L’AQUILA – Lo stop allo sconto in fattura e alla cessione del credito previsto dal dl Superbonus non si applicherà agli immobili danneggiati dai terremoti di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria verificatisi il 6 aprile 2009 e a far data dal 24 agosto 2016, ma la deroga “trova applicazione nel limite di 400 milioni di euro per l’anno 2024 di cui 70 milioni per gli eventi sismici verificatesi il 6 aprile 2009”.
Lo prevede l’ultima bozza del decreto, dopo che la cancellazione delle agevolazioni del superbonus avevano creato una levata di scudi in tutte le forze politiche e associazioni di categoria nelle regioni interessate da ricostruzioni post-sisma. Il nuovo decreto legge varato da Palazzo Chigi aveva infatti creato il caos tra i principali comuni colpiti dal terremoto, che avrebbero potuto godere degli sconti in fattura, o della cessione del credito, fino al 31 gennaio 2025. Si tratta di 140 amministrazioni che insistono sull’area del ‘cratere’ e dove ci si apprestava a dare il via a nuovi cantieri godendo proprio del bonus statale.
Il nuovo testo andrà quindi alla bollinatura della Ragioneria dello stato nella nuova versione che salverà il Superbonus nelle aree terremotate. Per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale bisognerà quindi attendere.
Per il periodo aprile-dicembre 2024 la correzione, costerà alle casse dello Stato circa 330 milioni per quanto riguarda il Sisma 2016 e 70 milioni per gli interventi relativi al terremoto del 2009. Un plafond ritenuto essere del tutto sufficiente a coprire gli interventi se si considera che nel 2023, anno che ha fatto segnare il record delle liquidazioni nel cratere 2016, si sono spesi 260 milioni.
A forzare la mano, senza andare troppo per il sottile, era stato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, della Lega, davanti ai costi completamente fuori controllo della misura varata dal secondo governo di Giuseppe Conte, in quanto l’insieme dei bonus per ristrutturazioni delle case degli italiani dall’ottobre del 2020 a questo mese ha verosimilmente superato quota 20o miliardi di euro.
Come osserva il Corriere della Sera, “a titolo di confronto, il fondo sanitario nazionale finanziato dallo Stato quest’anno vale 36 miliardi e il contributo dell’Italia all’Ucraina 1,3 (in totale dall’inizio della guerra). E solo a gennaio e febbraio il Superbonus per le ristrutturazioni ambientali ha divorato altri 14,7 miliardi, ma la produzione di nuovo debito pubblico con questo strumento nei primi due mesi dell’anno è stata almeno di venti miliardi. Ora, con il decreto di martedì, Giorgetti spera di aver chiuso le falle. In un incontro privato ieri avrebbe espresso fiducia nel poter confermare nel Documento di economia e finanza (Def) del 10 aprile una previsione di deficit pubblico al 4,3% del prodotto lordo per quest’anno, come indicato già in autunno”
“Il governo nella sua azione di tutela e sostegno delle comunità colpite – dice il Mef per bocca del sottosegretario Lucia Albano – a seguito della giornata di lavoro al ministero dell’Economia e in raccordo con la Presidenza del consiglio”, assicura che non sarà previsto alcun blocco per i crediti “superbonus sisma”.
Il testo precisa ancora che spetta al Commissario straordinario per la ricostruzione assicurare “il rispetto del limite di spesa, verificandone il raggiungimento ai fini della sospensione della deroga, anche avvalendosi dei dati resi disponibili sul Portale nazionale delle classificazioni sismiche gestito dal Dipartimento Casa Italia della Presidenza del Consiglio dei ministri”.
Allarme rientrato, dunque, con i comuni del cosiddetto cratere – Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche – che prima dell’uscita del Mef non avevano nascosto la rabbia, parlando di un “colpo mortale” alla ricostruzione e di un freno alla ripartenza dei quei territori devastati dai terremoti del 2009 e del 2016.
Ad aprire uno spiraglio era stato il vicepremier, Antonio Tajani, di Forza Italia che si era detto “convinto” che si sarebbe trovato “un accordo positivo con tutti i partiti della maggioranza” per correggere il testo del provvedimento.
Guido Castelli, commissario alla ricostruzione, e destinatario principale per tutta la giornata di ieri degli appelli dei sindaci e delle associazioni delle autonomie a sollecitare un dietrofront del governo, tira un sospiro di sollievo. Anche se non vuole parlare di marcia indietro. “Sono sempre stato certo che si sia trattato solo di un fraintendimento generato dalla lettura di bozze non ufficiali e ho sempre confidato nella ragionevolezza del governo -, spiega a ItaliaOggi -. La soluzione individuata dal governo va nella direzione giusta perché esclude dall’area di intervento normativo una specifica fattispecie di Superbonus che rappresenta un 110% che potremmo definire di necessità perché consente di integrare il contributo Sisma con quel po’ che serve a evitare l’accollo a carico dei terremotati”.
E ha aggiunto: “Il contributo Sisma a causa dell’inflazione si è rivelato non più sufficiente a garantire l’adeguamento sismico che richiediamo per gli edifici e per questo abbiamo previsto la possibilità di aggiungere il 110% per la parte di accollo. Diversamente, avremmo avuto una ricostruzione a metà che in parte sarebbe stata a carico dei terremotati. Sono felice che l’equivoco si sia chiarito perché un conto sono le code del Sismabonus ordinario del 2023 che hanno portato a uno splafonamento di 12 miliardi, un altro il 110% applicato alle case danneggiate dal Sisma che ha una dimensione finanziaria di gran lunga inferiore, come detto pari a 260 milioni nel 2023”, ha precisato il commissario straordinario.
Grande soddisfazione ieri da parte del senatore aquilano Guido Liris, di FdI, capogruppo in Commissione Bilancio a Palazzo Madama ed ex vice sindaco dell’Aquila; “Salvo il cratere del terremoto dell’Aquila del 2009 e del Centro Italia. La ricostruzione andrà avanti regolarmente. È un grande orgoglio non solo per il Pil ma soprattutto per la ricostruzione sociale, per i piccoli borghi, per il patto con i cittadini e per i giovani che non vanno via dalla propria terra”, ha detto in una nota.
La frenata del governo aveva addirittura costretto gli architetti della provincia di Perugia a sospendere la consegna dei progetti “in attesa di una necessaria e ormai fondamentale chiarezza sulle procedure da applicare”.
Il rischio, come sottolinea lo stesso Ordine degli architetti, era che i cittadini fossero costretti a reperire personalmente le somme necessarie o a lasciare i lavori incompleti. Timori anche tra i primi cittadini umbri che si erano comunque detti “fiduciosi per una soluzione positiva”.
La stessa presidente regionale, Donatella Tesei, si è esposta in prima persona per “cercare di tutelare la ricostruzione”. “Sono in contatto con il commissario straordinario alla ricostruzione Castelli e, da parte mia – aveva detto -, sto tenendo alcune interlocuzioni dirette con il governo”. Un appello al confronto era arrivato anche dalle principali istituzioni, capitanate dalle Anci delle regioni ‘terremotate’. “La decisione improvvisa del governo, assunta ancora una volta senza confrontarsi con le realtà locali – aveva affermato il coordinatore Gianguido D’Alberto – rischia di avere effetti pesantissimi sulla ricostruzione. Per questo, chiediamo con forza al governo di tornare immediatamente sui propri passi. In caso contrario rischiamo che la ricostruzione si blocchi nuovamente”.
A stemperare le polemiche aveva provato il governatore delle Marche Francesco Acquaroli, esponente dello stesso partito della premier Giorgia Meloni. “Dobbiamo stare sereni e aspettare il testo definitivo, senza ingenerare terrore – aveva detto -, perché la volontà di tutti non è di definanziare la ricostruzione ma di sostenerla. Credo che nelle prossime ore potremo avere maggiore chiarezza”.
E il presidente, anche lui di centrodestra, del Lazio, Francesco Rocca aveva rivolto un “appello a Meloni per rivalutare le misure”.
Stessa cosa da parte del presidente dell’Abruzzo Marco Marsilio, Fdi, che aveva chiesto di “mantenere gli incentivi per non compromettere la rinascita delle aree”. Tra le principali ipotesi prese in considerazione dei sindaci e dai governatori c’era quella di ‘stralciare’ le aree del cratere dal provvedimento, consentendo così di poter usufruire ancora del 110% che, in molte città, ha praticamente sostituito il sismabonus dopo la brusca frenata dovuta alla pandemia. Esattamente quello che è avvenuto con la decisione del Mef.
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