L’AQUILA – “Non si può raccontare che è possibile avere una sanità fantastica e questo non costi nulla. Sicuramente si possono fare dei risparmi, incidere su quello che può essere ritenuto superfluo. Ma va detto con chiarezza: vogliamo tal quali, così come li abbiamo avuti, ad esempio, sei presidi in provincia dell’Aquila, quindi a L’Aquila, a Sulmona, ad Avezzano, a Tagliacozzo, a Pescina e a Castel di Sangro, vogliamo reparti che fanno le stesse identiche cose, e reparti in cui nascono solo 48 bambini l’anno? Vogliamo questo? Se sì, tutti d’accordo, però poi nessuno deve ululare sul fatto che si determina un disavanzo nella spesa sanitaria”.
Dando sfoggio di franchezza, ad affermarlo è nell’intervista ad Abruzzoweb, Paolo Gatti, presidente della quinta commissione regionale Sanità, avvocato teramano ex assessore al sociale e Lavoro, nella giunta del forzista Gianni Chiodi, tornato all’Emiciclo con Fratelli d’Italia, secondo più votato alle regionali di marzo con 10.878 preferenze.
Una presa di posizione, nella sostanza che sembra contraddire aspetti cardine della linea politica in materia sanitaria tenuta nella passata legislatura dal centrodestra di Marco Marsilio, di Fdi, rieletto per un secondo storico mandato.
Ovvero la difesa dei piccoli presidi ospedalieri, che “il centrosinistra voleva chiudere”, fatti salvi dal piano di riordino della rete ospedaliera, anche contro la vituperata legge Lorenzin. Ovvero l’estrema attenzione a non provocare conflitti etnici da pagare a caro prezzo in termini elettorali, con il rinvio della scelta dell’unico grande ospedale di massimo livello e e tutte le specializzazioni e con tutti gli indicatori e parametri numerici che dicono Pescara, a discapito inevitabilmente dei presidi degli altri capoluoghi. Per non parlare della sanità territoriale, “vicina ai cittadini”, anche “nei piccoli paesi di montagna” evocata in campagna elettorale delle regionali come un mantra anche da tutti o quasi i candidati del centrodestra, a favore di una “deospedalizzazione” resa del resto finalmente possibile con la messa a terra dei fondi del Pnrr, oltre 216 milioni, per la realizzazione di nove ospedali do comunità per prestazioni a bassa intensità, 40 case di comunità, ovvero poliambulatori di nuova concezione, e 16 centrali operative territoriali.
Il problema è però che ora è esploso il bubbone del deficit sanitario di 122 milioni di euro nel 2023, che ha già imposto una manovra correttiva da 68,5 milioni, un piano di razionalizzazione alle quattro Asl, che a giorni saranno presentate, e anche tagli di spesa agli otto dipartimenti della Regione.
E Gatti si è subito distinto tra coloro che all’Emiciclo non vogliono fare il passacarte di un piano di rientro del deficit delegato alla Giunta, e all’assessore alla Salute, Nicoletta Verì, ex Lega. a marzo non rieletta con la lista del presidente Marco Marsilio e è rimasta in giunta con la stessa delega come esterna, e ritenuta dalle opposizioni, la responsabile principale dei conti fuori controllo. E Gatti nella seduta di consiglio del 23 maggio, che ha approvato la manovra correttiva da 68,5 milioni, con un sub emendamento ha imposto, e con le opposizioni d’accordo, che il parere della commissione in materia di rientro del debito sanitario, sia “vincolante” non solo “obbligatorio” come invece chiedeva Verì. Per molti una sorta di “commissariamento” della giunta, che fa il paio con quanto affermato dal presidente del consiglio regionale Lorenzo Sospiri, in merito a un maggiore controllo e rigore nel giudizio dell’operato dei quattro direttori generali delle Asl.
E martedì, nella commissione presieduta da Gatti, sono stati uditi il direttore generale della ASL dell’Aquila Ferdinando Romano, in scadenza il 21 giugno a capo dell’azienda sanitaria che detiene la maggior parte della quota del debito, 44 milioni, e il direttore generale della Asl di Teramo Maurizio Di Giosia, e Gatti, parla di “un fruttuoso incontro, che ci ha consentito di acquisire importanti informazioni”.
Per poi aggiungere: “come noto le Asl devono produrre dei piani di razionalizzazione. Ci deve essere una buona sanità a costi accettabili, altrimenti vengono a mancare risorse per fare tante altre cose. La difficoltà è ora a trovare il punto di caduta tra servizi buoni e costi accettabili. Ritendo che si possa incidere sui costi delle guardie mediche, sull’acquisto di beni e servizi, sulle manutenzioni delle strutture, in modo tale da non incidere sul bisogno di buona sanità dei cittadini”.
Ma per Gatti, occorre anche mettere mano alla stessa organizzazione territoriale dei presidi sanitari: “Tutti i miei amici medici dicono che un reparto che fa 48 prestazioni l’anno, siano esse prestazioni di chirurgia ortopedica, di chirurgia generale, di ginecologia o parti, probabilmente è un reparto pericoloso. Un reparto di chirurgia generale deve fare almeno mille di interventi l’anno, non decine”.
E per quanto riguarda la sanità territoriale: “i fondi del Pnrr servono per realizzare le strutture, i contenitori, ma poi servono medici, personale, attrezzature, e dopodiché ci sono i costi di manutenzione. Ci dobbiamo insomma intendere: se vogliamo questo modello di sanità molto articolata, molto presente sul territorio, poi non ci possiamo lamentare che ci sia il disavanzo”.
Infine una battuta sul “commissariamento” della giunta, e sul parere vincolante: “Su quel passaggio siamo stati d’accordo, c’è stata solo una dissonanza, perché tra parere obbligatorio e parere vincolante, alla fine c’è una piccolissima differenza. Il dato vero è che i consiglieri eletti dai cittadini devono in ogni caso avere un ruolo attivo e di supporto al governo regionale e al dipartimento della Sanità, per arrivare a un assistenza sanitaria sostenibile economicamente ed efficiente nello stesso tempo. Noi siamo i rappresentanti dei cittadini, non possiamo fuggire dalle nostre responsabilità”, conclude Gatti.
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