L’AQUILA – L’Italia della sanità e delle cure ai cittadini è sempre di più divisa in due, con il Nord che corre ed il Sud che arranca in modo crescente. Ed il divario si sta accentuando ulteriormente.
È l’istantanea scattata dal Rapporto ‘Le Performance Regionali’ del Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (Crea).
Un dato allarmante che vede solo 8 Regioni promosse, con il Veneto in testa, mentre 7, compreso l’Abruzzo, sono rimandate e 6 bocciate.
E che la situazione stia diventando critica lo denuncia anche l’Eurispes che, nella sua ultima ricerca, avverte come nel prossimo futuro il potersi curare rischia di divenire una questione di censo. La valutazione 2023 delle performance regionali effettuata dal Crea, in tema di tutela socio-sanitaria offerta ai cittadini residenti, oscilla da un punteggio massimo del 59% (fatto 100% il risultato massimo raggiungibile) ad un minimo del 30% ed è fatta sulla base di 6 parametri che vanno dall’appropriatezza e l’equità delle cure agli aspetti economico-finanziari e l’innovazione.
Nella pagella stilata, il risultato migliore lo ottiene il Veneto ed il peggiore la Calabria. Tre Regioni, tutte del Nord-Est, sembrano avere livelli complessivi di tutela significativamente migliori dalle altre: Veneto, P.A. di Trento e P.A. di Bolzano superano infatti la soglia del 50% (rispettivamente 59%, 55% e 52%).
Nel secondo gruppo di promossi si trovano altre 5 Regioni con livelli dell’indice di performance compresi tra il 47% e il 49%: Toscana, Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia e Marche.
Sette sono invece rimandate avendo livelli di performance abbastanza omogenei ma inferiori, compresi nel range 37-43%. Si tratta di Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Umbria, Molise, Valle d’Aosta e Abruzzo.
Infine, 6 Regioni – Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania, Basilicata e Calabria – hanno invece livelli di performance che risultano inferiori al 32%. Osserviamo, rileva il Crea, “come la composizione del gruppo delle regioni che si situano nell’area dell’eccellenza, come anche quella del gruppo delle Regioni (tutte meridionali) che purtroppo rimangono nell’area intermedia e critica, rimane pressoché costante negli anni”.
Risultato: “circa 29 milioni di cittadini residenti nelle prime 8 Regioni – si legge – possono stare relativamente tranquilli e altri 29 milioni nelle Regioni rimanenti, quasi tutte del Centro Sud, potrebbero avere serie difficoltà”.
Un monito ad agire arriva anche dal Rapporto presentato sempre oggi da Eurispes ed Enpam. Se il Sistema Sanitario Nazionale “non sarà messo in grado di programmare e poi assorbire le necessarie professionalità – avvertono le due organizzazioni – le Case e gli Ospedali della comunità rimarranno vuote, mentre la crisi del decisivo comparto della medicina generale si avviterà ulteriormente, gli ospedali continueranno a degradarsi, l’universalità della sanità pubblica continuerà a deperire, si apriranno ulteriori autostrade per la sanità privata e curarsi diverrà una questione di censo”.
Tutto ciò mentre è già una triste realtà il fatto che le retribuzioni dei medici italiani siano tra le più basse in Europa e che nel 2023 oltre il 33% dei cittadini afferma di aver dovuto rinunciare a prestazioni e/o interventi sanitari per indisponibilità delle strutture sanitarie e liste di attesa, mentre aumenta la mobilità sanitaria che interessa ormai 1,5 milioni di pazienti costretti a spostarsi in regioni diverse dalla propria per curarsi. Un fenomeno che pesa fortemente sui conti delle Regioni.
Insomma, quello che emerge è un quadro critico che necessita di una rapida inversione di trend, avverte il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli: “È il momento di attribuire un ruolo forte al ministero della Salute, con risorse dedicate ad appianare le disuguaglianze di salute che dividono il nostro Paese. Altrimenti – afferma – le differenze non faranno che acuirsi, con una frattura che causerà il crollo del nostro Servizio sanitario nazionale”.
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