SULMONA: FU INSULTO POLITICO, ASSOLTO DI MASCI. SALVATI CONTESTA SENTENZA, “OFFESA SESSISTA”

13 Ottobre 2023 13:41

L'Aquila - Cronaca, Politica

SULMONA – Insultò la collega consigliera ma era una metafora poiché riferita nell’alveo della sfera politica. Lo ha deciso il giudice di pace, Gianna Cipriani, che ha assolto l’ex sindaco di Sulmona, Bruno Di Masci, dal reato di diffamazione nei confronti dell’ex consigliera comunale leghista Roberta Salvati. Per il giudice il fatto non sussiste.

Nello specifico, come riferisce il quotidiano Il Centro, Di Masci era finito sotto processo poiché, comunicando con più persone, avrebbe offeso la reputazione della collega consigliera Roberta Salvati, pronunciano al telefono ad alta voce alla presenza di clienti in un locale una serie di epiteti tra cui “z…”, concludendo con …Dio ci salvi dalla Salvati”.

Commenta Salvati, che ha ricevuto la solidarietà del segretario regionale della Lega, Luigi D’Eramo: “Cosa ci dice questa sentenza? Ci dice che una donna impegnata in politica, da oggi, potrà essere insultata con termini sessisti e denigratori senza conseguenze, il che è grottesco, oltreché inaccettabile. La politica dovrebbe essere uno spazio in cui le persone sono giudicate ed anche criticate per le loro idee, il loro impegno e la loro capacità, ma ciò deve avvenire nel rispetto dell’altrui personalità. Continuerò la mia battaglia nelle sedi opportune, perché questo verdetto inaccettabile rappresenta un ulteriore affronto non solo alla mia onorabilità, di donna e madre, ma anche all’onorabilità di tante altre donne in qualsiasi ruolo e posizione sociale”.

L’ex sindaco si è sempre difeso al riguardo spiegando di aver proferito quelle parole solo in riferimento alla sfera politica e non sul piano personale, per giunta in un contesto assolutamente privato cioè nel locale in quel momento chiuso al pubblico, senza sapere di essere ripreso. Il video, diffuso in in consiglio comunale il 12 settembre 2018, era stato girato da una donna presente nella riunione politica oggetto della presunta diffamazione. In realtà il giudice ha ritenuto credibile la tesi dell’ex primo cittadino.

“Nessun attacco sessista dal momento dal momento che nel linguaggio politico quella parola viene spesso coniata anche per il genere maschile”, ha commentano all’Ansa Di Masci che è stato difeso dagli avvocati Silvia Iafolla e Gianfranco Iadecola.

Commenta però il segretario della Lega Abruzzo, Luigi D’Eramo: “Il confronto politico non deve mai prescindere dal rispetto reciproco, aldilà della diversità di vedute. Che un giudice, peraltro donna, definisca un epiteto che ha una chiara connotazione come una metafora riferita alla sfera politica ci lascia quantomeno perplessi. La nostra solidarietà alla collega Roberta Salvati, offesa di nuovo da una sentenza che condona offese di genere e sessiste”.

SALVATI: “ORA UNA DONNA IN POLITICA POTRA’ ESSERE INSULTATA”





Il Giudice di Pace di Sulmona- Sez. Penale, Dott.ssa Gianna Cipriani, ha emesso una sentenza che sembra legittimare l’uso di termini sessisti e offensivi solo perché secondo gli accusati, usati in ambito politico.

Nel corso degli ultimi cinque anni, ho affrontato la spiacevole condizione di parte offesa dal reato di diffamazione, per il quale era imputato l’ex Sindaco di Sulmona Bruno Di Masci.

Dopo aver avanzato denuncia-querela per le offese ricevute da Di Masci, che mi additava come  “quella zoccola della Salvati” dinanzi a molteplici persone riunite all’interno di un esercizio commerciale del centro di Sulmona, ho provveduto a costituirmi parte civile nel processo, con l’ingenuo auspicio di veder riconosciuta la lesione arrecata alla mia reputazione personale.

Ebbene, con la pronuncia resa dal Giudice di Pace di Sulmona l’imputato é stato addirittura assolto per insussistenza del fatto contestatogli.

In attesa che la Dott.ssa Gianna Cipriani renda le motivazioni della pronuncia spiegando le ragioni giuridiche di tutta questa indulgenza, per cui l’utilizzo dell’appellativo di “z……” non integrerebbe i presupposti del reato di diffamazione, non posso esimermi dal fare alcune considerazioni personali.

Ritengo, infatti, che l’impegno politico non dovrebbe mai giustificare l’uso di un linguaggio offensivo nei confronti dell’avversario, indipendentemente dal genere di appartenenza.
L’uso di parole offensive e denigranti non ha nulla a che fare con la politica, costituendo, per contro, un vile tentativo di ledere l’onorabilità e la dignità di un individuo.

Nel caso di specie, Di Masci si è difeso sostenendo che l’appellativo a me riservato é da lui spesso utilizzato, come ha affermato nel processo e che doveva essere inteso in senso politico, avendo la sottoscritta più volte mutato schieramento.





Per di più ha sostenuto che questo linguaggio, a Sulmona, sarebbe di uso comune.
Sarà interessante comprendere se il Giudice di Pace farà proprio l’assunto di Di Masci, considerato che è agli atti del processo la prova che la sottoscritta, all’epoca delle offese, non aveva attuato alcun passaggio politico, cosa che, in ogni caso, avrebbe potuto, al più, giustificare l’appellativo di “voltagabbana”, ma non certo quello di “z……” che evidentemente evoca ben altre attitudini personali e non ha nulla a che fare con la politica! nulla!

Lo  sconcerto per la pronuncia resa si accresce se si considera che proviene da un Giudice donna.
Invero, se da una parte le donne proseguono storiche lotte sociali per l’affermazione -ad ogni livello- dei principi di parità ed uguaglianza, è ormai dilagante il fenomeno della violenza di genere, tanto da imporre al legislatore la previsione di leggi sempre più severe e tutele più stringenti.

E non è forse violenza verbale riferirsi ad una donna con simili espressioni? Come può la comunità politica sulmonese accettare di essere svilita fino a questo punto?
Cosa ci dice questa sentenza? Ci dice che una donna impegnata in politica, da oggi, potrà essere insultata con termini sessisti e denigratori senza conseguenze, il che è grottesco, oltreché inaccettabile.

La politica dovrebbe essere uno spazio in cui le persone sono giudicate ed anche criticate per le loro idee, il loro impegno e la loro capacità, ma ciò deve avvenire nel rispetto dell’altrui personalità.

Continuerò la mia battaglia nelle sedi opportune, perché questo verdetto inaccettabile rappresenta un ulteriore affronto non solo alla mia onorabilità, di donna e madre, ma anche all’onorabilità di tante altre donne in qualsiasi ruolo e posizione sociale.

 

 

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