L’AQUILA – “Tra ricostruzioni immaginifiche e inganni, mia figlia è morta ancora una volta, tradita da chi l’aveva rassicurata e da chi non le ha garantito giustizia. Questi pronunciamenti illogici si possono spiegare solo in un modo: la necessità di rimanere drammaticamente coerenti dopo una sentenza penale vergognosa. Così diventa tragicamente sensato pensare che mia figlia abbia deciso di morire la notte del 6 aprile 2009”.
Non ha più parole, ripete di continuo ad AbruzzoWeb, avvilita, l’avvocato di Lanciano (Chieti) Maria Grazia Piccinini, mamma di Ilaria Rambaldi, morta a 25 anni la notte del terremoto all’Aquila, dove studiava ingegneria edile.
Piccinini, dopo 15 anni di lotta alla ricerca di giustizia, si trova oggi a fare i conti con una nuova sentenza shock, in sede civile, con la quale è stata respinta la richiesta di risarcimento per la morte di Ilaria in quanto, secondo la Corte d’Appello dell’Aquila – presidente Francesco Filocamo, consiglieri Silvia Rita Fabrizio e Alberto Iachini Bellisarii – la ragazza sarebbe morta per il suo “attaccamento al dovere”.
“Colpevole”, insomma, di essere rimasta all’Aquila: “considerato l’attaccamento al dovere della ragazza, l’impellente esigenza di terminare le ore di laboratorio (dalla stessa definite un ‘incubo’ nel parlarne con la madre), il fatto che la stessa conviveva ormai da mesi col terremoto e che neppure a seguito della più forte scossa del 30 marzo aveva scelto di (dormire all’aperto) lasciare la città, appare improbabile che le informazioni veritiere e corrette che attendeva per prendere una decisione l’avrebbero indotta a lasciare la città. Conclusivamente non vi è prova del nesso causale tra la condotta del convenuto chiamato e le decisioni della vittima che ne determinarono il decesso”, si legge nella sentenza.
“Oggi scopro che mia figlia si è voluta suicidare, addirittura sostengono che, anche qualora l’avessero avvisata del pericolo, lei avrebbe deciso di restare comunque”, dice Piccinini.
Il passaggio citato nella sentenza è: “appare improbabile che le informazioni veritiere e corrette che attendeva per prendere una decisione l’avrebbero indotta a lasciare la città'”.
“Appare improbabile sulla base di cosa? Dove lo ha fondato il giudice questo convincimento? Dov’è la prova? Cosa è successo in quei giorni lo ricordiamo tutti o lo ricordo solo io? – chiede Piccinini – Mia figlia, come tutti gli aquilani e tanti altri ragazzi che studiavano in città era stata rassicurata. La vita continuava, all’Aquila erano tutti illusi e ipnotizzati dalla teoria di scarico dell’energia, non facevano altro che ripetere che tutte quelle scosse erano un bene, perché ‘scaricavano’. ‘State tranquilli, bevete un buon bicchiere di Montepulciano'”.
Il riferimento è alla Commissione Grandi Rischi che si era riunita all’Aquila il 31 marzo del 2009, cinque giorni prima del tragico sisma, lanciando falsi messaggi rassicuranti: su questa vicenda, dopo il sisma il Tribunale dell’Aquila aveva condannato a sei anni i sette scienziati che avevano partecipato alla riunione, assolti poi in appello ad eccezione di Bernardo De Bernardinis, vice capo della protezione civile, la cui condanna a due anni è stata confermata dalla Cassazione. De Bernardinis, che aveva presieduto la riunione al posto dell’allora capo della protezione civile nazionale, Guido Bertolaso, aveva inviato, subito dopo la riunione messaggi rassicuranti che avrebbero indotto gli aquilani a non prendere le misure tradizionali, tra cui uscire di casa dopo una scossa.
“Nonostante questo oggi ci troviamo ad analizzare frasi senza senso, un affronto alla logica – sottolinea Piccinini – forse per giustificare l’assoluzione di 5 su sei componenti della Commissione Grandi Rischi e la condanna di una sola persona. E così, mentre Francesco Schettino – l’ex comandante considerato il principale responsabile del tragico naufragio della nave Costa Concordia, che portò alla morte di 32 persone – è stato condannato a 16 anni per De Bernardinis bastano i 2 anni, oltre a una serie di sentenze che ridimensionano il suo comportamento”.
Quella di Ilaria Rambaldi è un’altra sentenza che ha fatto parecchio rumore, dopo il pronunciamento che ha confermato quello di primo grado del 2022, che aveva scagionato la presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità per la morte di sette studenti in vari crolli nel terremoto di circa 15 anni fa. Secondo i giudici, le cause sono da ricercare nelle decisioni dei ragazzi assolvendo da ogni colpa, come in primo grado, la Commissione Grandi Rischi. I familiari delle giovani vittime non solo non avranno nessun risarcimento, ma dovranno anche pagarsi le spese legali, quasi 14 mila euro.
A tal proposito, significativo quello che i magistrati scrivono su Nicola Bianchi, una delle vittime: “al di là del fatto che non v’è prova della fonte della conoscenza della riunione del 31 marzo e della motivazione della rassicurazione tratta – sicché non v’è alcun elemento che la colleghi proprio alle dichiarazioni del De Bernardinis – gli stessi appellanti non contestano che, stando alle sommarie informazioni testimoniali dei genitori (che, parimenti, non si rinvengono agli atti), il ragazzo decise di restare all’Aquila poiché aveva un esame il giorno 8 aprile e la notte del sisma, dopo la scossa delle ore 22.48, uscì in strada, circostanze che contrastano con la tesi che egli avesse così agito sentendosi tranquillizzato sulla base delle dichiarazioni del De Bernardinis e ormai non ritenendo più pericolose le scosse”.
Insomma il “colpevole” è Nicola, che aveva deciso di restare per dare un esame e, inoltre, era addirittura uscito in strada quella sera preoccupato per le scosse. Quindi, in sostanza, non era affatto tranquillo.
“Anche Ilaria è uscita in strada quella notte – ricorda Piccinini – Intorno alle 23 si è riparata sotto a un cornicione, però ha deciso di rientrare perché faceva freddo, pensando, tra le altre cose, fosse ancora più pericoloso restare lì, esposta al rischio che potesse crollarle addosso qualcosa”.
Fu anche imprudente a non uscire dopo la seconda scossa in meno di due ore, quella di magnitudo 3.5 che precedette di qualche ora l’evento sismico disastroso delle 3.32. La famosa “condotta incauta” del primo grado, per Piccinini non ha alcun senso: “il comportamento incauto si verifica in concorso di colpa ma non come esclusiva. In questo caso si è verificato l’esatto contrario: qui hanno detto di stare tranquilli”.
“Non so più cosa pensare, è come se fosse stato tutto manipolato, le nostre parole, le nostre testimonianze – osserva Piccinini – Come la frase ‘l’incubo del laboratorio’. È vero, per Ilaria aveva gli incubi, ma proprio a causa delle scosse, non perché mia figlia avesse qualche tipo di problema di non so quale natura. E lei si aspettava addirittura la chiusura dell’Università, che invece non hanno mai chiuso. E poi la testimonianza dell’amica, Valeria, rimasta per ore sotto le macerie, reputata non attendibile perché è passato ‘troppo tempo per ricordare’ . Così scopriamo che lei non sarebbe attendibile perché impossibilitata a ricordare – parliamo di attimi drammatici che invece purtroppo non dimenticherà mai – e invece chi non c’era magari adesso ne sa più di lei. Davvero, sembra di sognare”.
“Mia figlia sarebbe stata quindi una povera pazza, niente di più – rimarca Piccinini – Una che ha deciso di morire e basta, e poco contano le rassicurazioni, una casa apparentemente sicura che invece poi si è sgretolata. Niente, ha fatto tutto da sola ed è morta casualmente insieme ad altre 308 persone”.
“Questo è l’ultimo capitolo, con la doppia conforme Cartabia non c’è neanche il ricorso in Cassazione. Non c’è speranza di giustizia. A forza di prendere schiaffi in faccia ti senti sbeffeggiato e inutile. È la morte definitiva”.
ANM: “TRAVISATE LE MOTIVAZIONI”
Dopo il rumore provocato dalle sentenze, la Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Associazione nazionale magistrati ha espresso preoccupazione “per la visione distorta emergente” dagli organi di informazione a commento delle sentenze della sezione civil della Corte d’Appello dell’Aquila n. 790/2024 del 5 giugno e n. 749/2024 del 30 maggio, di rigetto della richiesta di risarcimento danni avanzata dai parenti delle vittime del sisma dell’Aquila, anche riportando tra virgolette, a proposito delle giovani vittime dei crolli, espressioni quali “condotta incauta” e/o “comportamento colpevole” che, evidenzia l’Anm, “non si
rinvengono affatto nel testo delle sentenze”.
E più in generale – sostiene in una nota la Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Anm – “accreditando incredibilmente l’inesistente idea che il disconoscimento della responsabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri nella morte dei giovani sia derivato da un giudizio critico sulla condotta tenuta dai medesimi, giudizio che, invece, è totalmente assente nelle sentenze, travisando completamente le ragioni della motivazione delle decisioni”.
Per l’Anm Abruzzo “le decisioni prese dalla Corte d’Appello di L’Aquila, fondandosi su valutazione probatoria dell’istruttoria svolta da un punto di vista oggettivo, non contengono, diversamente da quanto fatto apparire sugli organi di divulgazione mediatica, il minimo giudizio di valore sulla condotta delle vittime, considerato infatti che, contribuendosi a dare una immagine del tutto deformata dell’operato della magistratura aquilana, è stato anche omesso di riferire che, in altri casi analoghi, sulla base di risultanze probatorie diverse, la Corte di Appello ha affermato la responsabilità dei diversi convenuti, condannandoli al risarcimento dei danni in favore dei congiunti delle vittime”.
In sostanza “nelle sentenze criticate non è emerso alcun giudizio critico con riferimento alle condotte delle vittime, mentre le conclusioni delle sentenze sono il risultato della valutazione effettuata dai giudici del compendio delle prove raccolto nel processo, le uniche che possono essere considerate ai fini della decisione, e degli oneri probatori che costituiscono le regole a cui il giudice, in applicazione della legge, deve conformarsi”.
L’Anm Abruzzo esprime solidarietà ai colleghi ed all’immagine stessa della Corte d’Appello di L’Aquila, ed auspica “che le notizie relative a vicende tanto delicate ed oggetto di sentenze della Corte siano trattate con la necessaria attenzione e verifica delle informazioni oggetto di divulgazione, così da evitare inutili deformazioni della realtà idonee solo a creare discredito ingiustificato negli organi della magistratura”.
La Giunta esecutiva distrettuale Abruzzo dell’Anm sottolinea “quanto sia importante che la legittima critica della stampa nei confronti delle decisioni del giudice sia sempre saldamente ancorata al contenuto di esse, contenuto che, pur sintetizzato per la fruizione del cittadino utente, non può mai essere omesso
o alterato”.
PICCININI: “DOVE SONO LE PROVE?”
A seguito della nota dell’Anm, interviene nuovamente Piccinini: “Nessuno ha detto che abbiano espresso giudizi, ma che cosa si ottiene a descrivere una persona con quei termini? Mia figlia non era una ossessionata dallo studio, aveva una vita completa, piena. Usciva, aveva tanti amici, un fidanzato con il quale stava progettando un futuro, una famiglia a cui era molto legata. Non era una pazza ossessiva chiusa in casa a studiare nonostante le scosse”.
E ancora: “Non ci sono prove che attestino le argomentazioni sulle quali è stata fatta la sentenza. Sono le mie dichiarazioni ad essere state travisate e riportate in parte, soprattutto per quanto riguarda ‘l’incubo del laboratorio’. Un errore riportato nella sentenza è quello che fa riferimento alla data del 31 marzo quando in realtà Ilaria non era all’Aquila quel giorno. Il giorno delle scosse in questione era il 30 marzo, quello sì che mia figlia lo ha passato tutto il tempo in Piazza Duomo, per paura. Poi è rientrata perché faceva freddo, come hanno fatto tutti all’Aquila”.
“Inoltre, come si fa a dire che una persona che ha passato un intero giorno sotto le macerie non è attendibile? Valeria non dimenticherà mai niente di quelle ore. Chi più di lei può raccontare cosa è successo, chi non c’era?”.
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- SISMA L’AQUILA: PICCININI, “MIA FIGLIA NON VOLEVA MORIRE, MISTIFICATA REALTA’, TRADITI DI NUOVO”L'AQUILA - "Tra ricostruzioni immaginifiche e inganni, mia figlia è morta ancora una volta, tradita da chi l'aveva rassicurata e da chi non le ha gar...