QUELLE FRAZIONI RICOSTRUITE A CASACCIO ”MANCANO SOLDI PER EDIFICI NON ABITATI”

di Filippo Tronca

2 Aprile 2015 08:27

L'Aquila -

L'AQUILA – Non solo la ricostruzione post-sisma delle decine di frazioni del Comune dell’Aquila è al palo, senza risorse né tempistiche, ma si rischia anche di ricostruirle a “groviera” perché, in base alle regole stabilite dall’Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila (Usra), non ci saranno soldi per rimettere a posto, almeno esternamente, i pagliai e le stalle e altre pertinenze non residenziali.

Che non sono evidentemente una priorità rispetto alle abitazioni principali, ma sono spesso e volentieri edifici di pregio e che fanno parte integrante dell'antico tessuto urbano del paese.

La problematica è stata ribadita nell’ultima riunione a Onna del neo costituito Coordinamento interfrazioni, che è pronto alla battaglia per le sorti di buona parte dei 47 centri storici del territorio comunale dell’Aquila, colpiti dal sisma, e dove la ricostruzione è ancora bloccata.

Stimata in 1,6 miliardi di euro, sarebbe dovuta partire in almeno 5 frazioni più danneggiate già nel 2013 e invece niente.

A partecipare al coordinamento, presieduto da Franco Papola, presidente dell’associazione Onna onlus, una ventina di persone, in rappresentanza, però, di ancora poche frazioni: quelle di Onna, Roio, Paganica, Bazzano, Tempera e San Gregorio.





E proprio partendo dall’esperienza della sua San Gregorio che l’ingegnere Gabriele Di Vincenzo ha evidenziato il rischio sottovalutato della “ricostruzione a macchia di leopardo”.

Il problema è creato dall’ordine di servizio numero 3 del 7 luglio 2013 che riguarda tutto il Comune, ma avrà effetti devastanti soprattutto nei borghi.

In essa, modificando un precedente ordine di servizio, si stabilisce che “relativamente ai pollai, alle rimesse attrezzi o in generale alle pertinenze indipendenti”, il livello di indennizzo riconoscibile “è esclusivamente 'L0', indipendentemente dal livello di danno e dalla vulnerabilità. Per dette pertinenze le maggiorazioni richieste per amplificazione sismica, per pregio o per interesse paesaggistico non sono mai riconoscibili”.

Tradotto: passi che i pollai e le rimesse degli attrezzi non debbano meritare particolari attenzioni e denari pubblici, visto che ben altre sono le priorità, ma ai pollai vengono assimilati nel trattamento anche altri edifici che fanno parte integrante di un aggregato edilizio.

“Il livello 'L0' – ha spiegato ai non addetti ai lavori l’ingegnere Di Vincenzo – per edifici non residenziali è il più basso tra i parametri con cui si calcola l’indennizzo ed equivale a circa 400 euro al metro quadrato, e dunque a un contributo assolutamente insufficiente per rimettere su, almeno nella parte strutturale, nella sagoma, per esempio un antico edificio in pietra crollato, che fa parte di un aggregato nel cuore di un centro storico, come mi è capitato in progetti relativi a San Gregorio”.





In molte frazioni, che sono borghi medioevali che hanno fondato L’Aquila nel 1294, sarà insomma già un miracolo ricostruire le abitazioni principali, che godono di un contributo di 1.200 euro al metro quadrato, maggioranto se l'edifcio è di pregio fino a circa 1.600 euro, e rischia di essere compromessa per sempre l’originaria densità e continuità degli edifici, che ha in sé un grande pregio storico e architettonico.

Con case ricostruite a cui faranno seguito cumuli di macerie o ruderi ricoperte da erbacce di cantine e granai, nella peggiore delle ipotesi.

Altri “buchi”, poi, potrebbero essere causati dal meccanismo della sostituzione edilizia, che consente di cedere la casa fortemente danneggiata al pubblico e ricostruire altrove o acquistare un'altra abitazione di valore equivalente.

“Non è però affatto detto – ha sottolineato l’ingegnere – che il Comune, soprattutto nelle frazioni, ricostruirà quegli immobili, vista la spesa ingente che sarà necessaria”.

Tutte questioni che saranno messe nero su bianco dal coordinamento in una richiesta d’incontro urgente a Comune dell’Aquila, Usra e Prefettura.

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