L’AQUILA – Nelle casse dello Stato ci sono da anni 8,4 miliardi di euro dedicati alla mitigazione del rischio idrogeologico che potrebbero essere utilizzati subito, anche in Abruzzo. Intonse dal 2018. Tornate alla ribalta dopo la tragedia dell’alluvione dell’Emilia Romagna, che ha provocato la morte di 15 persone, 15mila sfollati e che di danni costerà ai cittadini contribuenti tra i 5 e i 6 miliardi di euro.
Ora però anche per l’Abruzzo, regione ad alto rischio, c’è l’opportunità rappresentata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, che per le misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico in tutto il Paese, mette a disposizione 2,4 miliardi di euro dei 248 miliardi complessivi.
Nel primo asse di intervento, (linea B), dedicato alle aree già compromesse e danneggiate e di cui va completata la messa in sicurezza, sono 1.725 gli interventi in Italia individuati, di cui 71 in Abruzzo, per un importo di 52 milioni di euro.
Queste risorse, differenza dei fondi statali pocanzi citati, hanno tempistiche di spesa serrate stringenti: l’investimento si suddivide in 2 sotto-misure: la linea A, di competenza del ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, prevede interventi nelle aree più a rischio con l’obiettivo di portare in sicurezza 1,5 milioni di cittadini. con gli interventi che andranno individuati entro la fine dell’anno, e completati entro il marzo del 2026.
La linea B citata invece è di competenza della Protezione civile e prevede finanziamenti per il ripristino delle infrastrutture danneggiate da eventi calamitosi già verificatisi, per 1,2 miliardi del totale. I progetti in questo caso sono noti, andranno appaltati entro l’anno e completati entro il dicembre 2025.
Tempistiche che potrebbero però subire uno slittamento visto che il governo di Giorgia Meloni e il ministro Raffaele Fitto, puntano ad allungare i tempi di realizzazione del Pnrr, nella consapevolezza che il sistema Italia non è in grado di spendere tutti questi soldi, visto che non è riuscita in passato a spendere presto e bene nemmeno i fondi europei “ordinari”.
Ed infatti la Corte dei Conti e le relazioni ministeriali lanciano l’allarme sui gravi ritardi dell’andamento di spesa: con il governo Meloni è è salita solo dello 0,7%, e finora è stato meso a terra solo il 13% di quanto incassato. A rischio sono dunque le prossime rate se non ci sarà una rimodulazione complessiva.
Ad ogni buon conto, basta elencare queste opere previste in Abruzzo per l’asse B della mitigazione del rischio idrogeologico, per comprendere quanto è importante spendere nel migliore dei modi almeno i 52 milioni di euro, capaci di sanare i danni provocati da frane ed esondazioni in tutto l’Abruzzo, e per mettere definitivamente in sicurezza territori fragili, dove le popolazioni sono a rischio.
Parliamo, nel dettaglio delle seguenti cifre e opere, pubblicate dalla Fondazione Openpolis: 2,5 milioni per i lavori di manutenzione straordinaria lungo il fiume Tronto al confine tra Abruzzo e Marche, 1,6 milioni a L’Aquila per realizzazione di opere fermaneve nella zona Venagrossa del Gran Sasso d’Italia a Fonte Cerreto, 2 milioni a Spoltore per intervenire nell’area franosa di frazione Caprara, 592mila euro a Cellino Attanasio per l’abitato di contrada Valviano, 766mila euro a Tortoreto per il versante est del centro abitato di Cavatassi, 1 milione a Castilenti per la frazione Villa San Romualdo, 1 milione a Canzano per il ripristino dei versanti del centro storico, 1 milione ad Ortona per il consolidamento della frana di via Marina, 1 milione a Miglianico per intervenire sulla salita della chiesa del centro storico, 1 milione a Villalago per la sistemazione idraulica della sponda del fiume Sagittario, 575.000 per i dissesti idrogeologico a Villa Celiera.
E ancora, scorrendo l’elenco: 1 milione per la messa in sicurezza del versante sud occidentale delle montagne del Morrone,1 milione a Pizzoferrato per il movimento famoso della località Casale Luigiotti, 477mila euro per intervenire a Bucchianico sul versante in Via piane, 1 milione a Montesilvano per la contrada Trave, 296mila a Cellino Attanasio per l’abitato Borgosarsi, 150.000 euro a Bisenti, per intervenire sulla provinciale 35 di Chiovano, 1 milione di euro a Picciano per completare il consolidamento della frazione di Piccianello.
Infine, ben 2 milioni a Civitella Casanova per il consolidamento delle scarpate e di altre numerose aree instabili, 1 milione di euro al Rivisondoli per per opere di contenimento dei fenomeni valanghivi a Monte Pratello, 521 mila euro a Chieti per la sistemazione della frana sulla strada provinciale 1, e ancora un 1 milione a Montesilvano per il drenaggio consolidamento delle scarpate in contrada trave, e un altro milione per intervenire a Colle Morgetta. Un milione a Magliano dei Marsi per intervenire nel versante roccioso che grava su via Fonte, 800mila euro a Pescara per la riparazione delle scogliere del litorale Nord e litorale Sud, e per la stessa finalità 350 mila euro a Francavilla e 100.000 euro a Montesilvano.
Oltre agli investimenti il Pnrr prevede anche anche una riforma il cui scopo era quello di superare le criticità legate alla debolezza e all’assenza di un efficace sistema di governance nelle azioni di contrasto al dissesto idrogeologico.
Nella sua indagine relativa al fondo di programmazione 2016-2018, la Corte dei conti ha evidenziato infatti “l’assenza di un’efficace politica nazionale, di natura preventiva e non urgente, per il contrasto al dissesto idrogeologico; la difficoltà degli organi amministrativi nell’inserire la tutela del territorio nelle proprie funzioni ordinarie; la debolezza dei soggetti attuatori e dei Commissari/Presidenti Straordinari della Regione, che non hanno strutture tecniche dedicate. La Corte dei conti ha inoltre sottolineato le difficoltà procedurali, l’assenza di controlli adeguati e di un sistema unitario di banche dati”. Insomma un Paese che piange miseria, ma che non è capace a spendere i soldi che ha.
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