TERREMOTO L’AQUILA, DEL PINTO: “RASSICURAZIONI E NEGLIGENZE, ORA COLPA DELLE VITTIME”

DOPO SENTENZA TRIBUNALE SU CONCORSO DI COLPA, GEOFISICO SISMOLOGO, TESTIMONE DEL PROCESSO ALLA GRANDI RISCHI, RIPERCORRE LE TAPPE DALLA RIUNIONE DELLA COMMISSIONE ALLA TRAGEDIA: "DISINFORMAZIONE SCIENTIFICA SPAVENTOSA";" SERVE PROTESTA CORALE, RISCHIO PRECEDENTE PERICOLOSO"

di Azzurra Caldi

17 Ottobre 2022 08:30

L'Aquila - Terremoto e Ricostruzione

L’AQUILA – “Non si poteva dire ‘lo sciame è alla fine’, non si poteva dire ‘è normale’, non si poteva dire ‘tranquilli’, eppure è stato detto tutto senza nessuna base e senza ragioni scientifiche è stata rassicurata la popolazione, parte della quale, scopriamo oggi, è colpevole al 30%. Un altro schiaffo alla memoria delle vittime”.

Una sentenza “assurda”, per il geofisico sismologo Christian Del Pinto, quella del tribunale civile dell’Aquila che prevede il concorso di colpa del 30% per alcune delle vittime nel crollo del palazzo di via Campo di Fossa, avvenuto con il terremoto dell’Aquila del 2009, in quanto fu “una condotta incauta trattenersi a dormire”. La richiesta del concorso di colpa era contenuta nella memoria di costituzione presentata, nell’ambito del processo sui risarcimenti danni, dall’Avvocatura di Stato in rappresentanza dell’allora ministero per le Infrastrutture e del ministero dell’Interno.

Un pronunciamento, quello del giudice Monica Croci, che oltre a suscitare indignazione in tutta Italia, tira in ballo anche il processo seguito alla maxi inchiesta sui crolli, che ha portato alla condanna in primo grado a sette anni dei sei scienziati componenti la Commissione Grandi rischi per aver sottovalutato il rischio sismico: personaggi assolti in appello, a differenza dell’allora vice capo della protezione civile nazionale, Bernardo De Bernardinis, la cui condanna è stata confermata dalla Cassazione.

Per Del Pinto, testimone nel processo in quanto presente come auditore alla ormai nota riunione del 31 marzo 2009, è una sentenza incomprensibile, “non solo perché le vittime sono tali per definizione, ma perché tutto quello che è accaduto nei giorni precedenti – le rassicurazioni, le negligenze, le sottovalutazioni – in nessun modo avrebbe potuto aiutarle a scongiurare la tragedia”.

“Quando fui chiamato al processo della Grandi rischi – racconta – andai a testimoniare dichiarando proprio le inesattezze che alcuni membri della Commissione avevano riferito”.

“Gran parte dell’incontro della Commissione riguardò Giuliani e i suoi proclami. Con Giuliani, che veniva impropriamente definito anche sismologo, ho parlato più volte, cercando anche di spiegare, quando possibile, i limiti della sua ‘ricerca’. Certo è che un conto è smontare teorie antiscientifiche e un altro è rassicurare la popolazione con concetti altrettanto antiscientifici. In quell’occasione si ebbe l’impressione che l’obiettivo principale fosse disinnescare proprio i suoi allarmi e non solo”.





Il riferimento è a Giampaolo Giuliani, ex tecnico dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario distaccato presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso venuto a mancare lo scorso febbraio a 75 anni, noto per le sue ricerche sulla possibilità di una correlazione fra il rilascio di radon dalla crosta terrestre e il verificarsi di terremoti. Teoria mai accolta dalla comunità scientifica.

“La scienza ufficiale ha fallito miseramente in quell’occasione e la teoria di Giuliani, che si poneva come un’alternativa, seppure con i suoi limiti oggettivi, ha preso piede. Così il danno è stato fatto, contribuendo alla diffusione di una disinformazione scientifica spaventosa”, osserva Del Pinto.

“Non si possono terrorizzare le persone, ma si può rimanere nella ‘possibilità’. Una cosa che possiamo dire, ad esempio, è che è una zona sismica, se è successo può capitare di nuovo. Basti pensare che noi abbiamo 8 faglie nel giro di 20 chilometri, ce ne sono alcune che ancora si devono esprimere”.

Inoltre, durante la riunione, “ho sentito cose che dal punto di vista scientifico non avevano senso, sono state date informazioni che non erano corrette e in qualità di testimone l’ho più volte ribadito.  C’è stata una certa volontà di rassicurare. Prima cosa sbagliata: è stato detto che lo sciame era alla fine. Ma se un terremoto non si può prevedere, come si fa a dire che una sequenza sismica ‘sta finendo’? È stato detto che era un fatto normale per una zona sismica come l’Aquilano, ma certe prove si possono avere solo dal punto di vista statistico, sulla base dei terremoti che avvengono in qualsiasi parte del mondo. Vale la pena di ribadire che ogni campo da gioco è diverso dall’altro e anche lo stesso campo da gioco in tempi diversi cambia. Lo sciame sismico non è ‘normale’, rappresenta invece un’anomalia, ma questo è un termine che putroppo non si usa spesso tecnicamente”.

“La sismologia non è una scienza esatta – sottolinea Del Pinto – L’origine di questo fenomeno naturale risiede in un luogo a noi inaccessibile, non abbiamo la tecnologia per effettuare uno scavo, ad esempio, 15 chilometri sotto terra e mettere dei sensori sui bordi della sorgente sismica. Il problema è tecnologico, un domani con la possibilità di scendere e ‘toccare la faglia con mano’, probabilmente potremo anche prevedere i terremoti”.

“Statisticamente, oggi, con tutti i limiti che abbiamo, sappiamo solo che la maggior parte degli sciami non culmina in eventi importanti”, questo il probabile punto di partenza alla base del ragionamento degli scienziati. “Passare però dalla statistica al determinismo è una cosa che un uomo di scienza non può fare. Come non lo poteva fare qualche professore, estraneo alla Commissione, dalle dubbie specifiche competenze in materia, e che pure si è sentito in dovere di rassicurare”, osserva.





“Il tutto unito ad una campagna mediatica che ha da subito descritto gli scienziati della Grandi rischi come poveri perseguitati, condannati perché non hanno saputo prevedere il terremoto. Ma le accuse, come invece sappiamo bene, derivavano da un comportamento negligente”.

Fin qui le vicende che portarono tanti, attraverso le “rassicurazioni”, a restare a casa.

Ma c’è altro che non torna, un ragionamento “banalmente ovvio”: “come si fa a parlare di concorso di colpa per le vittime in assenza di allarme?”.

Se è stata “una condotta incauta trattenersi a dormire”, si chiede Del Pinto, “come si spiega la vicenda di De Bernardinis, che invece è stato condannato in via definitiva per aver lanciato messaggi rassicuranti, invitando tutti a convivere con la situazione e a tranquillizzarsi con un bicchiere di montepulciano?”.

“Tutti ragionamenti lineari che rendono ancora più paradossale la sentenza”, secondo Del Pinto.

Insomma, “una sentenza decisamente discutibile e che merita una protesta corale. Non esiste alcun tipo di giustificazione che possa portare ulteriore sofferenza alla memoria delle vittime e ai loro familiari. Che giustizia è quella che non riesce a tutelare neanche la dignità di chi ha perso la vita in una tragedia non annunciata e che anzi crea anche un precedente pericoloso?”.

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