RISTORI COVID: TAR, NO A VILLA LETIZIA, RISCHIO DOMINO. OK ASL L’AQUILA, ESPOSTO A CHI HA PAGATO

SENTENZA TRIBUNALE AMMINISTRATIVO E SEGNALAZIONE A PROCURA CAPOLUOGO ADRIATICO DI UN DIRIGENTE AQUILANO AD UN COLLEGA CHE INVECE HA FIRMATO I MANDATI, POTREBBE PORTARE LE AZIENDE SANITARIE CHE HANNO EROGATO I FONDI A DOVERLI RICHIEDERE INDIETRO ALLE ALTRE CLINICHE PRIVATE ABRUZZESI 

25 Aprile 2023 08:46

L'Aquila - Sanità

L’AQUILA – Ristori covid negati e rischio caos per le cliniche private abruzzesi: il Tar dell’Aquila, nei giorni scorsi, ha respinto il ricorso presentato dalla casa di cura Villa Letizia dell’Aquila, contro il no della Asl provinciale, unica in Abruzzo, alla erogazione di quanto richiesto, circa 1,5 milioni di euro, per la sospensione delle attività dal 9 marzo al 20 giugno 2020, periodo più drammatico della pandemia.

Stesso destino è toccato, oltre a Villa Letizia, alle altre cliniche private del territorio della provincia dell’Aquila, tra cui la Ini di Canistro, la Di Lorenzo di Avezzano, la Nova Salus di Trasacco, l’Immacolata di Celano e la San Raffaele di Sulmona, il tutto, secondo una stima, circa 6 milioni di euro.

Ma la conferma del Tar alla presa di posizione della ASL dell’Aquila rischia di innescare un effetto domino: infatti, sulla base di questa sentenza, anche le altre Asl abruzzesi, in particolare quella di Pescara e Chieti visto che a Teramo non ci sono colossi privati, che hanno pagato i ristori alle cliniche private potrebbero dover richiedere indietro i pagamenti effettuati al fine di uniformare norme e trattamenti.

E ad alimentare un clima infuocato nei rapporti tra il sistema privato e quello pubblico, emerge un altro aspetto giudiziario: un dirigente della Asl aquilana avrebbe presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Pescara, per impugnare gli atti della Asl di Pescara firmati dai dirigenti dell’azienda pescarese, che invece hanno concesso da tempo i ristori alle altre cliniche private abruzzesi. Una azione che porterà certamente all’apertura di un fascicolo di inchiesta.

Tornando alla vicenda del diniego ai ristori da parte della Asl provinciale dell’Aquila, secondo gli operatori privati, tra cui il presidente dell’Agenzia coordinamento ospedali privati (Acop) per l’Abruzzo, Lucia Di Lorenzo, proprietaria dell’omonimo gruppo, sarebbe stato l’avvocato Dino Piccari, dirigente del settore Amministrazione, Controllo e Monitoraggio delle strutture private accreditate, ad opporsi fin dalla prima alla erogazione dei ristori, non tenendo conto di lettere e solleciti anche da parte dei vertici amministrativi regionale.





Tanto che Piccari è finito nel mirino degli imprenditori della sanità privata della provincia. Di Lorenzo, nel contestare il diniego della Asl, ha criticato il fatto che i vertici della Asl “hanno comunicato attraverso il dottor Piccari”, e il fatto che “la proposta di transazione in cui è stato operato un taglio drastico alle prestazioni, non conteneva conteggi e documenti”.

Ma ora si apre un’altra storia: la sentenza del Tar e l’esposto del dirigente aquilano fa tramontare ogni tipo di intesa nel territorio aquilano e rischia di determinare lo stesso trattamento, anzi una beffa, anche alle altre cliniche private pescaresi: a tale proposito, la Asl di Pescara e quella di Chieti, secondo molti, avrebbero già avviato le procedure per richiedere indietro i ristori già erogati a colossi come ad esempio il gruppo Pierangeli. Facile prevedere un effetto domino anche nel contenzioso che potrebbe diventare maxi: considerando che anche il patron di Villa Letizia, Enrico Vittorini, ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato.

Vittorini aveva ricevuto un no non solo dalla Asl, ma anche a seguito di un chiarimento chiesto al presidente della Giunta regionale, Marco Marsilio, e all’assessore regionale alla Sanità Nicoletta Verì.

L’imprenditore, assisto dall’avvocato Alessandra Rulli, è andato dunque al Tar, per impugnare, la nota assunta dalla Asl  Avezzano-Sulmona-L’Aquila il 30 giugno 2021, che aveva negato il ristoro richiesto, nel maggio 2021, di 1.544.800 euro, “per la sospensione dell’attività sanitaria a seguito dell’emergenza pandemica”, alla luce delle linee di indirizzo approvate dalla giunta del 18 maggio 2021, che a loro volta recepivano i criteri espressi nel decreto legge 149 approvato dal governo di Giuseppe Conte nel novembre 2020. Decreto che ha riconosciuto, in favore degli erogatori privati accreditati che hanno subito la sospensione dell’attività ordinaria a causa del Covid 19, i costi fissi sostenuti dalle strutture e non altrimenti recuperati o già ristorati.

La Asl a Villa Letizia, nell’atto impugnato aveva così risposto: “si rappresenta che, esperite le dovute verifiche, si è potuto rilevare che è stata prodotta la documentazione attinente i costi riferiti ad un periodo temporale non coincidente con quello interessato dalla sospensione delle attività ordinarie. Atteso che la normativa richiamata prevede, quale condizione di procedibilità della domanda di ristoro, la cessazione delle attività ordinarie, si chiede di voler precisare l’istanza in parola indicando e documentando i soli costi sostenuti durante il periodo di effettiva sospensione”.

Villa Letizia, con un ricorso, che poi si è arricchito di motivi aggiunti, ha contestato il comportamento assunto dalla Asl, che ha comportato una immotivata interruzione del procedimento di riconoscimento del contributo, per poi di fatto negarlo.





Il collegio giudicante composto da Germana Panzironi, presidente, Mario Gabriele Perpetuini, consigliere estensore, e Maria Colagrande, consigliere, nella Camera di consiglio dell’8 marzo ha respinto il ricorso.

Primo profilo di infondatezza è infatti che nel periodo del quale si discute dell’istanza di rimborso (9 marzo 2020 – 20 giugno 2020), non si è verificata alcuna “sospensione” di tutte le attività per le quali la Casa di Cura risulta accreditata con il S.S.R. e, quindi, risulta carente il presupposto, normativamente previsto, per il riconoscimento del rimborso dei costi fissi”.

Inoltre, Villa Letizia risulta accreditata “per l’erogazione di prestazioni di ‘ricovero ospedaliero’, e ‘ambulatoriali’, e che, quanto alle prime (che rappresentano, peraltro, la gran parte del budget assegnato alla Struttura) nella Regione Abruzzo non è intervenuto alcun provvedimento di sospensione mentre, per le seconde, è stata disposta una mera temporanea rimodulazione limitatamente a quelle non urgenti che, poi, è rapidamente evoluta verso il ritorno ad un regime ordinario”

Anche per le attività ambulatoriali, si legge nella sentenza, “nella limitata vigenza temporale delle Ordinanze emergenziali non è stata disposta una sospensione assoluta nella relativa erogazione, bensì una limitazione solo per quelle ‘programmate’ consentendosi, invece, quelle ulteriori, con progressivi ma decisivi allentamenti”.

In definitiva, per  Villa Letizia “non appare ravvisabile il presupposto della ‘sospensione’ nel periodo dal mese di marzo 2020 a mese di giugno 2020 (che, evidentemente, non può essere confuso con la mera contingente ‘rimodulazione’ delle attività assistenziali rese in accreditamento) nella cui ricorrenza il legislatore ha accordato alle Regioni la facoltà di procedere al rimborso dei ‘costi fissi’ sostenuti”.

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