ROMA – Il centrodestra alle prese con il Risiko delle candidature. A meno di una settimana dal 22 agosto, data entro la quale le liste dei partiti dovranno essere formalmente presentate, i partiti della coalizione sono al lavoro per la stesura dei nomi che correranno per le elezioni politiche del 25 settembre.
Le principali forze dell’alleanza hanno raggiunto a fine luglio un accordo sulla distribuzione dei collegi (98 a Fratelli d’Italia, 70 alla Lega, 42 a FI e 11 a Noi Moderati) ma nella messa a punto delle candidature si trovano di fronte problemi diversi. I forzisti, che i sondaggi indicano come il partito del centrodestra meno consistente in termini numerici, saranno costretti a limare il numero dei candidati e lo stesso Antonio Tajani, coordinatore del partito, in una intervista al Corriere della Sera, ammette che in Forza Italia “andranno fatti dei sacrifici”.
Intanto si scalda la campagna elettorale, con il microbiologo Andrea Crisanti, candidato capolista in Europa con il Pd, ha affermato che “se fossimo stati nelle mani di Matteo Salvini ci sarebbero 300mila vittime di Covid al posto di 140mila”. La leader di Fdi Giorgia Meloni si scaglia contro il reddito di cittadinanza, promettendone l’abolizione per buona parte degli attuali percettori, Silvio Berlusconi torna alla presunzione d’innocenza e riparte da una vecchia promessa: “blindare” le sentenze di assoluzione, per evitarne l’appello da parte dei pm.
CENTRODESTRA, TEMPO DI SACRIFICI
L’obiettivo del centrodestra è ricandidare gli uscenti, ma la riduzione del numero dei parlamentari e il complesso meccanismo della legge elettorale costringe a una stretta. Silvio Berlusconi dovrebbe essere capolista al Senato nel proporzionale in cinque circoscrizioni e dovrebbe essere candidato nell’uninominale a Monza. Lo stesso Tajani sarà pluricandidato in diversi collegi (tra cui Lazio e Campania).
Sul resto dei nomi (Adriano Galliani ha già escluso una sua candidatura), i lavori sono in corso. In mattinata intanto ha escluso una sua candidatura il manager Flavio Briatore, che intervistato dall’AGI ha chiarito che non sarà nelle liste alle elezioni del 25 settembre, benché negli ultimi giorni si siano rincorse ipotesi e indiscrezioni sulla sua ‘discesa in campo’.
Priorità agli uscenti è anche il metodo che seguirà la Lega: “L’obiettivo è confermare la Lega come il partito dei sindaci, degli amministratori locali e dei giovani – fanno sapere fonti di via Bellerio, aggiungendo che Matteo Salvini “sta ascoltando e ascolterà il territorio, oltre a tutti i dirigenti”.
“Tra i volti nuovi – fa sapere ancora il Carroccio – oltre al presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Mario Barbuto, ci sono intellettuali come il professor Giuseppe Valditara ed esponenti dell’ambientalismo pragmatico come il presidente di FareAmbiente Vincenzo Pepe. Non mancheranno, nelle liste della Lega, esponenti delle Forze dell’Ordine, del mondo dei balneari e della sanità, alcuni grandi imprenditori, sportivi ed editori. Nelle prossime ore verranno ufficializzati altri nomi”. Sembra resistere anche la voce di una candidatura di Umberto Bossi alla Camera.
Più complicato il rebus per Giorgia Meloni, che al contrario di FI e Lega, si trova ad affrontare un problema opposto, ovvero reclutare quanto più possibile nomi che andranno a costituire la futura classe dirigente del partito che si presume sarà il più votato dagli italiani.
I nomi che circolano sono quelli dell’ex ministro dell’Economia del governo Berlusconi, Giulio Tremonti, dell’ex magistrato Carlo Nordio, dell’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata e dell’ex presidente del Senato in quota FI, Marcello Pera.
Un collegio blindato dovrebbe essere affidato al responsabile economico del partito, Maurizio Leo, e dovrebbe approdare in Parlamento anche l’ex governatore siciliano Nello Musumeci, molto vicino alla leader di FdI. Nella circoscrizione sud America è in già in pole l’ex pilota di F1 italo-brasiliano Emerson Fittipaldi.
CRISANTI: “CON SALVINI 140MILA MORTI DI COVID”
“Salvini critica la mia candidatura con il Pd? Forse dovrebbe pensare a tutti gli errori di valutazione che ha commesso, sia in politica estera che sulla sanità pubblica. Se fossimo stati nelle sue mani ora ci sarebbero 300mila vittime di Covid al posto di 140mila e oggi saremmo allineati con Putin. Salvini critica me, ha altre cose a cui pensare”. Lo ha affermato il microbiologo Andrea Crisanti, ora candidato nelle liste del Pd, ospite a “The Breakfast Club” su Radio Capital.
“Speranza? Sono stati fatti errori all’inizio, ma il ministro ha collaborato con dirigenti incompetenti, scelta che non dipendeva da lui. Tutti i politici e i medici all’inizio facevano a gara per minimizzare, io sono stato l’unico a mettere in evidenza il fatto che stava per scoppiare un disastro. L’Italia – ha concluso Crisanti – ha bisogno di persone con competenze scientifiche, ma ci siamo stancati di avere in politica tecnici non votati”.
Le parole del microbiologo Andrea Crisanti, candidato capolista in Europa con il Pd, accendono lo scontro tra centrodestra e centrosinistra e riportano prepotentemente il tema Covid nella campagna elettorale.
Se Matteo Salvini, tagliente, si limita a citare il virologo padovano, Giorgio Palù che definì Crisanti “un esperto di zanzare”, il suo partito non tarda a reagire compatto: “Speculare sui morti. Gli attacchi di Crisanti a Salvini sono a dir poco vergognosi”. La richiesta è che il segretario Enrico Letta si dissoci dalle parole dell’esperto, ma questi – al contrario – si schiera prontamente al suo fianco: “A destra prevale la cultura no vax. Ce li ricordiamo gli ‘aprire, aprire, aprire'”.
Rincara la dose il ministro della Salute Roberto Speranza: “Purtroppo da parte della destra, di alcuni esponenti dei partiti di Meloni e Salvini su questo terreno ci sono state troppe ambiguità”.
Si indigna la forzista Licia Ronzulli: “Ho proposto io l’obbligo vaccinale per il personale sanitario, altro che centrodestra no vax!”. Per Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, “mentre le Regioni a guida Lega erano in prima linea a combattere la battaglia contro il virus, Crisanti era impegnato nel suo show televisivo con finalità adesso note a tutti”.
Gli risponde Nicola Zingaretti, governatore dem e ora capolista nel Lazio: “Se l’Italia ha sconfitto il Covid, è grazie a noi e alla fiducia che abbiamo riposto nella scienza”.
MELONI: ” REDDITO CITTADINANZA FALLIMENTO TOTALE”
“Il reddito di cittadinanza è stato un fallimento totale, nonostante abbia avuto per lo Stato un costo esorbitante pari a circa 9 miliardi di euro l’anno. Stendendo un velo pietoso sulle migliaia e migliaia di truffe che ha generato – favorendo anche criminali, mafiosi e spacciatori -, ha fallito come strumento di lotta alla povertà che doveva essere abolita e invece ha raggiunto i massimi storici e ha fallito come misura di politica attiva del lavoro, visto che pochissimi dei percettori del reddito di cittadinanza sono stati alla fine assunti e hanno trovato un lavoro dignitoso”.
Queste le parole della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, in un video postato sui social.
“È l’ennesima riprova del fatto che avevamo ragione quando dicevamo che le risorse per le politiche attive andavano usate per aiutare le imprese ad assumere – ha detto ancora Meloni -. Oggi lo dicono un po’ tutti, però rimane che Fratelli d’Italia è stata l’unica forza politica di tutto il Parlamento, nella legislatura appena conclusa, che non ha mai votato a favore del reddito di cittadinanza. Ecco perché noi crediamo che uno Stato giusto non debba mettere sullo stesso piano chi può lavorare e chi non può farlo. Uno strumento di tutela serve per chi non è in condizione di lavorare: over 60, disabili, famiglie senza reddito che hanno dei minori a carico”.
“Ma per gli altri quello che serve è la formazione e gli strumenti necessari a favorire le assunzioni. Perché la verità è che l’unico modo di combattere ed abolire la povertà è consentire a chi è in una condizione difficile di migliorare quella condizione. Questo non si fa mantenendo le persone nella stessa realtà nella quale si trovano ma consentendo loro di avere un lavoro, un lavoro dignitoso e ben retribuito, che possa aiutarle a crescere indipendentemente dalla condizione dalla quale provengono. Questo fa uno Stato giusto”, conclude.
BERLUSCONI, “SARANNO INAPPELLABILI SENTENZE DI ASSOLUZIONE”
“Quando governeremo noi, le sentenze di assoluzione, di primo o di secondo grado, non saranno appellabili”, assicura il leader di Forza Italia.
“La Corte costituzionale l’ha dichiarata illegittima”, ammonisce il presidente dei magistrati, Giuseppe Santalucia. La Suprema corte ha riconosciuto il carattere anti costituzionale in varie parti e ridotto all’osso la norma (resta in vigore per le sentenze di non luogo a procedere e quelle di condanna solo se l’imputato risulta colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio).
Il Pd stoppa l’idea perché “le assoluzioni non sono una priorità del Parlamento”, sottolinea il senatore Luciano D’Alfonso che ricorda che sul processo penale è stata approvata la riforma Cartabia. La lotta alla “malagiustizia” resta nel dna di Forza Italia, che non a caso è il partito che più ha spinto perché fosse nel programma elettorale del centrodestra.
Tra i 15 punti, la giustizia occupa il terzo posto, affiancato alle riforme costituzionali (alias il presidenzialismo tanto caro a Giorgia Meloni) e alla sburocratizzazione. E in effetti gli alleati si allineano.
Lo fa la Lega, attraverso Giulia Bongiorno: “L’inappellabilità delle sentenze di assoluzione è un’antica battaglia, sacrosanta e oggi più che mai attuale”, rimarca la senatrice e penalista, convinta che “se risultano assolte, le persone hanno diritto a riavere la propria serenità, libertà e dignità”.
Sposa la proposta pure Fratelli d’Italia, anche se qualche distinguo non manca. “E’ decisamente fondata, ha un senso costituzionale, storico e politico”, è la premessa di Andrea Delmastro, responsabile del dipartimento Giustizia di FdI, che aggiunge: “Credo che debba essere valutata alla luce di una più organica riforma della giustizia”.
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