SCARSI MEZZI E POCO LAVORO DA TROVARE, CENTRI IMPIEGO ABRUZZO SOTTO LENTE CORTE CONTI

4 Novembre 2021 08:08

L'Aquila - Abruzzo, Politica

L’AQUILA – “La poca offerta e l’inadeguata conoscenza dell’effettivo mercato del lavoro impedisce, di fatto, ai Centri per l’impiego di costituire l’anello di congiunzione per  un’occupazione sostenibile e per una collocazione lavorativa ideale”.

Risulta ancora difficile “il completamento del Sistema informativo unitario (Siu), il portale unico che permetterebbe ai Cpi di lavorare in modo coordinato”.

Progetto a cui lavora l’Anpal, ente pubblico per la promozione di politiche attive del lavoro, eppure il 36% dei Centri per l’impiego non possiede i mezzi per le nuove interconnessioni. L’1%  in Italia lavora completamente offline.

Lo scrive chiaro e tondo  la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, nella dettagliatissima indagine sul “Funzionamento dei centri per l’impiego nell’ottica dello sviluppo del mercato del lavoro” approvata a settembre scorso.

Un focus prezioso anche sulle 15 sedi principali e 17 periferiche, per un totale di 32, operanti in Abruzzo, quota parte delle 563 principali e 153 periferiche per un totale di 739 sedi italiane.

Soprattutto in vista della riorganizzazione annunciata proprio a questa testata, l’assessore Pietro Quaresimale, che ha delega al lavoro e alla Formazione, e delle imminenti ulteriori assunzioni, per circa 50 persone, per potenziare il personale ad oggi scarso.  Mission a cui lo Stato ha destinato 235 milioni di euro per tutte le Regioni.

Obiettivo a dir poco urgente, alla lettura del rapporto della Corte dei Conti, vista la problematica, per non dire il fallimentare andamento del reddito di cittadinanza, stante la difficoltà di trovare occupazione a 1,6 milioni di percettori abili al lavoro in Italia, e circa 30mila in Abruzzo, stando ai dati citati dalla stessa Corte dei conti aggiornati a febbraio.





Compito che deve spettare principalmente ai Centri per l’Impiego, oltre che ai navigator, nuove figure assoldate per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta, e ora al centro di polemiche politiche per i non trascendentali risultati ottenuti.

Dalla fotografia emerge, innanzitutto che oggi il numero di iscritti in cerca di lavoro in Abruzzo è di 62.148, per una media di 1.942 a sede, e più precisamente 18.145 tra 18 e 29 anni,  27.296 tra 30 e 50 anni e 16.707 over 50.

In Italia gli iscritti sono 1,3 milioni per una media di 4.234 per ciascuna sede.

Risulta che, complessivamente, i registrati ai Cpi che hanno trovato impiego nel 2017 sono stati pari a 1.093.068, nel 2018 pari a 1.447.093 e nel 2019 pari a 1.138.981.

Nel 2019 però si è registrato un forte calo delle persone che hanno trovato lavoro.

E questo dipende dal calo registrato in tre regioni: l’Abruzzo (- 60,2 per cento), dalla Sicilia (49,6 per cento) e dalla Campania (44,7 per cento).

In Abruzzo infatti si passati dal 69.700 circa del 2017 e 2018 al 27.763 del 2019.





Nel 2020 i Centri dell’impiego abruzzese hanno svolto 100.248 attività, di cui la maggior parte di accoglienza, 60.621, ovvero le iscrizioni delle persone in cerca di occupazione, hanno svolto
19.517  attività di orientamento e  14.580 attività di accompagnamento al lavoro.

La regione nella quale si evidenzia una dislocazione più capillare di strutture operative è la Puglia con l’11,68 per cento del totale dell’intera Rete nazionale, seguita dalla Lombardia (11,10 per cento) e dalla Sicilia (9,24 per cento). contrario, appaiono avere un numero più ridotto di enti attivi sono le Marche con l’1,77 per cento e la P.A. Trento con l’1,62 per cento del totale generale. L’Abruzzo è sotto la media, con il 4,3%.

Nell’analisi dei dati sul costo del personale che ha operato presso i Centri per l’impiego, i dati riferiti all’Abruzzo mancano, non essendo stati comunicati.

Nel 2020 i dipendenti sono scesi in Italia a 6.584 dipendenti in Italia,  e sui 349,7 milioni necessari, si è speso per il personale 139,6 milioni il 39,92%.  In Abruzzo i 2020 i dipendenti sono scesi a 163 e il costo complessivo dei centri per l’impiego sono stati 9,2 milioni di euro.

Commenta dunque la Corte dei Conti: “La precarietà del mercato del lavoro impone una profonda ridefinizione della politica per l’occupazione e presuppone che la riorganizzazione dei Centri per l’impiego offra la possibilità di operare secondo modelli gestionali validi, in grado di
assicurare il raggiungimento degli obiettivi – intesi sia in termini di efficienza dell’organizzazione, sia di efficacia dei servizi erogati – per adeguare il sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro e diretto alla personalizzazione degli interventi forniti.

“Per il personale già in organico appare rilevante prevedere percorsi di formazione ed aggiornamento, pianificando progetti e avviando strategie formative non solo
rispetto ai procedimenti e le attività funzionali dei Centri, ma anche per assicurare la
professionalità specifica connessa all’attuazione del reddito di cittadinanza – tra cui,
ad esempio, l’implementazione progressiva della Piattaforma digitale – e all’utilizzo
dei sistemi informativi dedicati”, afferma ancora.

Non dimenticando però il problema di fondo: “Tuttavia, è necessario evidenziare che nel nostro Paese l’assenza di un’offerta di lavoro ricca e intensa (particolarmente qualificata) e di un mercato del lavoro conosciuto e conoscibile impedisce, di fatto, ai Centri per l’impiego di costituire
l’anello di congiunzione per una occupazione sostenibile e per una collocazione lavorativa ideale”

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