ROMA – La sanità pubblica è in codice rosso: liste di attesa infinite, rinunce alle cure, innovazioni inaccessibili, diseguaglianze senza precedenti e viaggi della speranza. E mentre la sanità pubblica arretra, il privato avanza.
E’ l’analisi della Fondazione Gimbe, secondo cui “serve un radicale cambio di rotta” ed un piano di rilancio del Ssn. “La crisi di sostenibilità del Ssn – dichiara Nino Cartabellotta, presidente Gimbe – sta raggiungendo il punto di non ritorno tra l’indifferenza di tutti i Governi che negli ultimi 15 anni, oltre a tagliare o non investire in sanità, sono stati incapaci di attuare riforme coraggiose per garantire il diritto alla tutela della salute”.
Un Ssn gravemente malato, afferma, che “costringe i pazienti ad attese infinite, migrazione sanitaria, spese ingenti, sino alla rinuncia alle cure”.
Secondo una recente audizione dell’Istat, sottolinea Gimbe, la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie è passata dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021.
E se nel 2022 le stime attesterebbero un recupero con una riduzione al 7%, l’ostacolo principale rimangono le lunghe liste di attesa (4,2%) rispetto alle rinunce per motivi economici (3,2%). Nel 2021, inoltre, la spesa sanitaria in Italia ha raggiunto i 168 miliardi di euro, di cui 127 di spesa pubblica (75,6%), 36,5 (21,8%) a carico delle famiglie e 4,5 (2,7%) sostenuti da fondi sanitari e assicurazioni.
La chiave di lettura, commenta Cartabellotta, “è chiarissima: la politica si è sbarazzata di una consistente quota di spesa pubblica per la sanità, scaricando oneri iniqui sui bilanci delle famiglie”.
Quanto alle diseguaglianze territoriali, il gap Nord-Sud è “ormai incolmabile, e rende la ‘questione meridionale’ in sanità una priorità sociale ed economica”.
Infatti, guardando ai punteggi Lea (Livelli essenziali di assistenza) nel decennio 2010-2019, tra le prime 10 Regioni solo due sono del centro (Umbria e Marche) e nessuna del sud, e nel 2020 solo 11 Regioni risultano adempienti ai Lea, di cui solo la Puglia al Sud.
Altra criticità segnalata da Gimbe è il mancato accesso alle innovazioni. L’ultimo aggiornamento dei Lea risale al gennaio 2017, ma per mancanza di risorse non è mai stato approvato il decreto Tariffe relativo a specialistica ambulatoriale e protesica. Di conseguenza, puntualizza Cartabellotta, “innovazioni quali la procreazione medicalmente assistita, lo screening neonatale esteso, ausili e dispositivi all’avanguardia (apparecchi acustici digitali, protesi di ultima generazione, carrozzine basculanti) oggi possono essere erogate solo dalle Regioni non in Piano di rientro con risorse proprie, generando ulteriori diseguaglianze e tenendo in ostaggio i diritti dei pazienti”.
Ed intanto, conclude, “il continuo aggiornamento dei Lea al fine di mantenerli allineati all’evoluzione scientifica rimane solo un vuoto slogan”.
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