L'AQUILA – Esce di scena in maniera traumatica dal contesto accademico l’ex padre padrone dell’Università dell’Aquila, Ferdinando Di Orio, al timone dall’ente per 9 anni di fila: l’attuale rettrice, Paola Inverardi, ha firmato il decreto di sospensione del suo predecessore dalla cattedra di Storia della medicina.
Il provvedimento è scattato dopo che il tribunale di Roma, il 25 gennaio scorso, ha condannato l’ex numero uno a 3 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici per aver indotto il professor Sergio Tiberti, suo collega, a consegnargli denaro non dovuto. Di Orio è stato condannato anche al risarcimento danni di circa 98 mila euro, alla confisca dei beni da parte dello Stato per equivalente e al pagamento delle spese legali. Il prof Tiberti con il quale l'lex rettore aveva avuto buoni rapporti, aveva denunciato dazioni per 200 mila euro, tra cui auto e abiti di lusso, affettuate per paura di ritorsioni sulla carriera universitaria.
È la stessa rettrice, che nelle passate settimane era stata molto cauta e riservata su una vicenda che ha creato forte imbarazzo, a ufficializzare l'adozione del provvedimento con una brevissima dichiarazione.
Si tratta, tra l’altro, del primo provvedimento di sospensione di questo genere nella storia della principale istituzione culturale aquilana.
“Come annunciato abbiamo fatto quel che dovevamo, c’è poco da commentare”, si limita a dire la Inverardi, che chiarisce che l’atto “vale fino a sentenza definitiva”.
A tale proposito, la sospensione per Di Orio potrebbe trasformarsi in un addio, visto che è difficile che, nei due anni che gli mancano per raggiungere l’età pensionabile, si possano celebrare i rimanenti giudizi in Corte d’Appello e in Cassazione.
Secondo quanto si è appreso, Di Orio, che non può più avere accesso nella struttura universitaria, avrebbe inviato una lunga lettera alla rettrice. Nel testo, in sostanza, sostiene di essere vittima del sistema e si dice convinto di dimostrare la propria innocenza.
Ulteriore fatto singolare è che l’ex rettore sia stato “sfrattato” dalla cattedra proprio dalla direttrice del dipartimento Mesva (Medicina clinica, sanità pubblica, scienze della vita e dell’ambiente), la ex facoltà di Medicina: la professoressa Maria Grazia Cifone, sodale dell’ex rettore, che la candidò alla sua successione in competizione con la Inverardi nelle elezioni del 2014.
Dopo la condanna, su iniziativa del direttore generale, Pietro Di Benedetto, nominato dall’ex rettore, l’Università ha chiesto un parere in merito all’Avvocatura dello Stato, che ha consigliato la sospensione, anche se la procedura è stata ritenuta superflua da alcuni prof, per i quali il provvedimento di sospensione è previsto come soluzione automatica dalla legge Severino.
In queste settimane gli stessi docenti, tra cui alcuni “grandi elettori” della Inverardi, hanno fatto pressioni su di lei per perorare la causa della sospensione dal lavoro additando Di Orio come “dipendente infedele”, visto che il reato di induzione indebita è stato commesso, come stabilito in primo grado dal tribunale della Capitale, nell’esercizio delle sue funzioni di rettore.
Di Orio è imputato in altri due processi: uno sui maxi affitti per il ricollocamento temporaneo delle sedi universitarie dopo il terremoto e l'altro per abuso d'ufficio aggravato nell'ambito della compravendita di un campo di calcio sul quale realizzare un'abitazione. (red.)
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