CHIETI – “Una mattina, mentre mi vestivo, vidi in tv uno chef che realizzava una rosa da una rapa e tutte le signore presenti volevano baciarlo; così scesi in cucina, presi una patata e ne ricavai una rosa”.
Da lì, tolto il superfluo che imprigionava la rosa nella patata, spettatore e artefice della metamorfosi da grezzo tubero a fiore sbocciato, tutto ebbe inizio per l’affabile e genuino chef teatino Santino Strizzi.
Colta al volo la prima rosa, dell’hobby appena ‘sbocciato’ ne ha fatto una professione, diventando l’autore di “intagli meraviglie”, veri e propri origami con il cibo, composizioni floreali, animaletti di frutta, tutti da mangiare.
Ma, di nome e di fatto, il ‘nostro’ è una sorta di santo patrono anche dei risotti: ne ha inventati di neroverdi da servire a forma di cuore, di giallorossi ‘di capitan Totti’ con cui ha tentato perfino Maurizio Costanzo, di quelli alle orchidee, al cioccolato, passando da quello alla foglia d’oro a quello “al caffè…dei cavatappi”.
Ne ha annotati la bellezza di 541 tipi diversi fino a oggi, ma il dato già in questo momento potrebbe non essere più aggiornato.
Figlio di un grande chef del gusto, nato a Quadri (Chieti) e ultimo di otto figli cresciuto in una famiglia semplice, Santino ha iniziato a lavorare come cuoco già da quando aveva 14 anni girando tutta l’Italia e parte dell’estero per poi tornare a Chieti, città “unica, ricca di prodotti genuini, dove allungo un braccio e sono al mare e con l’altro sono in montagna”.
Ci racconti un po’ dell’aria che si respirava a casa…
Era aria profumata, dato che si iniziava a preparare il sugo alle 7 del mattino. Per la precisione in un tegame di coccio che nessuno poteva toccare dato che praticamente era il nono figlio di mio padre.
Nel tegame c’erano tutti aromi che coltivava e raccoglieva lui stesso nell’orticello davanti casa. Dopo una cottura “di simpatia” dove il fuoco era quasi inesistente, il sugo era pronto alle 13, con un gusto paradisiaco. Gli aromi danzavano sulle papille gustative.
Qual è stato il suo percorso?
Ho seguito le orme di mio padre e a 14 anni già lavoravo come cuoco. La mia prima esperienza l’ho fatta all’hotel Edelweiss di Roccaraso nel lontano 1965, poi nel 1966 ho lavorato all’hotel Royal di Francavilla al Mare con il grande gastronomo Narciso Bonetti, il creatore, tra l’altro, della pasta alla Faruk.
Dal 1967 ho iniziato a lavorare con la Ciga hotel della Compagnia italiana Grandi alberghi per poi andare a Firenze all’Excelsior hotel Italie, al bellissimo Grand Hotel Des Bains di Venezia e a Palazzo al Mare per più di otto anni.
Sempre a Firenze ho lavorato ai ristoranti del Grand hotel Minerva, del Lorenzaccio di Villa Medici, del Chianti di Palazzo Gaddi e anche al ristorante cinese Fior di Loto… Più varie sperienze tra cui al Sestriere Grand hotel Duchi di Aosta e a Saint Moritz al Caspar Badrutt Palace.
E in Abruzzo?
Ho lavorato per tre anni all’hotel Dangiò di Chieti, poi all’Hotel Esplanade spa di Pescara per circa nove anni e infine al Romantik sporting hotel Villa Maria di Francavilla per ben sei anni.
Dove lavora al momento?
Sono un free-lance della cucina, faccio serate a tema, corsi di sculture vegetali e frutta, corsi di sommelier, serate dedicate ai risotti.. Mi diletto anche a fare i piatti per il piacere di farli gustare agli amici.
Chef, artista, pasticcere: lei si definisce…
Un tuttofare, amante dell’Enogastronomia.
A parte a cucinare, cosa le ha insegnato papà Angelo? Lei ha trasmesso ai suoi figli la stessa passione?
Mi ha insegnato per prima cosa il rispetto e l’umiltà, che sono tra gli insegnamenti più grandi che un genitore possa dare. Poi faccio quotidianamente tesoro del suo concetto secondo il quale la cucina va amata, accarezzata e non trattata brutalmente.
Direi che la passione l’ho trasmessa anch’io ai miei due figli, Alex e Deborah. Anche se non fanno il mio lavoro sono capacissimi di cucinare, per loro stessi e per gli amici.
Come è nata la passione per gli intagli artistici con il cibo?
Una mattina mentre mi vestivo, in una trasmissione tv ho visto uno chef che realizzava una rosa da una rapa e tutte le signore presenti volevano baciarlo! È ironico a dirlo ma fu lo start. In quel momento sono sceso in cucina e con una patata feci la mia prima rosa. Adesso normalmente anche a casa mi piace guarnire i piatti che preparo.
Con quali riconoscimenti è stato insignito?
Ho moltissimi riconoscimenti, ma il più importante è il Collegium Cocorum della Federazione italiana cuochi. Attulmente sono il vice presidente dei cuochi di Villa Santa Maria e dei cuochi della provincia di Chieti. Sono anche il presidente di un’antica confraternita enogastronomica, l’Universitas bevitorum magnatorumque Excelsa-Quadrensis.
Ha lavorato in tutta Italia e anche all’estero, come mai è tornato a Chieti?
Sono tornato perchè Chieti era la città a mia misura. Allungo un braccio e sono al mare e con l’altro sono in montagna. Una cosa unica, con prodotti genuini che mi danno lo sprint per creare dei piatti di semplice bontà.
Ci parli della sua specialità…
La mia specialità sono i risotti. Sono arrivato a crearne ben 541 diversi, attestati da foto e ricette, moltissimi dei quali pubblicati sul mio profilo Facebook e sul mio blog www.intaglimeraviglie.blogspot.com.
La cosa che ha fatto per cui va più fiero e la rinuncia più dura che ha dovuto fare?
Ovunque sono stato ho portato sempre con onore e fierezza l’immagine della mia regione, l’Abruzzo. La rinuncia invece è stata quella di andare a lavorare in Inghilterra…quando c’erano i Beatles! Inutile dire quanto avrei voluto, ma mia madre non era dello stesso parere.
Con e per quali personaggi conosciuti ha lavorato?
I grandi cuochi di allora, quelli che facevano “scuola”, non sono conosciuti al pubblico attuale, i cuochi ai miei tempi stavono in cucina e non nei salotti televisivi. Ho avuto l’onore di fare dei piatti per il grande Luigi Carnacina.
Mentre tra i personaggi più importanti copn i quali ho lavorato, sicuramente figura Albert Bruce Sabin, inventore del vaccino dell’antipolio. È stato tre giorni all’Hotel Esplanade di Pescara e per tutto il tempo mi sono dedicato esclusivamente a lui. Ho potuto conoscere una persona che è stata un vero benefettore dell’umanità.
Qualche gossip legato al suo lavoro?
Molte sono le curiosità, ma ci vorrebbe un intero libro. Ad esempio, quando è venuto a Pescara Maurizio Costanzo, non aveva voglia di mangiare, poi però si è venuto a informare su che piatto avevo preparato e quando gli ho risposto “il risotto GialloRosso di Capitan Totti” ne ha mangiati due piatti!
Un’altra curiosità è legata al professor Sabin: dovevo servire i piatti sconditi, perché i condimenti li aveva lui in tasca.
In tasca?
Sì, lui aveva delle boccette con olio, aceto e sale. Visto la mia perplessità, la signora che l’accompagnava mi ha spiegato che il professore aveva degli alberi di ulivo coperti con grandi teli trasparenti, tipo serra, e innaffiati con l’acqua del proprio pozzo e non con l’acqua piovana, (ricca di sostanze chimiche) e lo stesso per le vite e il sale che si faceva portare da una landa sperduta della Russia.
Tartarughine, uccellini e pinguini di frutta: quale clientela e quali occasioni li richiedono e quanto tempo per realizzarli?
Questa tipologia si presta molto per le comunioni e compleanni di bambini. Per un bouquet di 15 rose o per un gruppo di una decina di animaletti ci vuole almeno un’ora di lavoro.
Prossimi eventi culinari dove parteciperà?
Il 29 febbraio c’è la festa del tesseramento dei cuochi, a Bomba presso l’Isola Verde.
Per che occasione ha creato il risotto neroverde? Ci svela la ricetta?
Dopo il risotto Giallorosso che aveva portato fortuna alla Roma decisi di fare il risotto Cuore Neroverde, per vedere di ripetere la fortuna anche al Chieti… Un risotto, devo dedurre, amato anche dagli Aquilani!
La ricetta ce l’ha regata, ecco a voi.
RISOTTO NEROVERDE PER QUATTRO PERSONE: 240 grammi di riso carnaroli, 100 grammi di spinaci, una cipolla, tre cucchiai di olio Evo, un bicchierino di vodka azzurra, un peperoncino verde, due sacchetti di nero di seppia, due seppioline tagliate sottilissime a julienne, acqua di un chilo di vongole paparazze, mezzo bicchiere di Trebbiano, 60 grammi di grana, 60 grammi di burro, brodo vegetale, brodo di pesce, prezzemolo.
Per il risotto verde, bollire in acqua con poco sale gli spinaci, scolare e saltare in padella con uno spicchio d’aglio in camicia, peperoncino verde, e olio. Tostare il riso con un cucchiaio di olio extra vergine di oliva, evaporare con un bicchierino di wodka azzurra, aggiungere gli spinaci a crema.
Continuare la cottura con l’aggiunta dell’acqua degli spinaci e di brodo vegetale all’occorrenza. A 15 minuti, a fiamma spenta, aggiungere 30 grammi di burro e il grana grattugiato e mantecare bene.
Intanto in un’altra padella con l’olio appassire la cipolla, aggiungere le seppioline e dopo cinque minuti tostare il riso, evaporare con il Trebbiano d’Abruzzo e proseguire la cottura con l’aggiunta dell’acqua delle vongole e del fumetto di pesce, alternandoli. A 15 minuti aggiungere il nero di seppia, amalgamare bene in modo che il riso diventi completamente nero, aggiungere il burro, a fiamma spenta, e mantecare bene.
I due risotti devono essere pronti contemporaneamente. Versare in ogni piatto metà riso verde e metà riso nero e magari aiutati da una formina, fare un cuore con metà risotto nero e metà verde… e vai!!! (esulta).
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