L’AQUILA – Ad incidere significativamente sul disavanzo della Asl provinciale dell’Aquila è l’insufficiente finanziamento da parte della Regione Abruzzo, che non tiene conto della vastità del territorio da coprire, ben superiore a quello delle altre tre Asl, con un costo pro capite più alto, per garantire i servizi sanitari, “ad esclusivo beneficio dei cittadini”.
E dunque, se si continuerà a calcolare il finanziamento regionale in base al numero dei residenti, inevitabilmente ci sarà un disavanzo strutturale e incomprimibile di circa 50 milioni di euro l’anno.
In questo passaggio, incandescente, dell’atteso e riservato documento, contenente il piano di razionalizzazione della spesa sanitaria e consegnato nei giorni scorsi, si consuma di fatto uno scontro tra il direttore generale della Asl provinciale dell’Aquila, Ferdinando Romano, e il suo datore di lavoro, la Regione Abruzzo, in particolare l’assessore regionale alla Salute Nicoletta Verì, ex Lega passata poi nella lista del presidente con la quale non è stata eletta alle regionali del 10 marzo scorso, salvo poi essere ripescata come “esterna”.
Per di più pochi giorni dopo che l’incarico del docente di igiene della Sapienza di Roma, in Abruzzo in quota Fratelli d’Italia, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2025 con una delibera di giunta, imposta dal presidente Marco Marsilio, di FdI, tra i malumori di larga parte della maggioranza, a cominciare dalla Lega, che ne mette in discussione non solo l’opportunità, ma anche la solidità giuridica.
Proroga motivata però proprio dal fatto che non c’è tempo per un nuovo bando, e per vuoti di potere, e occorre procedere in fretta con il piano di rientro, all’Aquila come nelle altre tre Asl di Chieti, Teramo e Pescara, alla luce del deficit esploso a 122 milioni di euro nel 2023, di cui 46 milioni di euro nella solo Asl aquilana, maglia nera, e soprattutto in vista del debito che sarà macinato nel 2024, che rischia di essere ancora più alto.
La “uscita” ufficiale di Romano rappresenta un’altra tegola per una maggioranza di centrodestra che appena vinte le seconde elezioni consecutive, per la prima volta nella storia della Regione, si è trovata di fronte alla emergenza del debito fuori controllo nella sanità. Quella che sembra una sfida all’ente proprietario delle Asl è destinata ad incidere anche nella guerra per il controllo del comparto tra la Giunta regionale, in particolare Marsilio e Verì, e il Consiglio regionale, in particolare dall’asse rappresentato dal presidente del consiglio regionale, Lorenzo Sospiri, di Fi, e Paolo Gatti, di FdI, presidente della commissione sanità. Sono stati proprio questi ultimi a volere una sorta di commissariamento dei dg prevedendo nella delibera di copertura del debito di 68 milioni di euro di qualche settimana fa, chiesta con urgenza dal tavolo di monitoraggio nazionale, la presentazione vincolante di piani di risanamento dai quattro direttori generali, oltre Romano, Thomas Schael a Chieti, Maurizio Di Giosia a Teramo e Vero Michitelli a Pescara, su cui le commissioni competenti hanno parere “vincolante” prima dell’approdo in Giunta. Percorso osteggiato dalla Giunta e dalla Verì che ha incassato il no bipartisan del consiglio regionale.
Nel documento, di cui questo giornale è entrato in possesso, il 66enne manager arrivato da Roma a giugno 2021, inizialmente nominato in quota Lega dopo la defenestrazione di Roberto Testa, caduto in disgrazia presso il centrodestra che lo aveva nominato, in particolare della Lega, illustra punto per punto le azioni per ottenere un risparmio, fino a dicembre, di quasi 39 milioni di euro, in modo tale che il disavanzo non sarà come indica il tendenziale, senza alcun intervento correttivo, di quasi 60 milioni di euro, ma “solo” di 26,8 milioni.
L’aspetto però significativo è che Romano, prima di entrare nel merito delle singole misure, qui di seguito elencate, mette quasi le mani avanti evidenziando con forza il sottofinanziamento della Asl che dirige, gettando insomma la palla nel campo della Regione, che ripartisce i fondi ministeriali.
Romano ricorda infatti che la Asl aquilana è competente in un territorio che ha una superficie di 5.047 chilometri quadrati, quasi il doppio di quella della Asl provinciale di Chieti, due volte e mezzo di quello della Asl di Teramo, ben quattro volte rispetto al territorio della Asl di Pescara. E con una densità di popolazione molto più bassa, pari a 58 abitanti circa per chilometro quadrato, rispetto ad esempio ai 255 abitanti della provincia di Pescara.
Tutto questo si traduce in un costo molto superiore per garantire il servizio sanitario “in un territorio molto più esteso prevalentemente montuoso e collinare con una viabilità ,particolarmente difficile ma con molti meno abitanti”, dovendo gestire i quattro poli ospedalieri a L’Aquila, Avezzano, Sulmona e Castel di Sangro, i due presidi ospedalieri a Tagliacozzo e Pescina e complessivamente 73 punti di erogazione di servizi sanitari, su tutto il territorio, numero largamente superiore a quello delle altre tre Asl. Per un complessivo di 4.354 dipendenti di cui 3.864 a tempo indeterminato.
È accaduto però, denuncia nella sostanza Romano, che nel ripartire il finanziamento regionale alle quattro Asl per l’anno 2024, si è considerato il numero di residenti, assegnando alla Asl dell’Aquila circa 612 milioni di euro, alla Asl di Pescara 786 milioni di euro, alla Asl di Chieti 611 milioni di euro e alla Asl di Teramo 625 milioni di euro.
E questo appunto significa trasferire alle Asl, “risorse finalizzate esclusivamente a garantire un sistema di offerta di servizi basato sul numero dei residenti, trascurando altri, non meno importanti, qualificatori della tutela del cittadino, tra i quali ha un posto di primo piano il ‘principio di prossimità’, che, da sempre richiamato come focus di tutti i servizi sanitari, ha, finalmente, trovato dignità operazionale solo con il Decreto ministeriale 77 del 2022, diventandone il ‘principio fondativo'”.
E la Asl provinciale aquilana, “proprio in considerazione della vastità del territorio di pertinenza, ha una articolazione organizzativa capillare che ha la finalità di garantire il rispetto del diritto, inalienabile, dei cittadini ad una sanità di prossimità”.
Accade dunque che il finanziamento regionale di fatto non copre i maggiori costi sostenuti per le ragioni illustrate, dalla Asl aquilana, generando il disavanzo.
È questo avviene ad esempio per la gestione delle postazioni 118, per i consultori per le sedi del Cup, per i punti prelievo. Costi non coperti che riguardano la manutenzione ordinaria e straordinaria, le utenze, i servizi lavanderia, i servizi di pulizia, i trasporti non sanitari, lo smaltimento rifiuti, l’assistenza informatica, la vigilanza e locazioni passive, oltre ovviamente al personale.
Scrive Romano a chiare lettere: “una parte significativa dei costi che questa azienda sostiene annualmente è, di fatto, incomprimibile, se si vuole continuare a garantire una sanità
di prossimità nel rispetto delle previsioni di cui al DM 77/2021, e non coperta dalla quota assegnata annualmente dalla Regione. Le perdite che si sono registrate negli ultimi esercizi sono tali da poter affermare che questa azienda ad oggi soffre di un disavanzo strutturale che ammonta a circa euro 50.000.000”.
Si passa così ad illustrare le misure correttive, che consentiranno, si stima, un recupero pari a 32.933.796 euro, rispetto ad un risultato economico tendenziale di 59.777.998 euro, riducendo dunque il disavanzo a 26.844.202 euro, quasi la metà rispetto al 2023.
Ecco le principali misure: si prevede di ottenere intanto mezzo milione di euro euro di maggiori entrate “dalla riorganizzazione dell’area chirurgica, che interessa tutti i presidi, allo scopo di implementare l’utilizzo delle tecnologie robotiche, aumentare l’attrattività, ottimizzare la funzionalizzazione del blocco operatorio, efficientare l’utilizzo dei posti letto”, con “l’incremento dell’offerta di prestazioni di specialistica ambulatoriale (es. endoscopia) ed è in corso una
revisione ad ampio spettro della restante offerta ambulatoriale con lo scopo di aumentare la disponibilità prestazionale, che impatta positivamente sulla riduzione delle liste di attesa, sul saldo di mobilità, sui ricavi da compartecipazione alla spesa”.
Al contempo si risparmieranno 2.443.341 euro, procedendo a un reintegro solo parziale dei cessati dell’anno 2024, e “grazie ad un risparmio dato dalla differenza tra il trattamento economico del personale che cessa, sul quale insiste l’anzianità di servizio, ed il trattamento economico del personale neoassunti”, ed anche con “la riduzione del personale in somministrazione, sanitario e non sanitario, con il conseguente risparmio dei corrispettivi overhead pagati alle agenzie interinali”, e con “l’internalizzazione di servizi socio-sanitari attualmente appaltati a soggetti esterni”.
Altri 2.800.000 euro saranno risparmiati sul capitolo farmaci con “il processo di gestione informatizzata della prescrizione e somministrazione del farmaco che consentirà sia un miglioramento della performance in termini di appropriatezza e misure dispositive nei confronti dei medici e centri prescrittori affinché prescrivano i farmaci biosimilari al prezzo più basso anziché l’originator”.
Altri 2.150.000 euro arriveranno grazie “ad un monitoraggio capillare di tutte le forniture di servizi appaltati al fine di verificare e documentare analiticamente le prestazioni effettivamente rese”, con “specifiche attività di controllo di tutti i contratti d’appalto, in essere o già conclusi, volte a verificare e monitorare l’effettiva erogazione delle prestazioni fatturate da
parte delle ditte fornitrici”.
Ed ancora con “l’internalizzazione di tutti i servizi non sanitari affidati a cooperative, del servizio di magazzino e gestione cespiti, del servizio di sterilizzazione dell’ospedale dell’Aquila”. Un milione di euro sarà risparmiato dalla revisione del “Regolamento sulla Gestione del Fondo Rischi”.
La voce più consistente di risparmio, quasi 18,3 milioni di euro, si otterrà però con un ventaglio di misure tra cui “l’aumento percentuale di prescrizione di farmaci equivalenti”, il “recupero crediti derivanti da ticket non regolarizzati per l’erogazione di prestazione sanitarie di pronto soccorso, non seguite da ricovero, per le quali non è stato riscontrato il carattere d’emergenza/urgenza”, o per “esenzioni successivamente accertate come non veritiere”, con il “recupero somme a titolo di interessi di mora su sentenze divenute esecutive favorevoli alla Asl”, e ancora con il recupero delle “spese legali per sentenze favorevoli alla Asl con soccombenza della controparte divenute esecutive”, attraverso la “ricognizione delle fatture emesse dalle strutture private accreditate e rilevate a bilancio, per le quali sia stato attivato un contenzioso passato in giudicato con esito favorevole alla Asl”, con la “revisione delle modalità di costituzione degli accantonamenti a fondo rischi”.
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