PESCOCOSTANZO – Pescocostanzo, incantevole borgo che conta poco più di mille abitanti in provincia dell’Aquila, nel cuore dell’Abruzzo, è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, preservando intatta la bellezza delle tradizioni e l’autenticità della vita quotidiana. Le stradine acciottolate, le chiese antiche e i panorami montani mozzafiato rendono questo paese una gemma di storia e cultura, che continua ad affascinare chiunque vi metta piede.
In questo quadro idilliaco si inserisce la storia di Silvano Di Geronimo ed Emma Le Donne, una coppia di ristoratori in pensione che ha vissuto e lavorato qui per gran parte della loro vita.
Con dedizione, passione e un forte senso di comunità, Silvano ed Emma hanno contribuito a modellare l’anima stessa di Pescocostanzo, creando un luogo d’incontro e accoglienza nel loro ristorante “Il setaccio”, un vero punto di riferimento per residenti e turisti.
La loro storia, affidata ad AbruzzoWeb, è quella di un amore per le tradizioni, per la famiglia e per il paese, valori che traspaiono in ogni loro racconto e che hanno caratterizzato la loro lunga avventura di vita insieme.
L’Infanzia nel borgo: un tempo di semplicità e condivisione
“Da bambino giocavamo molto per strada,” ricorda Silvano, “soprattutto nei campi e nelle piazze. Non c’era la televisione, si leggevano libri e si giocava con ciò che si aveva. Ricordo ancora come facevamo le porte da calcio con delle pietre, e per raggiungere il nostro campo dovevamo camminare cinque chilometri andata e ritorno. Sembrava una fatica, ma era pura felicità.”
Anche Emma ripensa a quegli anni con affetto. “Noi bambine giocavamo ai quattro cantoni o a nascondino. Erano tempi semplici, ma si stava sempre insieme, più di quanto si faccia oggi. Le bambole? Non avevamo quelle moderne di plastica, quindi le costruivamo con il ciuffo delle pannocchie, e con le foglie delle stesse facevamo anche i materassi per giocare.”
Silvano ci racconta uno dei suoi ricordi più belli: “Da bambino, durante gli inverni nevosi, costruivamo slittini improvvisati con qualsiasi cosa trovassimo, spesso con sedie di legno. Non avevamo slitte vere, ma bastava un po’ di immaginazione e tanta voglia di divertirsi. Scendevamo giù per le colline innevate del paese ridendo come matti. “
Emma invece ci parla di un ricordo speciale legato a suo padre. “Ricordo come se fosse ieri: avevo solo 5 anni ed ero a Pescocostanzo, a casa con l’unico nonno che ho conosciuto e una zia. La mia famiglia si era trasferita momentaneamente per lavoro. Era esattamente la notte della Befana, tardissimo, fuori infuriava una bufera di neve. All’improvviso, sentii bussare alla porta. Quando andai ad aprire, trovai mio padre, arrivato contro ogni aspettativa, con in mano il regalo della Befana. Non me lo aspettavo affatto, e quel momento mi emoziona ancora profondamente, nonostante siano passati tanti anni.”
La vita a Pescocostanzo in quegli anni era improntata sulla semplicità e sulla convivialità. Le famiglie lasciavano le chiavi alle porte, segno di fiducia e apertura verso il prossimo. “Se avevi bisogno di qualcosa,” racconta Silvano, “bastava aprire la porta del vicino senza nemmeno bussare. Oggi, quel senso di comunità si è in parte perso, ma è proprio questo che renderebbe speciale poter vivere ancora qui.”
Tradizioni di Pescocostanzo: Tra artigianato, pizzelle e convivialità
La pastorizia ha segnato la storia di Pescocostanzo fin dal 1700, con grandi greggi che hanno dato impulso all’artigianato locale. Tra le eccellenze ci sono la lavorazione del marmo, del ferro battuto e soprattutto l’arte orafa. La filigrana è molto diffusa, con gioielli tipici come la presuntuosa, la cannatora e le ciuqquaglie. Un dettaglio particolare sono le tricine, frutti del bosco che hanno ispirato gli aghi della cannatora. Il tombolo, è un pizzo realizzato a mano, ed è un’altra tradizione importante.
Silvano racconta: “Mia madre lo lavorava già da bambina, trasformando la sua passione in un lavoro che riuniva la comunità. Gli oggetti prodotti venivano poi venduti ai turisti.”
Emma spiega inoltre che tra i piatti tipici, troviamo le pizzelle: Si cuociono con un ferro apposito, e un’usanza tramandata vuole che si recitino un’Ave Maria e un Padre Nostro per calcolare il tempo di cottura perfetto”.
Un amore che nasce nel cuore di Pescocostanzo
Il viaggio di Silvano ed Emma insieme inizia proprio in questo piccolo borgo. Silvano racconta sorridendo di come ha conosciuto Emma e delle prime difficoltà che ha dovuto affrontare per conquistare il suo cuore. “Non sapevo che Silvano avesse un ristorante,” confessa Emma ridendo. “Quando me lo disse, gli risposi subito: ‘Puoi trovare un altro lavoro?’ perché non ero pronta a questa vita.”
Silvano ride, ricordando quel momento. “Pensavo davvero che mi avrebbe lasciato,” scherza. “Ma per fortuna ha deciso di restare, e abbiamo cominciato insieme questa grande avventura.”
Il ristorante apparteneva inizialmente ai genitori di Silvano, Italo Di Geronimo ed Ida Santostefano che lo avevano aperto nel 1969. Emma, dopo aver superato i primi dubbi, ha deciso di abbracciare completamente questa sfida. “Abbiamo iniziato a gestire il ristorante insieme ai miei suoceri,” racconta Emma. “Il passaggio generazionale, avvenuto nei primi anni ’80 , non è stato semplice, ma pian piano ci siamo adattati, cercando di mantenere vive le tradizioni della cucina locale, pur aggiungendo qualcosa di nostro.”
Il Ristorante Il Setaccio: Tradizione e autenticità
Nel loro ristorante, Il Setaccio, Silvano ed Emma hanno creato un ambiente che era molto più di un semplice luogo dove mangiare: era un vero e proprio punto di incontro. “I piatti erano semplici, ma ricchi di storia,” racconta Emma. “Prevalevano piatti poveri, come la polenta, i cazzarielli con i fagioli, e ovviamente la pasta alla chitarra abruzzese. Ma uno dei piatti più apprezzati era la pecora al cotturo, una ricetta che richiedeva ore di cottura lenta in un grande caldaio.”
Emma ricorda come il ristorante fosse un rifugio di ricordi per molti dei loro clienti, soprattutto per quelli che tornavano dopo anni lontani dal paese. “Venivano per ritrovare i sapori che ricordavano la loro infanzia, le nonne che cucinavano per loro. Quando vedevi l’emozione nei loro occhi, capivi che non stavamo solo offrendo del cibo, ma un legame con il loro passato.”
Incontri speciali e aneddoti indimenticabili
Il Ristorante Il Setaccio, grazie alla sua autenticità, ha attirato anche molti personaggi famosi nel corso degli anni. “Uno dei nostri clienti più noti era Lino Banfi,” racconta Silvano. “Era simpaticissimo, veniva spesso con la sua famiglia e adorava i nostri ravioli e il coniglio alla cacciatora. Per noi è stato un onore conoscerlo, ma ciò che ci ha colpito di più è stata la sua semplicità e umiltà.”
Non solo attori, ma anche medici, giudici, sportivi e cantanti erano affezionati clienti del Setaccio. Emma ricorda con emozione la visita di un giudice di Napoli, che veniva ogni anno con la sua famiglia. “Dopo la sua morte, la moglie è venuta a trovarci per dirci che suo marito ci voleva un bene speciale e che ogni volta che veniva a Roccaraso, non vedeva l’ora di passare da noi. Sono questi momenti che ti fanno capire quanto abbiamo seminato con il nostro lavoro.”
Un’eredità che continua
Anche se oggi Silvano ed Emma sono in pensione, l’eredità del loro lavoro continua. Il ristorante è gestito dal 2019 da loro figlio Italo Di Geronimo e da sua moglie Simona Gizzi, che portano avanti con orgoglio le tradizioni della famiglia. “Abbiamo cercato di insegnargli il rispetto per la tradizione,” spiega Silvano, “ma allo stesso tempo di lasciare spazio alla loro evoluzione, perché ogni generazione ha il diritto di aggiungere qualcosa di nuovo.”
Ora, dopo tanti anni di duro lavoro, Silvano si dedica alla sua passione per la musica. “Durante la pandemia ho ripreso in mano la mia chitarra,” dice con orgoglio. “Era un modo per svagarmi e per sentirmi ancora utile. Passo ore a suonare, e per me è stata una vera terapia.”
Emma, invece, si dedica ai nipoti e continua a cucinare per loro come se il ristorante fosse ancora aperto. “Amo fare la nonna e quando me lo chiedono, preparo dolci e piatti tipici. È un modo per continuare a sentirmi legata alle mie radici.”
Uno sguardo al futuro
Guardando al futuro, sia Silvano che Emma sperano che Pescocostanzo continui a preservare la sua identità e il suo legame con le tradizioni, pur trovando modi per coinvolgere le nuove generazioni. “Il nostro paese si sta spopolando,” riflette Emma. “I giovani vanno via per trovare lavoro altrove, e questo è un grande problema. Speriamo che possano trovare nuove idee per restare, magari investendo nel turismo o nelle attività legate agli impianti da sci di Roccaraso.”
Alla fine dell’intervista, Silvano ci sorprende con una poesia in dialetto pescolano del 1925, insegnatagli dalla madre quando era bambino, che parla dei lunghi e freddi inverni trascorsi in famiglia. Le sue parole, intrise di nostalgia e amore per la sua terra, risuonano come un omaggio a quel mondo semplice e autentico che lui ed Emma hanno contribuito a preservare.
La loro storia non è solo quella di una coppia che ha gestito un ristorante, ma di due persone che hanno dedicato la loro vita a mantenere viva l’anima di Pescocostanzo, attraverso la cucina, la famiglia e l’amore per la loro comunità.
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