L'AQUILA – Nell'epoca del surriscaldamento globale registrato da gran parte della comunità scientifica, che sta causando forti ridimensionamenti di superfici ghiacciate sul Pianeta, dalla cima più alta dell'Appennino si fa largo una notizia “eretica” in controtendenza che fa tirare un sospiro di sollievo.
Il ghiacciaio del Calderone, il più a sud d'Europa tra i 2.650 e i 2.850 metri sul Gran Sasso d'Italia, sarebbe infatti in espansione e il nevaio presente sullo stesso versante, a 2.400 metri accanto al rifugio Franchetti, si sta trasformando in ghiacciaio.
A svelarlo è Davide Peluzzi, 50enne di Nerito di Crognaleto (Teramo), alpinista di fama che ha guidato impegnative spedizioni sull'Himalaya.
“In Antardite quest'anno è stata registrata una temperatura di 100 gradi sotto lo zero e il ghiaccio sta aumentando”, dice ad AbruzzoWeb citando lo studio pubblicato su Geophysical Research Letters.
“Lo scorso anno, dopo quel caldo terribile, sotto al nevaio del Gran Sasso c'era ancora uno spessore di ghiaccio vivo di 26 metri, e quest'anno la neve è rimasta sopra al ghiaccio – aggiunge Peluzzi – è qualcosa di straordinario, c'è uno strato di terreno ghiacciato ricoperto da neve tutto l'anno, c'è permafrost!”, dice quasi emozionato.
“La notizia eccezionale è che il nevaio perenne è in forte espansione per il mese di settembre. Stiamo assistendo alla nascita di un futuro ghiacciaio. Il limite glaciale sul Gran Sasso si è abbassato di 280 metri, alla quota stabile da oltre 20 anni di 2.400 metri sul livello del mare”.
“Rocce e detriti, a circa 2.400 metri, sono ghiacciati, il geologo Massimo Pecci negli anni scorsi sistemò una strumentazione in grado di misurare le temperature del suolo e confermò la presenza del ghiaccio. Dallo scorso anno questa superficie è in forte espansione, e in tutta la conca del Vallone delle Cornacchie durante l'estate il ghiaccio non si è sciolto, superando dunque il momento più critico”, svela Peluzzi, che ha immortalato il chiodo da ghiaccio in titanio che ha utilizzato per calarsi nei crepacci, con una profonda carota di ghiaccio che dimostra la profondità dello strato.
“Si stanno formando anche le morene”, aggiunge l'alpinista, “accumuli di sedimenti costituiti dai detriti rocciosi trasportati dal ghiaccio stesso”.
Una buona notizia, insomma, dopo che lo scorso anno proprio i gestori del rifugio Franchetti e altri alpinisti avevano denunciato il dissolvimento del ghiacciaio del Calderone. Un allarme al quale, già allora, Peluzzi aveva inteso rispondere affermando che “il ghiacciaio del Calderone è vivo e vegeto, sotto uno strato di breccia ci sono fino a 21 metri di ghiaccio fossile”.
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