UNIVAQ: CONCUSSIONE AL PROF TIBERTI, ‘LE TASSE EVASE DA DI ORIO E LE SUE CASE’

3 Marzo 2015 19:19

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “Fa impressione che un senatore della Repubblica dimostri di non conoscere la normativa fiscale italiana: il professor Di Orio ha considerato il danaro ricevuto dal professor Tiberti negli anni 2006, 2007, 2008 e 2009 come acconti per lavori fatti nell’ambito dell’attività privata dello stesso Tiberti, ma non ha pagato le tasse dicendo candidamente di non sapere che si dovesse fare. Ha ammesso di aver evaso il fisco su quanto incassato a partire da 2005. Naturalmente, non è vero che quei soldi erano riferiti a consulenze ma sono stati dati per le pressioni che faceva l’ex rettore al professor Tiberti che per paura di ritorsioni pagava”.

Nelle parole dell’avvocato Giorgio Tamburrini, difensore del professor Tiberti nel processo che vede alla sbarra che vede alla sbarra l’ex rettore dell’Università dell’Aquila, Ferdinando Di Orio, sul quale pende il capo di imputazione di concussione ai danni del professore dello stesso ateneo Sergio Tiberti, c’è un passaggio saliente della testimonianza resa dall’ex rettore nell’udienza, la quinta, che si è svolta oggi a Roma.

Il processo si sta celebrando nella nona sezione del Tribunale della Capitale.

Secondo l’accusa il docente, ex amico di Di Orio, sarebbe stato costretto ad assecondare le ingenti richieste di danaro fatte dall’ex rettore per non essere oggetto di ritorsioni nell’ambito universitario.

Dopo la testimonianza, durata 2 ore e mezzo, il processo è stato rinviato al 30 aprile prossimo, quando saranno ascoltati quattro testimoni indicati da Di Orio; un’altra udienza è stata fissata per il 19 maggio prossimo, quando i giudici ascolteranno altri otto testi della difesa.

Poi, secondo quanto si è appreso, prima dell’estate potrebbe esserci la sentenza di primo grado.

“La lunga testimonianza di Di Orio ha confermato le numerose contraddizioni emerse nelle precedenti occasioni, veramente l’ex rettore ne ha dette di tutti i colori, dando motivazioni spesso risibili – ha continuato il legale – A mio avviso, anche in questa udienza è stato confermato l’impianto accusatorio”.

A Di Orio sono state formulate domande dal pm e dallo stesso avvocato Tamburrini. In riferimento ai motivi per i quali non ha mai fatto regali a Tiberti e ai suoi familiari, come sottolineato da Tamburrini, Di Orio si è giustificato spiegando che tra i due il ricco è Tiberti.





“Poi, però, ha affermato di non considerarsi povero, rispondendo alle domande sulla sua condizione economica e situazione patrimoniale, visto che percepisce circa 160 mila euro lordi l’anno, all’epoca dei fatti aveva circa 900 mila euro sul conto corrente e che possiede una serie di immobili, l’ultimo, attico e superattico, acquistato nei mesi scorsi a Roma”.

Tra gli immobili una villa all’Argentario di 250 metri quadrati con vista mare su tre piani, che Di Orio ha definito più umilmente appartamento.

In rapporto al regalo di due macchine alla figlia di Di Orio sempre da parte di Tiberti, l’ex rettore si è difeso spiegando che è stato Tiberti che era il figlioccio della ragazza che in un momento difficile per lei, le ha regalato le due auto, entrambe nuove, prima una poi l’altra.

Infine, una curiosità: Di Orio, ex senatore dei Democratici di sinistra dal 1994 al 2001, davanti ai giudici ha sottolineato di essere stato in lizza per una nuova candidatura per Rifondazione comunista. Sarebbe stato un comunista ricco, quindi in controtendenza.

Di Orio è imputato anche all’Aquila per abuso d’ufficio (assieme ad altri due) nell’ambito dell’inchiesta sul maxi affitto del capannone ex Optimes per ricollocare la facoltà di Ingegneria dopo il sisma del 6 aprile 2009.

Di recente è stato rinviato a giudizio dal tribunale di Rieti (assieme a un altro) sempre per abuso d’ufficio nell’ambito dei rapporti post-terremoto tra l’Ateneo aquilano e il Comune di Antrodoco. (b.s.)

L’INCHIESTA

La vicenda della presunta concussione si origina quando Tiberti viene nominato responsabile scientifico di uno studio in convenzione tra una grande azienda internazionale e l’Università e da allora, secondo il prof, cominciano le richieste e i versamenti di denaro a Di Orio.

“Oltre 200 mila euro in 10 anni versati a titolo personale”, questa la quantificazione fatta da Tiberti nella sua denuncia del 13 settembre 2009, in cui spiega di aver detto basta nel 2006.

Di Orio si è sempre difeso negando ogni richiesta ed evocando, piuttosto, l’ipotesi di una “vendetta” del prof.





“Fra noi due, che ci conosciamo e siamo amici da 35 anni – dichiarò al quotidiano Il Giornale nel 2010 – è sorto un contrasto su uno studio commissionato da una grande azienda internazionale sulle condizioni di vita dei territori in cui sono presenti le centrali a carbone. Io non ho voluto avallare la tesi che era presente in quello studio di Tiberti, e da lì si sono rotti i rapporti”. Su questa e simili affermazioni, tra l’altro, c’è stata un’altra querela per diffamazione.

L’inchiesta sulla concussione si è sviluppata in oltre 3 anni in modo controverso e con numerosi cambiamenti dei protagonisti inquirenti e giudicanti.

A dare l’avvio a tutto è stato un esposto di Tiberti alla procura della Repubblica dell’Aquila, con l’acquisizione di assegni e la verifica di movimenti di denaro. Successivamente, però, l’indagine è stata trasferita nella Capitale per competenza territoriale dal sostituto procuratore del capoluogo Fabio Picuti.

Una svolta c’è stata nell’ottobre 2010, quando il pm della procura romana Pietro Giordano ha chiesto l’archiviazione per Di Orio al giudice per le indagini preliminari dell’epoca, Maria Teresa Covatta.

A quel punto l’avvocato di Tiberti, Giorgio Tamburrini, ha fatto opposizione ma, poco prima che un altro giudice subentrato nel frattempo, Flavia Costantini, fissasse l’udienza di merito, Giordano è tornato sui suoi passi, revocando la richiesta di archiviazione: una mossa a sorpresa, consentita ma inusuale per un pm.

Quando il sostituto è stato trasferito, il fascicolo è passato di mano a un nuovo pm, Giuseppe Deodato che, però, ha preso una direzione differente, chiedendo il rinvio a giudizio al gup Maddalena Cipriani, che lo ha concesso.

In udienza preliminare, i giudici capitolini hanno considerato “fantasiosa” la ricostruzione dioriana dei fatti.

Di Orio sarà giudicato da tre donne: i magistrati di questo processo sono Zaira Secchi, presidente, Laura Fortuni e Claudia Lucilla Nicchi.

L’ex rettore è difeso dagli avvocati Mauro Catenacci di Teramo e Fabrizio Amelia di Roma.

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