SANREMO: NEL 1958 3 AUTORI AQUILANI ALLA RIBALTA, CAVALLI, “FUORI DALLA FINALE PER UN SOLO VOTO”

di Gianpiero Giancarli

11 Febbraio 2023 08:04

L'Aquila - Spettacoli

L’AQUILA – Il Festival di Sanremo ha portato alla ribalta nazionale  diversi abruzzesi che negli ultimi anni, nei vari ruoli, hanno dato lustro alla manifestazione come il maestro Leonardo De Amicis, Enrico Melozzi,  Giò Di Tonno, Piero Mazzocchetti, Simona Molinari, che è abruzzese di adozione,  solo per citarne qualcuno.





Ma pochi sanno che la prima presenza abruzzese a Sanremo risale al  lontano 1958, edizione vinta da Domenico Modugno in coppia con Johnny Dorelli cantando  “Nel blu dipinto di blu”, quando tre  aquilani riuscirono a portare alla manifestazione un brano melodico intitolato “Nozze d’oro” composto da Giorgio Cavalli e dai compianti Enrico Canelli e Franco Conti che ne era il paroliere. Il brano fu arrangiato da Arnaldo Ettorre, il musicista- partigiano, persona ancora molto vitale come Cavalli,  a  dispetto degli anni che passano.

Cavalli, (a destra nella foto mentre riceve un premio) fu la vera anima dell’iniziativa, ed  è noto all’Aquila per aver composto circa 130 canzoni, alcune in dialetto, che hanno ricevuto attestazioni  in diverse rassegne anche ultraregionali, e  per essere stato precursore indiscusso dell’emittenza privata con la nascita a metà degli anni settanta della gloriosa Radio L’Aquila-Tv L’Aquila, oltre ad aver  scritto  una serie di riviste e  commedie, tutte espressioni di  un bel mondo che non c’è quasi più. Egli, lo sappiamo, ha anche realizzato un apprezzato documentario sui Nove Martiri aquilani.
Ma torniamo a quel Sanremo  del 1958. A fronte di un periodo storico da molti rimpianto,  ci  fu tuttavia uno strano atteggiamento di chiusura della stampa locale verso il successo  considerevole di quei giovani aquilani. Forse un eccesso di provincialismo.

“Per far parlare  di quella esperienza a livello locale dopo che in tanti  avevano saputo del nostro successo guardando la Tv” , ricorda Cavalli, “fummo  addirittura costretti ad acquistare 150 copie del Giornale  d’Italia e in cambio ottenemmo una pubblicazione in cui si parlava della canzone, una cosa assurda e impensabile al giorno d’oggi”. Per il resto nulla.
“Non era  facile ottenere la partecipazione al Festival  a fronte di quasi mille canzoni inviate e fu possibile grazie al mio impegno”, racconta Cavalli, “noi collaboravamo con una casa editrice che ci aveva stampato alcune canzoni e allora scrissi al maestro Ricci, che ne era titolare, per vedere se  fosse disponibile a presentare un nostro brano. Mi rispose di si ma tutte le spese sarebbero state a nostro carico. A quel punto mi mobilitai e chiamai  a Roma alcune amiche adolescenziali di mia moglie che  ambivano a stare nel settore e  vivevano con la zia, ma, soprattutto, avevano frequentazioni con alcuni cantanti che andavano per la maggiore in radio”.
Grazie ai loro buoni uffici fu possibile trovare una cantante che  prestasse la sua voce al brano per poterlo presentare  alla commissione come da prassi dell’epoca.





Si trattava di Vanda Romanelli, una voce importante con  toni swing che nel 1962 partecipò al  Festival. Si doveva  solo mandare il plico con  il disco della canzone alla commissione tramite posta entro un termine perentorio.
E lì altre peripezie. “Incaricai Canelli di spedire subito il plico in giornata per evitare la scadenza solo che la spedì come pacco e  non come raccomandata. Pensammo  allora di aver perso ogni speranza. Ma il 19 dicembre sera del 1957 mi  telefonò  l’amico Ettorre dicendomi che, da quello che aveva letto su Momento Sera, si poteva arguire che il nostro brano fosse  stato ammesso”.
Le canzoni  già  qualificate erano 19 e ne restavano due per un solo posto. Poi si seppe che una delle due  canzoni, poi  ammessa, era quella di Modugno ma  per inserirla  fu forzato il regolamento mentre “Nozze d’oro” era stata già inserita  nella lista dei pezzi in gara.
Il regolamento, infatti, prevedeva che ogni brano potesse essere presentato alla commissione ma non con la voce dell’autore e Modugno l’aveva composta insieme a Migliacci. E  la voce era, per l’appunto, del cantante pugliese.
La commissione era formata da grandi musicisti: Alessandro Cicognini, di Montesilvano, Angelo Ravagnino e Raffaele Gervaso.
“Quando noi autori andammo in treno a Sanremo fu un piacere incontrare nello scompartimento Aldo  Valleroni, direttore della Nazione, musicista e organizzatore del Carnevale di Viareggio”, ricorda Cavalli, “era autore di “Una rotonda sul mare”di Bongusto  e  aveva già partecipato a Sanremo, insomma un   grande personaggio anche come umiltà e signorilità”.
Il brano, come ricorda  l’autore aquilano,  fu poi gestito da  ben15 case discografiche e vendette centomila copie tra singolo e 33 giri. Al  Festival fu cantato dal Duo Fasano e Tonina Torrielli ma fu inciso anche da Natalino Otto, Emilio Pericoli, Corrado Loiacono, Tony Romano, Gloria Cristian e altri grandi nomi dell’epoca.

“A Sanremo”, ricorda, “mi imbattei in Umberto Bindi, che uscì dal barbiere dove  io stavo entrando. Egli era a Sanremo  solo come autore  de “I trulli di Alberobello”, incrociai anche Modugno ma non ebbi modo di parlarci”.
Il brano non andò in finale per un  solo voto. Il regolamento prevedeva che potessero votare anche alcune persone del pubblico in sala estratte a sorte per cui era possibile influenzarle donando loro i biglietti come fece qualche casa editrice. Ma questo meccanismo  era sconosciuto agli  aquilani che non poterono fare molto partendo svantaggiati.
“La canzone italiana di oggi è diventata una canea di urla” commenta con toni critici Cavalli, “e il fatto avere come ospiti nella rassegna sanremese delle vecchie glorie (Ranieri, Morandi, Al Bano, Di Capri e Paoli) è  solo una minestra riscaldata. Ogni  tanto spunta qualche fiorellino ma è poca cosa. La nostra  vera  musica  è melodica e  ha questi passaggi: opera, romanza, operetta e canzone italiana. Del resto lo stesso Guccini non ama questa musica attuale”.

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