SNAM: COMITATO, “GOVERNO AUTORIZZA DISTRUZIONE VILLAGGIO PROTOSTORICO, CRIMINE CULTURALE”

21 Gennaio 2025 09:25

L'Aquila - Cronaca, Gallerie Fotografiche

SULMONA – “A Case Pente di Sulmona, per consentire alla Snam di costruire la sua centrale, il Governo ha autorizzato la distruzione di preziose testimonianze archeologiche di 4.200 anni fa. Non alcune capanne, come si pensava inizialmente, ma un grande villaggio con 40 capanne, tettoie e recinti per animali, è quello che è emerso a Case Pente di Sulmona dagli scavi di archeologia preventiva”.

Parla di “crimine storico e  culturale”, in una nota, Mario Pizzola, del Coordinamento Per il clima Fuori dal fossile, di Sulmona, che spiega: “L’insediamento umano, nel lato sud della Valle Peligna, risalirebbe – secondo la Soprintendenza archeologica dell’Aquila – ad un periodo compreso tra l’Eneolitico finale e l’età del Bronzo Antico, quindi a circa 4200 anni fa. Questa eccezionale scoperta getta nuova luce sulla storia di Sulmona che la leggenda vuole fondata da Solimo, compagno di Enea, quindi in un’epoca successiva alla guerra di Troia, datata intorno al 1200 a.C. L’esistenza del grande villaggio protostorico dimostra che la piana di Sulmona era abitata già 1000 anni prima”.





“Ma le tracce di questo antichissimo insediamento non ci sono più o sono state eliminate in gran parte perché gli organi del Ministero della Cultura incredibilmente ne hanno autorizzato la distruzione  osserva – al fine di consentire alla Snam di costruire la sua inutile, illegale e dannosa centrale di compressione. Qualora il Ministero avesse apposto il vincolo archeologico sull’area, come sarebbe stato logico, la Snam sarebbe stata costretta a delocalizzare l’impianto e conseguentemente avrebbe perso il finanziamento di 180 milioni di euro stanziati dall’Europa attraverso il Pnrr. L’interesse economico della Snam, dunque, ha avuto il sopravvento sulla tutela del nostro patrimonio archeologico: un vero e proprio crimine storico e culturale autorizzato dal Governo con il silenzio complice delle Amministrazioni pubbliche del territorio”.

“Gli scavi archeologici di Case Pente – continua – hanno riportato alla luce una quantità di reperti che confermano pienamente il giudizio che nel 2008 espresse l’allora Soprintendenza archeologica quando negò l’autorizzazione alla società Lafarge Cementi che in quell’area intendeva aprire una cava. Quel diniego, infatti, fu motivato dal fatto che Case Pente costituisce “un complesso archeologico tra i più importanti della Valle Peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli”.

“Dall’accesso agli atti da noi effettuato presso la Soprintendenza archeologica dell’Aquila risulta che a Case Pente, oltre al grande villaggio protostorico, sono state rinvenute finora emergenze archeologiche tali da farne un unicum di elevato valore: una necropoli di epoca romana con 90 tombe a fossa (dall’VIII sec. a.C. al I sec. d.C.); una necropoli di età protostorica con 28 tombe a fossa foderate da elementi lapidei; un edificio rustico di età romana (I – III sec. d.C.) con 15 ambienti; una fornace romana per la produzione di tegole; una strada di epoca romana con piano glareato; un edificio termale romano; un dolio (grande vaso interrato per la conservazione di bevande e cibi); una piccola vasca di epoca romana e resti di antiche mura”.





“È ancora possibile salvare Case Pente e trasmettere alle future generazioni le testimonianze storiche dell’antico popolo dei Peligni ivi rinvenute e che rischiano di scomparire per sempre? Forse un’ultima tenue possibilità ci sarebbe ancora se i nostri rappresentanti istituzionali e politici, a tutti i livelli, si svegliassero dal profondo ‘sonno della ragione’ in cui sono precipitati e che ha generato i ‘mostri’ del profitto, della irresponsabilità e della distruzione”, conclude.

 

 

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