UNIVERSITÀ DELL’AQUILA: STUDENTESSA NEOMAMMA, “UN ERRORE ELIMINARE LA DAD SENZA ECCEZIONI”

9 Settembre 2022 10:48

L'Aquila - Scuola e Università

L’AQUILA – “Vi scrivo in rappresentanza di un po’ tutte le donne nella mia stessa condizione: ovvero la maternità. Periodo bellissimo, ma purtroppo un periodo che non permette nel 2022 di avere un aiuto da parte dell’università dell’Aquila dato che è stato deciso di non proseguire con la Dad senza eccezioni. Così noi neomamme ci ritroviamo ancora una volta senza alcuna tutela”.

E’ un passaggio di una lettera ad Abruzzoweb neomamma, studentessa fuorisede all’Università dell’Aquila, sull’abolizione della didattica a distanza e che chiede l’anonimato.





“Noi neomamme ci ritroviamo ancora una volta senza alcuna tutela. I nostri piccoli hanno necessità di essere allattati ogni 3 ore, hanno bisogno nei primi mesi di vita del contatto fisico con la madre, ma sembra che questo non interessi minimamente all’università.
Per l’INPS molte di noi saranno in maternità ancora per 1 o 2 mesi, ma per Univaq non esistiamo.
I laboratori a frequenza obbligatoria nella mia facoltà sono di 4 ore al giorno fino a 4 giorni la settimana, a cui bisogna aggiungere il viaggio di andata e ritorno. Per un totale di 5 o 6 ore al giorno”, spiega la studentessa.

“Un arco di tempo nel quale un neonato dovrebbe essere allattato almeno 2 volte, senza contare il problema di non poter affidare un bambino così piccolo a nessuno. L’AIFA e tutti i pediatri raccomandano l’allattamento al seno per tutelare la salute dei bambini ed il loro legame con la madre. In questo contesto come dovremmo agire noi neomamme? Dovremmo portare i bambini all’ università allattandoli durante le lezioni obbligatorie? Cambiarli sui banchi? Senza poi dimenticare in questo caso anche il rischio di malattie che i neonati potrebbero contrarre dato il sistema immunitario non ancora sviluppato”.





“Nel 2022 non dare la possibilità a noi madri con bambini di età inferiore ad 1 anno di frequentare in DAD, vuol dire calpestare il nostro diritto allo studio, vuol dire tornare indietro di anni, vuol dire non dare a tutti pari opportunità, vuol dire non vivere in una società civile.
Sono profondamente amareggiata di dover scegliere tra la salute di un figlio e lo studio universitario, quando le due cose si potrebbero benissimo conciliare”, conclude la lettera.

 

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