PESCARA – Manca ancora una proposta precisa ma il Governo accelera e si appresta a varare la riforma del Reddito di cittadinanza.
Da un lato c’è chi, come la Lega, spinge per un sussidio “rinnovabile per periodi sempre più brevi e con un assegno a scalare”, ha spiegato il sottosegretario Claudio Durigon, con uno stop per chi “rifiuterà anche una sola offerta” (al momento il beneficio decade dopo 2 offerte rifiutate). Dall’altro chi, come il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, parla di una “misura fondamentale che ha alleviato la povertà” proponendo “incentivi, defiscalizzazioni e politiche attive” per una “migliore integrazione tra reddito del lavoro e reddito di cittadinanza,
anche con una defiscalizzazione di chi percepisce il reddito e accetta un lavoro, quindi riducendo l’imposta marginale dei percettori”.
Prima di riformare la misura, comunque, il Governo si confronterà con le parti sociali.
L’obiettivo finale è fare in modo che il Reddito di cittadinanza, introdotto nel 2019 dal governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte, resti per quelle persone che non sono in condizione di lavorare.
In Abruzzo sono 1.924 le famiglie che, nel 2022, hanno richiesto Reddito o Pensione di cittadinanza. Il totale dei nuclei familiari coinvolti dalla misura sale così a 22.890, secondo la Cgil Abruzzo Molise e il Patronato Inca Cgil Abruzzo Molise, secondo i quali “i dati “rispecchiano la situazione di crisi e di difficoltà che sta colpendo principalmente i soggetti più fragili, le cui condizioni sociali ed economiche stanno rapidamente peggiorando”.
Il dato, rileva il sindacato, è in linea con la crescita che si è registrata a livello nazionale: come lo scorso anno, infatti, le famiglie abruzzesi richiedenti sono l’1,9% del totale nazionale.
In Abruzzo, continua ad essere Pescara la provincia con il maggior numero di richieste (6.652, 827 in più rispetto al 2021), seguita da Chieti (6.315 domande, 819 in più dello scorso anno), L’Aquila con 5.551 domande (+106) ed infine Teramo con 4.552 richieste (172 in più del 2021).
Numeri, afferma il sindacato, che rimandano ad una “situazione di disagio sociale, solo parzialmente mitigata da una misura che mediamente vale, per ogni nucleo, 521euro in Abruzzo”.
Complessivamente le persone che hanno beneficiato del sostegno sono state, nell’anno in corso, 61.903. Ben più ampia la platea dei beneficiari del Reddito di Cittadinanza, rispetto alla Pensione di Cittadinanza. Beneficia del primo, infatti, il 95% del totale, a conferma che “la mancanza di occupazione che garantisca un reddito dignitoso è la principale causa della povertà”.
Maggiormente coinvolti dal sostegno sono i nuclei familiari con un solo componente e quelli con quattro componenti di cui almeno un figlio minore”.
Ma in vista di una possibile riforma uno dei dati più significativi da tenere in considerazione è il numero dei potenziali percettori che sarebbero effettivamente pronti per essere inseriti in un contesto lavorativo.
A fornire una piccola anticipazione è stata l’Anpal, prendendo in esame i 446 mila beneficiari del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol) presi in carico dai Centri per l’impiego di tutta Italia.
Di questi, oltre la metà dei beneficiari è inserita nel percorso 1, relativo al reinserimento lavorativo delle persone più vicine al mercato del lavoro; il resto si distribuisce sostanzialmente tra percorsi 2 e 3, cioè di aggiornamento o di riqualificazione, mentre è pari al 4% è la quota di coloro che necessitano di percorsi complessi di lavoro ed inclusione.
Dei circa 100 mila beneficiari del solo Rdc già entrati nel programma Gol, emerge inoltre dai dati, solo 13 mila sono stati valutati vicini al mercato del lavoro e inseriti nel percorso 1.
Dunque, evidenzia il monitoraggio Anpal sul programma Gol, se si analizzano i percorsi sui quali sono stati indirizzate le diverse tipologie di beneficiari, emerge come i percettori di Reddito di cittadinanza privi di Naspi risultano maggiormente lontani dal mercato del lavoro e quindi indirizzati ai percorsi di reskilling e di lavoro e inclusione con quote decisamente importanti, quasi i due terzi.
La categoria, quindi, si delinea come quella che presenta “le maggiori difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro, spesso accompagnate dalla necessità di un intervento più complesso e multidisciplinare”.
“In un momento storico come l’attuale, dove i venti di guerra fanno i sentire i loro echi con bollette sempre più care e nella difficoltà generale di trovare lavoro – affermano il segretario generale Cgil Abruzzo Molise, Carmine Ranieri, e il coordinatore regionale del Patronato Inca, Mirco D’Ignazio – non è quindi immaginabile tagliare una misura che garantisce la sopravvivenza a tanti e tante. È evidente che, ad oggi, così come per gli altri ammortizzatori sociali, a dover essere migliorate sono le politiche attive del lavoro: aiuto e sostegno concreto alla ricerca di un lavoro che consenta un’esistenza dignitosa a chi oggi non ce l’ha. Ben vengano quindi, le politiche formative, di competenza delle singole Regioni e finanziate principalmente dalle risorse del Pnrr, che si stanno mettendo in campo. Ma si faccia di tutto affinché siano davvero funzionali a dare risposte ai bisogni di chi non ha un’occupazione e non si limitino ad essere un ‘sostegno’ ad enti formativi privati.
“La Cgil Abruzzo e Molise – conclude il sindacato – continuerà a sostenere queste battaglie di giustizia sociale che da sempre la vedono protagonista nelle piazze regionali e nazionali, a prescindere dal colore dei Governi che si succedono, con l’unico obiettivo di migliorare le condizioni di vita e lavoro di lavoratrici e lavoratori e di pensionate e pensionati, affinché nessuno rimanga indietro”.
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