L’AQUILA – “Oltre la propaganda, la sanità abruzzese continua ad essere gravata dall’emergenza delle liste di attesa, della mobilità passiva, dei pronto soccorso presi d’assalto da persone che non trovano alternative e luoghi di cura a cui rivolgersi, la tanto declamata e invocata medicina territoriale e deospedalizzata, dopo cinque anni resta solo e scritta, anche male, sulla carta “.
Lo afferma Rita Innocenzi, sindacalista della Cgil, candidata del Partito Democratico alle elezioni del 10 marzo, nel collegio provinciale dell’Aquila.
“Notizia di questi giorni è il numero molto alto di richieste di intervento definite ‘improprie’ e ‘non urgenti’ nei pronto soccorso regionali – entra nel merito Innocenzi -. Ebbene, questa è la prova che tanti nostri concittadini non trovano riscontro per necessità di salute in strutture alternative, presso i medici di famiglia che purtroppo sono sempre di più in numero carente, né a livello di strutture extra ospedaliere. La conferma insomma che la medicina del territorio resta una progettualità futura, resa possibile dal Pnrr pianificato dai governi del centrosinistra, ma poco o nulla si è fatto a livello regionale per potenziare i presidi territoriali, come era comunque possibile fare”.
La conferma, prosegue Innocenzi, è “la mancata sostituzione dei medici di famiglia andati in pensione nella Asl provinciale dell’Aquila, che grandi difficoltà sta determinando ai Nuclei di cure primarie, servizi essenziali e grande esempio di medicina territoriale, e di deospedalizzazione, come ieri hanno ben spiegato nell’assemblea che si è tenuta alla Casa del Volontariato, dove ero presente come giustamente altri che hanno voluto raccogliere l’invito degli organizzatori, a differenza dei vertici della Asl, del Sindaco dell’Aquila che come coordinatore del comitato ristretto dei sindaci della Asl provinciale dovrebbe invece intervenire in una materia così importante per migliaia di pazienti del nostro territorio”.
Infine Innocenzi ricorda che “un grave errore è stato quello di individuare la sede della Casa di Comunità nel perimetro dell’ospedale San Salvatore, perché ciò vuol dire non aver compreso affatto che le Case di Comunità nascono per essere dislocate nel territorio, non concentrate nel nosocomio di riferimento”.
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