ROMA – È iniziato ufficialmente questa mattina il nuovo anno scolastico per 7.286.151 studentesse e studenti, per un totale di 366.310 classi nelle scuole statali ma davanti agli istituti è stato subito evidente come la crisi energetica preoccupi il mondo della scuola più del Covid.
I ragazzi infatti sono apparsi ovunque felici di poter entrare in aula, dopo tre anni, senza le mascherine e riuscire a vedersi, a sorridere e a parlare liberamente. Via anche i controlli della temperatura, la dad per i malati, il distanziamento e gli ingressi scaglionati.
Ma a dominare, ora, sono i timori sull’approssimarsi dell’inverno, sul conseguente calo delle temperature e sul forte aumento del prezzo del gas.
Contro i rincari dell’energia c’è chi, come il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ritiene che anche “la riduzione di un giorno scolastico, togliendo il sabato, può essere una strada già sperimentata altrove senza conseguenze negative”.
Ma sul tema i presidenti delle Regioni, i sindaci e gli assessori sono molto divisi.
“Abbassare di brutto le temperature nel fine settimana e riaccendere per il lunedì con condizioni di freddo alpino, non comporta risparmio energetico”, osserva l’assessore all’Istruzione della Valle d’Aosta, Luciano Caveri. La collega assessore al Comune di Napoli, Maura Striano sostiene “da pedagogista di vedere con diffidenza e preoccupazione l’ipotesi di mandare gli studenti a casa o tenerli a scuola meno tempo per il caro energetico. Lo Stato intervenga a supportare la scuola”. Molto preoccupato per il caro bollette è il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, che chiede anche lui l’intervento dello Stato. Contrario all’ipotesi di settimana corta a scuola è il presidente della Toscana, Eugenio Giani “non la condivido. Basta con la Dad, è un supporto, ma non deve condizionare il calendario scolastico” e sulla stessa lunghezza d’onda, pur sul fronte politico opposto, è il governatore delle Marche Francesco Acquaroli: “non credo che i giovani debbano pagare ancora, dopo due anni di restrizioni e di dad, rinunciando di nuovo ad una ritrovata normalità nella scuola”.
Drastica l’assessora all’Istruzione di lingua tedesca in Alto Adige, Philipp Achammer, “è una totale sciocchezza prendere in considerazione la settimana corta a scuola, dopo due anni scolastici in cui le lezioni in presenza sono state più volte sospese, per risparmiare costi di riscaldamento”. “I ragazzi devono andare a scuola e la guerra deve rimanere fuori; si trovino altre soluzioni”, esorta il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio. Chiede di pensare sì al risparmio energetico ma non iniziando dalla scuola, l’assessore regionale all’Istruzione del Friuli Venezia Giulia, Alessia Rosolen. ‘No’ netto alla settimana corta a scuola anche dal presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto.
Il Codacons già annuncia ricorsi collettivi contro eventuali provvedimenti locali o nazionali che prevedano il sabato a casa e l’attivazione della Dad. I presidi fanno notare che già l’80% degli istituti scolastici adotta da tempo la ‘settimana corta’ mentre tutte le maggiori sigle sindacali sono decisamente contrarie a ridurre il tempo scuola in presenza, “si risparmi tenendo chiusi i centri commerciali la domenica o mettendo in smartworking per più giorni i lavoratori della Pa”, dicono.
Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, rassicura: “il governo non ha mai parlato di settimana corta a scuola; siamo convinti che tutti dobbiamo affrontare le problematiche del caro energia, ma la scuola ha già dato”.
E mentre nelle scuole superiori, soprattutto delle grandi città, è ancora elevato il numero delle classi affollate, anche con 28-30 o più studenti, è sempre più evidente, negli altri ordini scolastici, il calo delle nascite che ha portato ad una perdita di ben 858 mila allievi in 10 anni. Le scuole paritarie hanno sofferto più di tutte: il calo delle iscrizioni è verticale, quasi il 30%.
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