PESCARA- Depositate le motivazioni della sentenza dello scorso 15 luglio al processo sui Grandi Eventi al Comune di Pescara, che ha visto la condanna dell’ex assessore comunale Giacomo Cuzzi a 4 anni e 8 mesi; degli imprenditori Andrea Cipolla, 4 anni e due mesi, e Cristian Summa a 4 anni; degli ex assessori Moreno Di Pietrantonio, 4 anni e 4 mesi, e Simona Di Carlo, 4 anni e 4 mesi, e del collaboratore di Cipolla Alessandro Michetti a due anni, pena sospesa. Assolti l’altro collaboratore di Cipolla, Gianfranco Berardinelli, e la dipendente Asl Leila Colucci.
In 215 pagine il collegio dei giudici del Tribunale di Pescara, presieduto da Marina Valente, ripercorre l’intero iter processuale e sottolinea l’ampio riscontro alla prospettazione accusatoria su quattro distinti filoni di indagine. Si parte dall’attività di corruzione, finanziamento illecito e turbata libertà della scelta del contraente, nell’ambito dei grandi eventi organizzati dal Comune dal 2014 al 2019, per i quali l’ex assessore a Turismo e Grandi Eventi Giacomo Cuzzi è stato condannato per aver ricevuto somme di denaro, anche in forma di finanziamenti illeciti per le campagne elettorali, dall’imprenditore Andrea Cipolla, al fine di concedere alla società di quest’ultimo tutti gli eventi. E’ emerso, infatti, che dal 2014 al 2019 ventuno incarichi su 21, dal concerto di Capodanno a quello del Primo Maggio fino alle feste patronali e religiose, sono stati affidati alle società riconducibili a Cipolla.
E’ stato possibile riscontrare che gli affidamenti erano stati concessi senza attivare alcuna procedura competitiva di confronto tra offerte di altri operatori locali, ma con affidamento diretto. L’accurata attività investigativa, illustrata nel dibattimento, ha reso possibile quantificare una somma complessiva erogata alle società di Cipolla per un totale di un milione 200 mila euro. In cambio Cipolla ha finanziato – secondo quanto riconosciuto dai giudici – gran parte delle campagne elettorali di Cuzzi, sia in qualità di candidato alle Regionali del febbraio 2019, per oltre 9.000 euro, sia di candidato al Consiglio Comunale nel maggio dello stesso anno, per 7.000 euro. Il collegio ha così ritenuto che si integra pienamente il delitto di corruzione propria. L’istruttoria dibattimentale – si legge nel dispositivo – ha permesso di accertare oltre ogni ragionevole dubbio la sussistenza di tutti gli elementi richiesti dalla fattispecie incriminatoria.
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