“TRANSUMANZA OGGI È QUELLA DELLA MAFIA DEI PASCOLI”, LA DENUNCIA DELL’ALLEVATORE DI OFENA

DURO ATTO D'ACCUSA DI DINO ROSSI, CHE HA SUBITO DUE INCENDI DOLOSI, NEL COMUNE AQUILANO DOVE E' STATO TROVATO MORTO IL 28ENNE EMILIANO PALMERI. "SPECULAZIONE HA LA CONNIVENZA DEGLI UFFICI DELLE ASSOCIAZIONI AGRICOLE, SOLDI NON VANNO ALLE VERE AZIENDE ZOOTECNICHE, BENSÌ AD UNA MIRIADE DI SOCIETÀ E CONSORZI, MOLTO SIMILE ALLE SCATOLE CINESI".

31 Maggio 2022 08:35

Regione - Abruzzo, Cronaca

L’AQUILA – “La transumanza di oggi…quando uno pensa alla transumanza, gli vengono in mente le pecore o le vacche che vanno da una regione all’altra, dalla montagna verso il mare e viceversa, o magari ritorna ai ricordi di scuola, alle poesie di Gabriele D’Annunzio. Invece oggi è cambiato tutto.  Di pecore e le vacche ne sono rimaste pochissime, il raccolto in azienda è sufficiente a svernare, gli allevatori si possono contare sulle dita di una mano. Però esiste ancora la transumanza, una pratica che non si estingue: è cambiato solo il mezzo di trasporto, tutto online, e a muoversi non sono gli armenti, ma i titoli Agea, che viaggiano numerosi dentro le linee wireless”.

La durissima denuncia è di Dino Rossi, referente dell’associazione di allevatori del Cospa, riaccendendo i riflettori sull’invasione anche in Abruzzo di imprese di altre regioni che fanno incetta di pascoli, vantando per legge il diritto ad ottenere ricchi contributi ad ettaro in base al pregio delle colture o allevamenti posseduti altrove, garantiti dall’Agenzia generale delle erogazioni agricole (Agea). Senza nemmeno l’obbligo di fare vera produzione di carni, latte e formaggi, contribuendo così alla crescita dell’economia montana.

Spesso vengono fatti pascolare animali vecchi e malati, o che hanno un basso costo di mantenimento, come gli asini. Negli aspetti più deleteri del fenomeno si è parlato di vera e propria “mafia dei pascoli”, in quanto ad essere interessata a questo lucroso business è ovviamente anche la criminalità organizzata, e alla luce di intimidazioni, minacce, azioni di disturbo contro gli allevatori locali, per garantirsi che non vi siano competitor nell’accaparramento dei pascoli.





Dino Rossi  è stato vittima di due episodi inquietanti: due roghi di origine dolosa che hanno gravemente danneggiato macchinari e strutture dell’azienda agricola Dal ContaDino, di cui è titolare. Il 7 marzo scorso il fuoco ha avvolto una ruspa con pala e braccio escavatore, e il forte calore ha fatto esplodere i vetri della rimessa. Ancor prima, il 24 gennaio scorso, le fiamme avevano distrutto una rotopressa utilizzata per comprimere il fieno del valore di oltre 15mila euro.

C’è stata poi la  tragica morte di Emiliano Palmeri, l’allevatore 28enne originario di Ofena e residente a Castel del Monte, in provincia dell’Aquila, trovato impiccato ad un albero il 16 maggio vicino la casa dei genitori, ad Ofena, e che la notte tra il 19 e il 20 aprile scorsi era stato ritrovato in un uliveto di sua proprietà con una profonda ferita alla testa causata da una pistola di quelle utilizzate nei mattatoi per stordire o finire i capi di bestiame prima della macellazione. Durante il ricovero in ospedale sono stati avvelenati due suoi cavalli. E dunque se l’ipotesi resta quella del gesto volontario, si indaga a 360 gradi su possibili regolamenti di conti sulla vendita di cavalli e sulle oscuri interessi sui pascoli abruzzesi.

In una intervista ai microfoni di Daniela Senepa del Tgr Abruzzo, il padre di Emiliano, l’ex sindaco di Ofena, Marcello Palmeri, ha denunciato che il figlio, “da due anni aveva chiesto il codice di stalla al Comune di Castel del Monte senza ottenerlo, invece una società fantoccia il giorno prima ha fatto richiesta per avere la residenza e il giorno dopo gli hanno dato la residenza e i pascoli, assegnandogli il triplo di quello che gli spettava rispetto al numero di pecore”.

Aggiungendo: “hanno fatto delle truffe all’Unione europea perché hanno fatto delle finte società con gli stessi greggi”.





Ed è in questo contesto che vanno lette le parole di Dino Rossi.

“I pastori sono cambiati, la transumanza dei titoli viene guidata dagli uffici delle associazioni agricole, alle spalle degli allevatori storici – spiega Rossi -. Questi titoli non vanno alle vere aziende zootecniche, bensì ad una miriade di società e consorzi, molto simili alle scatole cinesi. Per chi non lo sapesse, il titolo è quello strumento che permette ai falsi allevatori di accedere ai fondi comunitari. Le linee si sono gonfiate, anzi a volte vanno in tilt per il transitare dei titoli Agea da nord a sud, su tutta la penisola, per finire al centro, per arrivare nelle isole, spalmati e ben distribuiti su tutto il territorio nazionale”.

E rivela ancora: “La cosa strana è che tutto assomiglia da una vicenda assai nota nell’ambito zootecnico, quella delle mucche di 82 anni, perché alcuni possessori di titoli Agea, vista l’anagrafe, risulterebbero allevatori di tipo Highlander, persone che hanno superato i 100 anni.  Adesso tutti parlano della mafia dei pascoli, alcuni ne fanno oggetto di campagna elettorale, ma è bene ricordare a tutti, che il primo a segnalare al prefetto dell’Aquila, nel 2011,  quello che stava accadendo nelle nostre montagne abruzzesi, è stato il sottoscritto. Con tutti questi titoli Agea, le nostre montagne dovrebbero essere stracariche di animali e i cervi morirebbero di fame, ma non è così, a fare da padroni sulle nostre montagne non sono le mucche e le pecore, ma cervi, caprioli e cinghiali”.

“Molte indagini sono partite, molte volte sono stato sentito come persona informata sui fatti, ma dal 2011 è rimasto tutto immobile. Tutto questo avrà forse fine quando i fondi comunitari termineranno, ma intanto avranno chiuso i battenti le ultime aziende zootecniche già agonizzanti, per i costi gestionali alle stelle, e allora dovremo dire grazie anche alla connivenza delle organizzazioni agricole che aiutano a fare transitare i titoli online e a fare incetta di pascoli”, conclude Rossi.

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