UCRAINA, PRIMI PROFUGHI IN ABRUZZO: DALL’ACCOGLIENZA AI VACCINI ANTI-COVID

di Azzurra Caldi

4 Marzo 2022 08:17

Regione - Cronaca

L’AQUILA – Insieme alla mobilitazione per l’accoglienza dei profughi in fuga dalla guerra in corso in Ucraina, è scattata anche in Abruzzo l’organizzazione dell’apparato sanitario per garantire la prima assistenza e contenere i contagi Covid.

Il flusso degli arrivi si intensifica di ora in ora, in una settimana hanno raggiunto l’Italia almeno 7 mila persone secondo il Ministero dell’Interno, dati ancora provvisori e difficilmente puntuali viste le circostanze.

E così ci si prepara ad una nuova emergenza anche nei piccoli comuni abruzzesi, come nell’Aquilano, ad esempio a Tagliacozzo dove, lunedì scorso, sono arrivate 7 persone, ospitate in una casa di proprietà di una famiglia; oppure a Fagnano Alto,  dove il Comune ha aperto i moduli abitativi provvisori che erano stati costruiti dopo il terremoto del 2009.

Già decine gli arrivi in Abruzzo, anche se al momento non sono stati forniti dati ufficiali.

La Asl intanto sta attivando una rete per verificare le condizioni di salute e fornire assistenza e poi  per effettuare tamponi ed eventualmente vaccini anti coronavirus.

Un punto che ha già creato qualche discussione per il rischio, secondo alcuni esperti, che l’emergenza sanitaria in Ucraina possa scatenare una nuova variante del virus “perché ci sono tutte le condizioni: un’alta circolazione, una bassa copertura vaccinale (inferiore al 40%), condizioni socio-economiche disagiate, nessuna o bassa attenzione alle misure di protezione, condizioni climatiche di inverno pieno con maggiore possibilità di assembrarsi in luoghi chiusi”, secondo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.

Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, ha però chiarito: “Lo status di rifugiato consente l’accesso alla nostra sanità. Oggi o domani uscirà la circolare del nostro ministero. Verranno fatte tutte le procedure, compreso il tampone per chi arriva, e verrà offerta loro la possibilità di vaccinazione”.

“Lo status di rifugiato – ha sottolineato Sileri – non prevede l’obbligo del super Green pass. È chiaro che noi offriremo la vaccinazione, ma quello che serve alle persone che giungono da noi ora è un abbraccio”. Potranno prendere i treni o i bus? “Si procederà ad un controllo mediante tampone”.

In una lettera del Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento Covid, il generale Francesco Figliuolo ha dato il via libera alle vaccinazioni anti-covid, alle Regioni: “A seguito degli eventi attualmente in corso in Ucraina, nei giorni scorsi sono giunti in Italia numerosi cittadini di nazionalità ucraina e tale flusso continuerà certamente nelle prossime settimane. Ciò premesso, in analogia a quanto già posto in essere lo scorso mese di agosto in favore dei cittadini di nazionalità afghana, si ritiene opportuno offrire” loro “la possibilità di vaccinazione” contro il coronavirus, scrive Figliuolo. Il Generale chiede alle Regioni “di provvedere alla vaccinazione dei cittadini di nazionalità ucraina ospitati in Italia attraverso la generazione dei codici Stp, straniero temporaneamente presente”.

In Abruzzo al momento non si segnalano criticità e gli arrivi sono ancora contenuti.





In merito alla campagna vaccinale, secondo le previsioni e date le prime esperienze, non ci si aspetta una forte adesione. Quel che è certo è che, stando ai numeri ufficiali, solo il 35% degli ucraini ha completato il ciclo vaccinale.

Repubblica ha raccolto alcune testimonianze dall’hub della stazione Termini, diventato nel giro di una notte il polo di accoglienza sanitaria per i cittadini in fuga dall’Ucraina. Qui i mediatori culturali della Asl Roma 1, hanno allestito un box per registrarsi per ottenere l’Stp, una sorta di tessera sanitaria temporanea per stranieri, medici e infermieri in postazione pronti a fare tamponi e soprattutto somministrare il vaccino.

Ma non ci sono persone disposte a ricevere l’iniezione. “Non è una questione ideologica – ha spiegato la mediatrice culturale dell’hub, Yana Skulevych – Bisogna mettersi nei panni di chi arriva qui, stremato: la paura di una reazione avversa al vaccino prende il sopravvento. Alcune delle persone con cui ho parlato mi hanno detto di avere avuto il Covid, anche se non avevano la documentazione, e per questo hanno rifiutato il vaccino. E resta il fatto che sono con la testa in Ucraina, sperano di riuscire a farci ritorno molto presto. Ma il tampone lo fanno”.

“L’Ucraina è uno dei paesi in Europa con il più basso tasso di vaccinazione – ha spiegato l’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato – ma è davvero importante che chi arriva qui lo riceva. Noi stiamo facendo tutto quello che è nelle nostra facoltà, è per questo che all’hub Termini ci sono mediatori culturali, possono fare la differenza con il passaparola nella comunità”.

In Abruzzo proseguono le riunioni per far fronte da una nuova emergenza a due anni dall’inizio di quella pandemica che, almeno sulla carta, dovrebbe terminare il 31 marzo, nonostante resti ancora l’incognita della definitiva eliminazione delle stringenti restrizioni che, a questo punto, coinvolgerannno in qualche misura anche gli ucraini arrivati in Italia.

Nella riunione in Prefettura all’Aquila, nei giorni scorsi, i dirigenti della Asl hanno evidenziato tutte le problematiche connesse sia al rispetto delle normative covid vigenti che al successivo inserimento dei cittadini nel sistema di assistenza di medicina generale, fornendo comunque la massima disponibilità al superamento di ogni eventuale problematica.

Ieri sera, nell’ultima riunione in Prefettura, anche a Pescara sono state esaminate le possibili modalità al fine di ottimizzare il sistema di accoglienza dei cittadini ucraini. I rappresentanti dei comuni hanno dato la loro disponibilità in attesa di ulteriori iniziative che verranno adottate al livello centrale, ai sensi della normativa di protezione civile.

Dalla Regione è pervenuta la disponibilità, come già avvenuto con i profughi afgani, all’utilizzo temporaneo dell’Interporto di Avezzano, per il tempo necessario ad individuare soluzioni più strutturali: una soluzione che garantirebbe, secondo le intenzioni, la possibilità di poter tenere concentrata ed unita una popolazione che ha già vissuto sofferenze e alla quale si eviterebbe in tal modo la dispersione della comunità sull’intero territorio provinciale.

“I numeri sono elevatissimi, ma siamo pronti”, ha assicurato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, da Bruxelles, dove ha partecipato al Consiglio Gai che ha approvato la direttiva europea sulla protezione temporanea per chi scappa dall’Ucraina. Si muove il ministero, ma anche Regioni, Comuni, imprese, ong, industriali e tante famiglie si sono mobilitate per l’accoglienza.

Ci sono gli ucraini – soprattutto donne e bambini – che si ricongiungono ai loro familiari che lavorano in Italia e poi ci sono altri, in fuga dalla guerra, che dovranno essere ospitati nei Centri di accoglienza straordinaria (i Cas, che attualmente ospitano circa 5mila persone complessivamente) che saranno attivati dalle prefetture e nel Sistema di accoglienza ed integrazione Sai gestito con i Comuni (26mila gli ospiti attuali).

Al momento il flusso è gestibile senza ricorso a soluzioni di emergenza, ma è destinato ad aumentare e quindi le prefetture stanno organizzando appositi piani per farvi fronte. Le modalità dell’accoglienza sono state definite dal decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri venerdì scorso e da una circolare del Viminale.





I FONDI

– Il decreto stanzia 91,4 milioni di euro per il 2022 e 44,9 milioni l’anno per il 2023 e per il 2024 “per far fronte alle eccezionali esigenze di accoglienza dei cittadini ucraini”. Si calcola in circa 10mila euro all’anno il costo per ciascun ospite.

I POSTI

– La circolare indica che verranno attivati 5mila ulteriori posti nei Cas, con un costo dell’accoglienza stimato nell’ordine dei diecimila euro l’anno a persona e 3mila nel Sai. È stata estesa inoltre ai profughi ucraini la riserva di posti (complessivamente 5.000) del Sai già prevista e finanziata per gli afghani evacuati la scorsa estate.

DONNE E BAMBINI

– Il Viminale sottolinea che le soluzioni di accoglienza dovranno tenere conto della peculiarità delle persone in arrivo, prevalentemente donne e bambini.

LA PROTEZIONE TEMPORANEA

– Il decreto stabilisce che gli ucraini potranno accedere alle strutture di accoglienza anche senza status di richiedente protezione internazionale o degli altri titoli previsti dalla normativa. La direttiva europea sulla Protezione temporanea in discussione oggi a Bruxelles garantirebbe agli ucraini in fuga di soggiornare nell’Ue per un periodo di un anno rinnovabile senza attivare le procedure di asilo, Intanto le migliaia di persone già arrivate in Italia sono potute entrare senza visto. Possono soggiornare liberamente per 90 giorni, passati i quali, senza la direttiva europea, per restare dovrebbero presentare richiesta di permesso di soggiorno o di protezione.

CAS E SAI

– Nelle strutture d’accoglienza – i Cas in genere sono gestiti da cooperative che vincono un bando di affidamento – gli ospiti hanno vitto e alloggio, pocket money (nella misura di 2,5 euro al giorno), ricarica telefonica, servizio di assistenza linguistica e culturale, sostegno socio psicologico, assistenza sanitaria, da effettuare presso i presidi sanitari territoriali o medici di base, orientamento al territorio, percorsi formativi per l’apprendimento della lingua italiana.

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