L’AQUILA . “Lo zafferano dop dell’Aquila per noi abruzzesi e per noi aquilani è un punto di riferimento storico, culturale ed identitario. Per l’intero Paese è una eccellenza del made in Italy, minacciato dalle falsificazioni e dall’italian sound, da proposte scellerate in sede europea come il nutriscore, secondo il quale l’olio extravergine d’oliva e il prosciutto, a differenza della Coca cola, non sarebbero salutari. Paghiamo politiche sbagliate degli ultimi anni, che ci hanno resi dipendenti a livello energetico ed alimentare, da altri Paesi.”
Ad annodare i fili tra passato presente e futuro dello zafferano dop dell’Aquila, e a focalizzare il suo valore a livello globale, è stato il vicepresidente della Regione, Emanuele Imprudente, che detiene la delega all’Agricoltura, nel corso del convegno di questa mattina, nell’ambito della nona edizione di “Raccogli Conosci e Degusta”, manifestazione organizzata dall’associazione “Le Vie dello Zafferano” e dal Comune dell’aquilano, delle capitale della preziosa droga, eccellenza in cucina, ma anche in campo medico. Al fianco di Imprudente, il sindaco di San Pio delle Camere, Pio Feneziani, il responsabile dei rapporti istituzionali dell’Accademia medica dell’Aquila, Pieremidio Bianchi, il giornalista e membro dell’Accademia medica, Carlo Gizzi e lo chef stellato William Zonfa.
“L’eccelsa qualità del nostro zafferano dop sta attraendo importanti compratori internazionali – ha subito evidenziato il sindaco Feneziani -, a cominciare da quello arabo, ma la nostra produzione, che non supera i 20 chili, è oggi insufficiente. Questo rappresenta un limite, ma anche una potenzialità, perchè significa che c’è un mercato da conquistare”.
E ha poi proseguito: “lo zafferano è una spezia, o meglio una droga, che arriva dal Medio Oriente, dall’Iran, già in epoca romana, ma qui ha trovato il clima e il terreno idoneo, e non a detta nostra, ma di esperti e anche di università americane è tra le migliori al mondo. Ha segnato la storia di questo territorio, assieme all’economia della lana e della pastorizia. Progressivamente è venuta meno la produzione, rispetto alle tonnellate che si producevano fino all’800, in media 2 chili a famiglia. Assistiamo ora però ad una lenta rinascita, grazie anche al riconoscimento della dop ed eventi come ‘Raccogli, conosci e degusta’”.
Tra i primi a valorizzare lo zafferano, nel suo uso nell’alta cucina, è stato proprio lo chef Zonfa, non a caso ambasciatore della preziosa spezia nel mondo, da parte della Regione Abruzzo.
“Sostengo e pratico un tipo di cucina che valorizzi ed esalti i prodotti della nostra terra – ha detto Zonfa -, e ovviamente lo zafferano nelle mie ricette ha un ruolo di grande rilievo. E’ stato per me un onore farlo conoscere nel mondo. Nel 2013 ho cucinato a New York uno spaghetto, di un tipo a cottura rapida , condito con guanciale, crema di pecorino e appunto zafferano. Un successo, che ha sdoganato la nostra dop, tanto da meritarsi un articolo sul New York Times. La cucina sta poi subendo una evoluzione, lavorando sulla riduzione delle calorie, eliminando ad esempio i grassi e i soffritti, esaltando però in ogni caso sapori e profumi: lo zafferano, anche in questo senso, è un ingrediente dalla grande potenzialità e versatilità”.
“Centrale nell’attività dell’Accademia è l’educazione alla salute, sulla prevenzione che deve cominciare a tavola – ha poi detto Pieremidio Bianchi -, sulla lotta alle dipendenze, come il consumo non consapevole del vino. In questa prospettiva centrale è l’utilizzo dei prodotti a filiera corta e salubri, espressione del territorio, e tra questi come ovvio c’è lo zafferano”.
Ha concordato Gizzi, “Lo zafferano è una componente della dieta mediterranea, la più salutare: ha preziose proprietà antiossidanti, ritarda l’invecchiamento delle cellule, è un antidepressivo e un tonico, un purificatore del sangue. In ambito medico ci sono studi sui suoi principi attivi da buoni risultati in alcune malattie tumorali, come leucemia e tumore al seno ai polmoni. In sintesi è un prodotto straordinario, da tutelare e far conoscere”
Gizzi ha infine evocato l’origine mitica del risotto dello zafferano, con la droga che veniva acquistata dai mercanti milanesi proprio in Abruzzo: secondo un manoscritto della biblioteca Trivulziana, nel 1574, il Mastro Valerio di Fiandra, fiammingo di Louvin, era aiutato nel suo lavoro da un assistente che lui aveva soprannominato Safran, perchè mescolava sempre un po’ di zafferano nelle sue miscele di colori, soprattutto per quelle a tonalità gialla, con straordinari effetti cromatici delle vetrate. Un giorno, per scherzo, il maestro gli disse che continuando così avrebbe finito per mettere del giallo anche nelle pietanze. Safran lo prese in parola, aggiungendo di nascosto e per dispetto lo zafferano al riso, all’epoca condito con il solo burro, durante il pranzo di matrimonio della figlia del mastro, di cui era innamorato.
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