TERREMOTO: A FOSSA DUE FAMIGLIE ANCORA ”PRIGIONIERE” IN CASA PER UNA STRADA CHIUSA DA TRE ANNI E MEZZO

3 Ottobre 2018 06:45

L'Aquila - Gallerie Fotografiche

FOSSA – È diventata una vera e propria odissea quella di due famiglie di Fossa (L’Aquila) letteralmente “segregate” in casa da circa tre anni e mezzo a causa di una strada, chiusa per ristrutturare un aggregato edilizio danneggiato dal sisma del 6 aprile 2009, e ad oggi ancora non fruibile, nonostante l'amministrazione comunale avesse assicurato l'apertura entro la fine del mese di settembre.

Tre mesi fa, dopo un primo articolo di AbruzzoWeb, il sindaco di Fossa Fabrizio Boccabella a questo giornale aveva parlato di un piano di recupero da approvare per i primi giorni di settembre, in modo tale da consentire al cantiere di riprendere i lavori da ultimare entro la fine del mese. 

“Stiamo lavorando alla soluzione migliore – le parole del primo cittadino a questo giornale – è in approvazione un piano di recupero della via in questione con un progetto di circa 20 mila euro. Con l’amministrazione abbiamo a cuore questo problema, capiamo il malcontento di queste famiglie e cercheremo di fare il possibile per non fargli trascorrere un altro inverno con questi disagi”.

A ottobre iniziato, però, la strada è ancora chiusa.

L’inizio di questa odissea per le due famiglie di Fossa risale a settembre del 2015. Il “teatro” del disagio è in via Petrocco, tra Fossa Osteria e il bivio per Sant’Eusanio Forconese (L'Aquila), dove vivono in abitazioni dichiarate agibili che si trovano accanto all'aggregato ancora da ricostruire, i cui lavori che dovrebbe effettuare la ditta Felici costruzioni ma che ancora non partono, hanno portato alla chiusura del passaggio.

“Adesso siamo veramente stanchi, sta per iniziare l’inverno e noi siamo ancora al punto di partenza. Stanno facendo un vero e proprio abuso di una strada comunale, chiusa arbitrariaremente senza motivo e senza titolo”, dice ad AbruzzoWeb Raffaele di Marco, operaio edile in pensione che con la moglie Carolina abita in una delle due case interessate dalla problematica.

“Mia moglie è invalida al 100 per cento – tuona quindi – e ha bisogno di cure mediche costanti e specifiche. Per portarla in ospedale devo farle fare tutto un tratto di strada dissestato a piedi, lei è stanca, non sta bene e io sono esasperato! Sta arrivando l'inverno e anche quest'anno la situazione non è cambiata”.





Dello stesso avviso anche Berardino Marziale, vicino di casa di Raffaele Di Marco che vive con gli anziani genitori, Alberto e Antonietta.

I due anziani non escono quasi più da circa tre anni, con l'aggravante della malattia di Alberto, operato recentemente e dunque con la necessità di fare cicli di chemioterapia anche se, al di fuori di questa uscita indispensabile per la salute, non può fare nemmeno una passeggiata, perché l’unica strada fruibile è danneggiata in più punti.

“In inverno usiamo la legna per la stufa e il pellet – spiega Marziale – e anche quest’anno, mi sono dovuto accollare questa fatica con una carriola e fare diversi viaggi di quasi 500 metri l'uno, per 'circumnavigare' casa mia”.

“È vero – aggiunge – c’è un passaggio pedonale da via Osteria, ma non è agevole, bisogna percorrere un buon tratto di strada e con la spesa, le necessità del quotidiano sempre più impellenti vista l’età dei miei genitori, tutto diventa più difficile da sopportare. Ci sentiamo presi in giro!”.

Come se non bastasse, la strada chiusa è diventata nel giro di pochi mesi una sorta di discarica a cielo aperto, dove sono stati buttati materiali edili, tubi di ferro e mobili vecchi delle case restaurate.

Un'immagine desolante a cui si aggiungono le tracce di alcuni fuochi accesi per bruciare e smaltire proprio materiali edili. Inoltre, l’erba è ormai altissima e incolta.

“Praticamente la strada è comunale, ma qualcuno ne fa un uso improprio e personale. Mettiamoci pure che una volta riaperta andrà praticamente rifatta da capo visto lo stato di abbandono. È una vera vergogna”, è il loro commento.

Ciò che preoccupa maggiormente, arrivati a questo punto, è che, nonostante le precedenti rassicurazioni da parte dell’amministrazione comunale di trovare una soluzione entro la fine di settembre, nulla è stato fatto, “come se non ci fosse un reale interesse ad agire in tal senso”.





“Mia sorella ha partecipato all'ultima riunione dell'aggregato Sant'Eusanio – racconta a questo punto Marziale – e in questa circostanza abbiamo saputo che il piano di recupero non è stato ancora presentato, per cui a quanto pare se ne riparlerà a primavera per l’iter burocratico. E noi passeremo un altro inverno con questi disagi, poi un'altra estate e un altro autunno, fin quando probabilmente si dimenticheranno del tutto di noi!”.

La proposta del sindaco era stata quella di trasferire le due famiglie nei Map, cosa che è stata rifiutata con decisione, supportati nella scelta dai legali che stanno seguendo i loro interessi, Vincenzo Calderoni e Enzo Cacio, entrambi del foro aquilano.

“Se andiamo via da qui – chiariscono le due famiglie – siamo certi che a casa nostra non rientreremo più. Le abbiamo tirate su con tanti sacrifici, hanno superato la prova della furia del terremoto e adesso secondo loro dovremmo andarcene, semplicemente perché non riescono a trovare la soluzione giusta per il benessere dei propri cittadini. A che gioco stanno giocando sulla nostra pelle?”.

Nella zona, nel corso dei lavori, sono stati ritrovati anche alcuni reperti archeologici, ma non è questo il problema che impedisce la riapertura della strada.

Infatti, la Soprintendenza ha rimbalzato la responsabilità all’amministrazione comunale di Fossa, informando con una lettera le due famiglie di aver fatto tutto ciò che è di sua competenza.

“Non riusciamo a capire – aggiungono – in base a quale diritto o legge abbiano chiuso senza riaprire una strada comunale, unico accesso per questa zona”.

“Non ci arrendiamo, daremo battaglia su tutti i fronti. Devono rispettare i nostri diritti, e non prenderci in giro. Devono darci una data certa, non può essere che prima parlano di risolvere entro settembre e poi veniamo a conoscenza che hanno bisogno di almeno un altro anno per concludere i lavori”, concludono. (red.)

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