ROMA – È ancora stretta sul fronte dei consumi. Con gli italiani che continuano a spendere di più per comprare di meno. Per cui le vendite al dettaglio a maggio, rispetto ad un anno prima, risultano positive sotto il profilo del valore (+3%) ma non del volume (-4,7%). A partire dagli alimentari.
La colpa è dell’inflazione ma anche della primavera più fredda del solito che ha frenato gli acquisti dei capi di stagione. Che ora si attende possano recuperare sprint con i saldi partiti giovedì 6 luglio in tutto il Paese.
Così, gli ultimi dati dell’Istat fotografano il boom dei discount (+11%) e, all’opposto, la crisi dei negozi (-0,6%).
Ma, nel pieno dell’estate, il caro prezzi colpisce anche voli e il ministro delle Imprese e made in Italy, Adolfo Urso, assicura un intervento “nei prossimi giorni affinché le compagnie comprendano che almeno su alcune rotte i prezzi siano calmierati”.
Gli aerei sono pieni di turisti, il prezzo del carburante rispetto all’anno scorso si è ridotto di oltre il 30% e dunque – è il suo ragionamento – “non è assolutamente giustificato che, a sette mesi dal calo del carburante, ci sia un aumento medio che per alcune compagnie supera il 40%”.
I segnali dal commercio, intanto, non sono del tutto convincenti. Secondo i dati Istat, a maggio le vendite al dettaglio aumentano, rispetto al mese precedente, dello 0,7% in valore e dello 0,2% in volume. Ma nel confronto annuo segnano rispettivamente +3,0% e -4,7%. Il gap è più accentuato per le vendite dei beni alimentari: +7,7% in valore e -3,8% in volume, sempre su base annua.
Una dinamica che riaccende l’allarme dei consumatori: si acquista meno cibo e bevande e si spende molto di più, dicono all’unisono.
“Gli italiani sono ancora costretti a tirare la cinghia e a fare una dieta forzata”, dice l’Unc. Mentre il Codacons calcola che al netto dell’inflazione la spesa diminuisce in un anno di 1.375 euro a famiglia.
Cambiano, quindi, anche le abitudini e volano le vendite nei discount alimentari: a maggio crescono in valore dell’11% annuo e mettono a segno l’incremento più elevato da settembre 2022. Nel complesso vince la grande distribuzione (+6,5% annuo), mentre rallenta il commercio elettronico (+1,5%) e al contrario perdono terreno le imprese operanti su piccole superfici (-0,6%), ovvero i negozi e i minimarket. Ma, rispetto ad un anno prima, scendono anche le vendite dei beni non alimentari e tra i diversi prodotti registrano i cali più forti i settori delle calzature e articoli in cuoio e da viaggio (-9,0%) e dell’abbigliamento e pellicceria (-3,8%).
“L’inflazione svuota portafogli e buste della spesa. Un contesto particolarmente difficile per i negozi, che per contenere i prezzi sono costretti a ridurre i propri margini, già sotto pressione”, commenta Confesercenti. Il quadro complessivo è “incerto” e “i consumi restano deboli”, sottolinea Confcommercio, aggiungendo che dopo un primo trimestre favorevole “l’idea prevalente è che il 2023 procederà a ritmi molto lenti, sempre sul crinale di un moderato, ma doloroso, rischio di recessione”.
Le associazioni dei consumatori chiedono al governo di intervenire e individuare un paniere a prezzi calmierati, come rilancia Assoutenti.
- SI SPENDE DI PIU’ MA SI COMPRA DI MENO: ANCORA STRETTA SUL FRONTE CONSUMIROMA - È ancora stretta sul fronte dei consumi. Con gli italiani che continuano a spendere di più per comprare di meno. Per cui le vendite al dettag...