nelle ore immediate che hanno fatto seguito il 28 giugno, quando i carabinieri del Norm di Avezzano avevano chiesto informazioni sull’intestazione e lo stato del numero telefonico.
Ebbene lo stesso giorno, il sindaco Lobene, ha adottato un atto di avvio di un procedimento “ideologicamente falso” con il quale si faceva riferimento ai inesistenti comunicazione l’ufficio finanziario per chiedere a Quaglieri di effettuare la voltura della Sim.
E per di più, l’atto veniva notificato “in circostanze di particolare fibrillazione”, lo stesso giorno “a mani proprie oltre l’orario di servizio dal messo comunale alla convivente di Quaglieri”.
È sempre lo stesso giorno il responsabile del servizio finanziario Tomassetti adottato dal termine di compensazioni gli asseriti crediti maturati da Quaglieri, con quelli maturati dal comune”.
Nel dettaglio Lobene, “ha attestato falsamente di aver ricevuto una comunicazione dall’ufficio finanziario, in realtà inesistente che quantificava il credito di Qualieri che doveva essere portato a compensazione delle spese affrontate dall’ente per l’uso del telefono”.
Sempre lo stesso giorno Tomasetti, in qualità di pubblico ufficiale, ha attestato “falsamente” che il debito che Quaglieri ha nei confronti del comune Trasacco “è di euro 868,60 e non già di 6.621,65 euro”, e ha attestato “falsamente che Quaglieri “aveva diritto fino a ottobre 2022 del telefono di servizio, nonostante l’inesistenza di formali provvedimenti di assegnazione”.
Infine “qualificandosi indebitamente quale segretario comunale, apponeva la firma nel certificato di pubblicazione, senza delega nemmeno orale da parte del segretario comunale in carica, e senza qualifica di responsabile del procedimento di pubblicazione2.
Inoltre ascoltati il 3 luglio e il 18 luglio Tomassetti e Lobene non hanno riferito agli agenti del nucleo investigativo dell’Aquila dei “reali rapporti con Quaglieri e delle motivazioni degli altri adottati”.
E si conclude dunque che i due “hanno sviato le indagini preliminari in corso di svolgimento formando atti pubblici peraltro falsi, prodotto del reato dunque nulli, funzionali almeno in parte a regolarizzare, ora per allora, la condotta appropriativa di Quaglieri”, predisponendo “una postuma falsa compensazione di crediti impiegati come elemento di prova a discarico di Quaglieri, rispetto al delitto di peculato, in occasione del interrogatorio dell’assessore, che si è svolto il 22 luglio”.
In quell’interrogatorio, il pm evidenzia che Quaglieri si è avvalso della facoltà di non rispondere, e “contestualmente ha depositato una memoria difensiva, con “gli atti falsi in esame utilizzando in sua discolpa”.
Il caso Quaglieri è divampato con un esposto all’autorità nazionale anticorruzione (Anac) presentato dal consigliere regionale del PD Pierpaolo Pietrucci e dal suo gruppo consiliare. L’Anac si è detta non competente invitando la Regione a fare verifiche. Per gli uffici del consiglio regionale e per la giunta per le elezioni non c’è nessun conflitto di interessi.
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