L’AQUILA – Le vittime del terremoto del 6 aprile 2009 non hanno colpe: la nuova sentenza al Tribunale dell’Aquila, sottoscritta dal giudice Baldovino De Sensi, segna un deciso cambio di rotta rispetto a quella che ha provocato un vespaio di polemiche di due mesi fa della giudice Monica Croci per il crollo di via Campo di Fossa, che, nel quantificare il risarcimento ai familiari delle vittime, aveva introdotto il concetto di parziale corresponsabilità da parte di chi era rimasto a dormire in casa quella maledetta notte.
La sentenza di De Sensi, che ha sostituito Croci nel ruolo civile, riguarda questa volta la richiesta di risarcimento avanzata dai familiari di Luciana Pia Capuano, 21enne di San Giovanni Rotondo, che nel 2009 ha perso la vita, assieme ad altre sette persone, nella Casa dello studente di via XX Settembre. E non si fa nessuna menzione a corresponsabilità e conseguenti attenuanti.
Come riferisce il quotidiano Il Centro, per la sua morte sono stati condannati a risarcire la Regione Abruzzo, in quanto proprietaria dello stabile, l’Azienda per il diritto agli studi universitari che gestiva lo studentato; i tecnici che a vario titolo si sono occupati dei lavori di ristrutturazione dell’edificio, gli ingegneri Bernardino Pace, Pietro Centofanti, Tancredi Rossicone e Pietro Sebastiani, “responsabili della ristrutturazione effettuata alla fine degli anni Novanta”, con Sebastiani presidente dalla commissione di collaudo dei lavori di restauro e risanamento conservativo,
La sentenza firmata da De Sensi cita la norma che “prevede che il proprietario di un edificio risponda dei danni causati a terzi dalla rovina dello stesso”. E spiega che “la causa per gli edifici crollati non è consistita nella violenza del terremoto e dei relativi picchi di accelerazione, bensì nelle diverse modalità di progettazione e di manutenzione degli stessi. In altre parole, è emerso che solo gli edifici che presentavano importanti vizi progettuali e manutentivi siano crollati”.
La Regione Abruzzo e Azienda per il diritto agli studi sono stati perciò condannati a risarcire il 60% della somma riconosciuta alla famiglia Capuano, rappresentata dagli avvocati Valentina Bozzelli e Arnaldo Tascione, mentre il 40% del risarcimento è a carico dei tecnici.
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