STAGIONALI INTROVABILI: “NON ERA COLPA DEL RDC, MA DELLE CONDIZIONI LAVORO INACCETTABILI”

SINDACALISTA FILCAMS QUARANTA, "ANCHE QUEST'ANNO DILAGANO PAGAMENTI FUORI BUSTA, SALARI DI 3 O 4 EURO L'ORA PER TURNI DA 12 ORE, SETTE GIORNI SU SETTE. E MOLTI GIOVANI VANNO ALL'ESTERO DOVE SI GUADAGNA IL DOPPIO E I DIRITTI SONO RISPETTATI". "INVITO A DENUNCIARE, LE VERTENZE LE VINCIAMO QUASI TUTTE"

di Filppo Tronca

31 Maggio 2024 07:24

Chieti - Lavoro

TERAMO – Puntualmente come ogni anno, si alzano anche in Abruzzo a inizio della stagione turistica le accorate lamentazioni dei ristoratori, gestori di albergo e di stabilimenti balneari, per la difficoltà a trovare personale stagionale. E questa volta non c’è più nemmeno la possibilità di dare la colpa al vituperato reddito di cittadinanza, pressoché abolito dal governo di Giorgia Meloni, e ai giovani che preferiscono poltrire sul divano, potendo godere dell’assegno mensile girandosi i pollici e giocando alla play station.

Contattato da Abruzzoweb Vincenzo Quaranta, sindacalista teramano della Filcams Cgil, intende dunque denunciare che la ragione vera di questa carenza di manodopera, dati alla mano, riguarda le condizioni di lavoro molto poco appetibili.

E poco o nulla è cambiato rispetto al desolante scenario emerso l’anno scorso nella campagna nazionale “Mettiamo il turismo sottosopra”, con volantinaggi anche in tutti gli stabilimenti della costa adriatica abruzzese,  al fine di sensibilizzare e informare i lavoratori stagionali, per metterli in condizione di ottenere i loro diritti. E poi dalla la pioggia di vertenze che la Filcams e lo stesso Quaranta hanno portato avanti, con quasi sempre i lavoratori che hanno vinto.





“La realtà è molto semplice – spiega Quaranta -: in media nella costa teramana, punta di diamante del turismo balneare abruzzese, ad uno stagionale in uno stabilimento balenare viene offerto un compenso di 1.400 euro al mese. Ma badate bene, per lavorare sette giorni su sette, anche più di 12 ore al giorno, senza riposo settimanale. Di fatto 3 o 4 euro l’ora, che è una paga da fame”.

Ma la cosa più grave è il fenomeno, ancora dilagante, del lavoro grigio, ovvero dei contratti regolari che prevedono poche ore, pagate secondo i crismi, ma poi si lavora molto di più, e la restante parte del compenso viene versata brevi manu, in nero ed esentasse per il datore.

“Purtroppo la piaga del lavoro grigio comporta un grandissimo danno per i lavoratori e anche per le casse dello Stato, per il mancato versamento di tasse e contributi – spiega il sindacalista -. Ci sono stati casi di lavoro full time di stagionali che avevano però addirittura un contratto di sole due ore a settimana, ma ne lavoravano oltre 80. Nella media, su un compenso di 1.400 euro, 500 euro sono in busta paga, gli altri 900 euro fuori busta.  In questo modo i datori di lavoro abbattono il costo del lavoro. Ma questo, per i lavoratori, ciò ha ripercussioni immediate sull’entità della Naspi, la Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego, a cui hanno diritto, concluso il rapporto di lavoro stagionale”.

I conti sono presto fatti: l’assegno di disoccupazione della Naspi viene calcolato al 75% della retribuzione, quella regolarmente dichiarata in busta paga, e viene percepita per la metà del tempo rispetto a quanto si lavorato.

Mettiamo dunque il caso che il lavoratore percepisca i famosi 1.400 euro al mese, di cui 900 però fuori busta: la Naspi si applica solo sui 500 euro, e fa 375 euro,  invece di 1.050 euro. Di fatto dunque uno stagionale in questa condizione, che ha lavorato 4 mesi, invece di prendere 2.100 euro di Naspi (relativa a due mensilità su quattro), prende appena 750 euro, e ciò significa che gli sono stati sottratti 1.350 euro a cui aveva sacrosanto diritto, per una norma dello Stato. E inoltre non va dimenticato che avrà molti meno contributi pensionistici versati, con ripercussioni negative anche per il Tfr e la malattia.





L’invito è dunque quello “di denunciare questi gravissimi illeciti al nostro sindacato, che può garantire una tutela legale efficace e lo hanno dimostrato le vertenze che abbiamo attivato a fine stagione dell’anno scorso, e che abbiamo quasi tutte vinte, con i lavoratori che hanno ottenuto tutto quello che gli spettava, anche perché i datori di lavoro preferiscono conciliare piuttosto che impelagarsi in vertenze perse in partenza, e  che rischiano di diventare ancor più dispendiose”.

Ma soprattutto si accalora il sindacalista, “i lavoratori sono nelle condizioni ora, a inizio stagione, di chiedere subito, preventivamente, condizioni lavorative e retributive ottimali e legali, proprio perché c’è carenza di personale, e dunque la loro forza contrattuale aumenta e hanno anche la possibilità di scegliere”.

Valerio Di Mattia, presidente dell’associazione dei ristoratori abruzzesi Aria e della Fipet-Confesercenti Teramo,  ha confermato che “la carenza di personale è diventata strutturale, io stesso ho deciso di adattarmi riducendo il numero di coperti nella mia attività. Il problema lo viviamo tutto l’anno, ma in estate si acuisce”. E ha poi aggiunto che “gli stipendi sono migliorati, e quello dei salari è un falso problema. Resta forse la questione degli orari, ma sempre più attività stanno andando incontro ai lavoratori riducendo l’orario spezzato e prevedendo, come nella ristorazione, turni unici a pranzo oppure a cena”.

Vero, ma solo in parte, commenta Quaranta, perché purtroppo, “in tanti casi quello del salario e della qualità del lavoro non sono un falso problema, ma il problema principale, e le associazioni di categoria devono guardare in faccia la realtà, lo sfruttamento esiste eccome, anche quest’anno, e devono essere loro le prime a contrastarlo, perché rappresenta una concorrenza sleale per gli operatori onesti e che rispettano le regole. Ne va anche della qualità del servizio che passa per la fidelizzazione e professionalizzazione degli addetti. Anche quest’anno tanti giovani, tra cui ottime professionalità, andranno a fare la stagione all’estero. Del resto come dargli torto: prendiamo un aiuto cuoco, in Germania guadagna 3.000 euro al mese, in Abruzzo neno della metà. Un cuoco, sempre in Germania, prende 5.000 euro al mese, qui anche con tanti anni di servizio circa 2.000 euro, e spesso con solo 1.000 euro in busta paga.  E soprattutto in Germania c’è il giorno di riposo, e non c’è quasi mai lavoro grigio”.

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