ROMA – Slitta al 30 aprile prossimo il termine per il pagamento di 2,2 miliardi da parte delle aziende produttrici di dispositivi biomedicali per ripianare del 50% lo sforamento di spesa delle Regioni.
È il contenuto del decreto esaminato dal Consiglio dei Ministri che evita alle aziende di dover versare queste somme entro il 15 gennaio in base alla legge sul payback. Ma per i produttori non è abbastanza.
Striscioni alla mano, i rappresentanti del biomedicale hanno infatti manifestato oggi a Roma chiedendo la cancellazione del payback, che “uccide il Ssn”, mette a rischio le forniture agli ospedali e l’assistenza ai cittadini oltre che decine di migliaia di posti di lavoro.
Netta la posizione del presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, secondo cui la proroga “non basta, se non per mettersi al tavolo e discutere la cancellazione del payback”.
Si tratta di una norma, spiega, che “non rappresenta uno strumento di contenimento della spesa ma un forte danno per la salute”. In Italia infatti, rileva Boggetti, “non c’è un problema di spesa in dispositivi medici fuori controllo, ma di sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale: senza la cancellazione del payback – avverte – gli ospedali avranno grandi problemi di approvvigionamento se le imprese del comparto falliranno ed inoltre si avranno pesanti ricadute anche sull’assistenza tecnica degli strumenti installati negli ospedali e sulla fornitura di tecnologie di qualità”.
Il punto è che oggi in Italia, fanno presente le imprese del settore, la spesa media procapite in dispositivi medici è tra le più basse d’Europa e mantenere i tetti vuol dire decidere di abbassare la qualità di strumenti diagnostici, di cura e riabilitazione indispensabili per la salute dei cittadini. E la conseguenza, afferma Boggetti, è che “chi potrà permetterselo continuerà a curarsi privatamente a spese proprie con i dispositivi migliori, ma chi non potrà subirà in prima persona i danni derivanti da questa legge nemica della Sanità pubblica”. Insomma, affermano le aziende, “governo e Regioni devono decidere se continuare a sottofinanziare il Ssn gettando sulle aziende l’onere di ripianare i conti o investire in salute facendo una programmazione più attenta e aderente ai bisogni”.
La legge del payback, afferma anche la direttrice generale di Confindustria dispositivi medici Fernanda Gellone, “semplicemente ammazza le aziende, che in grande numero falliranno, e fa scappare dal nostro Paese i grossi gruppi globali che smetteranno di investire, e tutto questo a danno dei cittadini”. Dunque, “bene la proroga del pagamento per poter confrontarci col governo, ma la soluzione non può che essere l’abolizione del payback”.
La proroga non è sufficiente a risolvere le criticità del Ssn anche secondo la presidente dell’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) Barbara Cittadini. Purtroppo, afferma, “quello dei tetti di spesa è un problema che non è stato ancora risolto in maniera adeguata e continua ad investire negativamente la componente di diritto privato del Ssn, che garantisce il 28% di tutte le prestazioni e di tutti i servizi ospedalieri resi alla popolazione, assorbendo il 14% della spesa ospedaliera pubblica”.
Quanto alle Regioni, destinatarie delle somme per il ripiano, non paiono intenzionate a rinunciare agli importi.
Alla domanda se fosse preoccupato per la proroga dei termini per il versamento del payback da parte delle aziende biomedicali, il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha risposto che “la decisione è di tre mesi e non cambia il nostro bilancio”.
“Prenderemo i soldi 3 mesi dopo – ha aggiunto – La proposta era quella di sospendere il payback fino ad aprile per dare tempo alle aziende per organizzarsi e pianificare i loro bilanci”.
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