L’AQUILA – “Sono cinque mesi che abbiamo il piacere di incontrare le abruzzesi e gli abruzzesi, e incontrandoli abbiamo ascoltato tante storie di dolore. Ci hanno raccontato cosa è accaduto negli ospedali, nei pronto soccorso della nostra regione, nei piccoli centri a cui è stato tolto il 118 medicalizzato, con il risultato che chi si è sentito male non ha potuto ricevere cure immediate. Ho incontrato tanti abruzzesi che mi hanno raccontato di che cosa significa vedersi staccata la fornitura del gas, perché succede anche questo nel 2024, cosa significa non trovare un posto di lavoro e guardare al futuro con rassegnazione”.
E’ uno dei passaggi più intensi dell’intervento di Luciano D’Amico, candidato presidente alle elezioni regionali del 10 marzo, per patto per L’Abruzzo, coalizione di campo largo del centrosinistra, durante il partecipatissimo incontro elettorale a L’Aquila di sabato scorso, in occasione dell’inaugurazione del comitato elettorale in via Verdi dei candidati della lista Abruzzo insieme, Americo Di Benedetto, consigliere regionale uscente, ed Emanuela Iorio, consigliere comunale dell’Aquila.
L’ex rettore dell’Università di Teramo, docente di economia aziendale, ex presidente della Tua, la società del trasporto pubblico abruzzese, è stato da qualche esponente della sua coalizione tacciato dietro le quinte di essere troppo poco aggressivo nei confronti del suo competitor, il presidente uscente Marco Marsilio di Fratelli d’Italia, di non bucare, di non andare all’assalto con il canonico e affilato armamentario della pugna politica. Il suo approccio risente evidentemente del carattere mite e riflessivo, formatosi nel mondo accademico, eppure nel suo comizio, quello che ha detto con toni non urlati e senza mai citare Marsilio, poco valorizzato dalla sua macchina della comunicazione, suona di fatto come un pugno allo stomaco alle politiche del centrodestra, i cui candidati legittimamente, dall’atra parte del fronte, magnificano i grandi risultati ottenuti in questi cinque anni. Quello di sabato rappresenta un manifesto programmatico, di una campagna elettorale impostata più sul contatto diretto con la gente, che mediatica.
Ad esempio Luciano D’Amico a L’Aquila ha evocato il Documento di economia e finanza regionale, approvato dalla stessa maggioranza di centrodestra a fine anno, nella seduta di Bilancio.
“La stessa giunta uscente dice che mentre tutta l’Italia è riuscita a recuperare i livelli di occupazione pre-pandemia, solo tre regioni non lo hanno ancora fatto, e fra queste c’è l’Abruzzo – ha sottolineato D’Amico -. Questo documento lo trovate sul sito della Regione. Sono loro che dicono che l’emergenza oggi è il lavoro povero, il part-time involontario. Ed è vero, perché il 12% delle famiglie abruzzesi vive al di sotto della soglia di povertà relativa. Significa che una famiglia di due persone deve vivere con meno di 1.000 euro al mese. Significa che ci sono circa 50.000 pensionati che percepiscono una pensione inferiore a 500 euro al mese. E la Regione non riesce a fornire un servizio di assistenza sanitaria adeguata, pubblica e universalistica, come vuole la legge, come vuole la nostra tradizione di comunità, non riusciamo a fornire degli altri servizi che possono rendere agevole vivere al di sotto della soglia di povertà. Ecco, non possiamo guardarli più negli occhi, questi cittadini, perché sappiamo che non riusciamo a soddisfare le esigenze fondamentali, le esigenze primarie”.
Parole dure anche sull’autonomia differenziata e sulla tanto declamata filiera di centrodestra dalla Regione al governo nazionale, passando per Comuni e Province: “nei tavoli romani del centrodestra l’Abruzzo non è un invitato, ma è la pietanza che viene servita, e ne abbiamo avuto una dimostrazione con i ripetuti definanziamenti che ci sono stati negli ultimi tempi. Ne abbiamo una dimostrazione plateale, con l’assenso dato dal presidente uscente al progetto di autonomia differenziata che è ancora in discussione in Parlamento. Da quel progetto, se approvato in Abruzzo, arriveranno 400 milioni di euro in meno ogni anno. Provate a immaginare che cosa potrebbe significare questo per la nostra sanità”.
A seguire il capitolo infrastrutture: “insieme affronteremo il grande tema dell’adeguamento infrastrutturale, perché non è accettabile che nel 2024 un capoluogo di regione non abbia un collegamento ferroviario degno di questo nome. È un problema che va risolto, insieme alla messa in sicurezza della A24 eA25. Voi ne sapete qualcosa? Perché quella messa in sicurezza, quelle autostrade non a caso sono state dichiarate strategiche ai fini di protezione civile, perché sappiamo che cosa significa. Sapete, lo avete vissuto sulla vostra pelle, cosa significa vivere delle tragedie come quella che avete vissuto nel terremoto”.
Il teramano D’Amico si è poi lanciato in atto d’amore per L’Aquila, e in particolare per la sua università.
“Non vi rendete conto della bellezza di questa città. Io parlo di bellezza non solo per riferirmi alla bellezza dei palazzi, alla bellezza del corso, alla bellezza dei vicoli di questa città, ma mi riferisco anche ad altri tipi di bellezza. Mi riferisco, ad esempio, alla bellezza delle due università cittadine. Ho avuto il piacere di occuparmi di questioni universitarie, so come si misura la qualità delle università e ogni volta che l’Agenzia indipendente del ministero valutava tutte le università italiane sono andato sempre con una certa trepidazione, a consultare le graduatorie. E lì trovavo sempre che le università dell’Aquila sono al primo posto. Quella è bellezza: è la capacità di fare ricerca, è capacità di competere, capacità di competere in uno scenario internazionale. Ed è bellezza anche visitare tutti i poli industriali di questa città, iniziare dal polo farmaceutico e da tutte le altre industrie”.
Infine D’Amico ha tracciato la linea tra quello che significa essere di destra ed essere di sinistra, alla scuola di Norberto Bobbio, al di là della vulgata qualunquista, e profondamente ideologica, secondo la quale “tanto sono tutti uguali, e non c’è più nessuna differenza”.
“A destra si vede nella competizione dei singoli , nella una battaglia continua, il mezzo per far vincere il migliore. Noi abbiamo uno spirito diverso, noi crediamo che la comunità non debba lasciare nessuno indietro e debba garantire a tutti, anche a chi è in difficoltà, la possibilità di superare quelle difficoltà, perché superando quelle difficoltà diventa una risorsa per la comunità, ne guadagna lui, ma ne guadagnano tutti. Noi non abbiamo una tradizione di capitani che tutto decidono e tutto fanno. Noi abbiamo una tradizione di porci al servizio”.
Download in PDF©