TERAMO – Centrodestra spaccato, con due candidati presidenti della Provincia di Teramo, Domenico Piccioni, sindaco di Tortoreto e Massimo Vagnoni, sindaco di Martinsicuro, il primo appoggiato da Fratelli d’Italia e dall’ex assessore regionale di Forza Italia Paolo Gatti, il secondo da Lega e Forza Italia. Centrosinistra in ordine sparso, con una parte che appoggia, un candidato, Camillo D’Angelo, sindaco di Valle Castellana, ex partito democratico, ma sempre più vicino al centrodestra, in assenza di alternative, e un altra parte che invece potrebbe convergere invece su Piccioni.
La politica teramana si conferma un vero e proprio laboratorio politico, con geometrie variabili, alleanze liquide, i big locali che dettano legge molto più dei partiti: avviene anche in occasione delle elezioni per la presidenza della Provincia per i prossimi quattro anni, che si terranno il 29 gennaio, con l’attuale presidente, di centrodestra, Diego Di Bonaventura, che non ha potuto ricandidarsi in quanto a maggio terminerà il suo secondo e ultimo mandato da sindaco di Notaresco.
Elezioni di secondo livello, da quanto è entrata in vigore la vituperata Legge Delrio, e riservata ai consiglieri comunali dei 47 comuni della provincia, con voto ponderato, ovvero più pesante per i centri maggiormente popolosi. Poi, a fine 2023, si voterà anche per il rinnovo del consiglio, che cade ogni due anni, e dove ora il centrodestra ha 8 rappresentanti, compreso Di Bonaventura, contro i 5 dell’opposizione.
Una carica, quella da presidente che però oggi fa molto gola ai partiti perché, seppure le Province siano state ridimensionate e si occupano solo di viabilità, edilizia scolastica e poco altro, ci sono ora importanti fondi del Pnrr da gestire, e perché la carica non è più gratuita, e dunque assai disdegnata, e parificata a quella del sindaco del capoluogo di provincia, in questo caso Teramo, con uno stipendio mensile di 8.012 euro lordi nel 2023, che salirà a 9.660 euro lordi nel 2024.
Vediamo dunque l’intricato scenario, cominciando dalla spaccatura del centrodestra, che dipende non solo da individualismi politici, ma anche dalle parallele partite delle elezioni comunali di Teramo di fine maggio, e dal braccio di ferro in Consiglio regionale per il rimpasto di giunta.
Partiamo proprio dalle comunali, che forse rappresenta il prologo di tutto: l’ex assessore Gatti, ed ex mister preferenze abruzzese, con oltre 10mila voti quando fu eletto all’emiciclo, continua ad avere dalla sua una rete di fedelissimi nei comuni e nei vari enti e ha lanciato la sua candidatura a sindaco di Teramo già a primavera scorsa, contro il sindaco uscente del centrosinistra Gianguido D’Alberto e Maria Cristina Marroni, di Italia viva, ex vice sindaco, poi uscita dalla maggioranza, gli unici due candidati ad oggi certi.
Gatti può godere dell’appoggio di Fratelli d’Italia, con in testa il presidente della Regione, Marco Marsilio, suo amico, e Umberto D’Annuntiis, sottosegretario di Giunta regionale, ex sindaco di Corropoli, eletto in consiglio nel 2019 con Forza Italia e poi passato con Fdi, con grande ira degli azzurri.
Come prevedibile, la Lega e Forza Italia hanno detto un no secco, e Gatti, anche alla luce di sondaggi interni da lui commissionati, poco incoraggianti, ha frenato sulla sua personale canditura a sindaco, almeno per ora. È però subito andato alla carica per la partita delle provinciali, lanciando a ottobre la candidatura a presidente di una sua fedelissima, il sindaco di Castel Castagna, Rosanna De Antoniis.
Anche qui la risposta di Lega e Fdi non si è fatta attendere, lanciando la candidatura alternativa di Massimo Vagnoni, sindaco di Martinsicuro, espressione della popolosa Val Vibrata, annunciata in grande stile il 5 gennaio dai coordinatori regionali di Lega e Forza Italia, rispettivamente il sottosegretario Luigi D’Eramo e il deputato Nazario Pagano. Vagnoni è anche presidente dell’Unione dei comuni della Val Vibrata, punto di forza non indifferente in un bacino elettorale decisivo.
A dare manforte, trasversale, a Vagnoni ci sarà anche il consigliere comunale di Teramo Mauro Di Dalmazio, ex assessore esterno della giunta regionale di centrodestra di Gianni Chiodi, poi passato nella maggioranza di centrosinistra di D’Alberto nel 2o2o.
La mossa della candidatura di Vagnoni ha così costretto Gatti e Fdi, pochi giorni prima della scadenza della presentazione dei candidati del 9 gennaio, a rimettere nel mazzo la carta De Antoniis, espressione delle aree interne, e a puntare su un altro esponente di spicco della Val Vibrata, il sindaco di Tortoreto, Domenico Piccioni, vicino a D’Annuntiis, rieletto a giugno scorso con l’appoggio di Fdi e Fi e contro la Lega, che aveva candidato Nico Carusi, ora all’opposizione.
Ad aver già annunciato l’appoggio a Piccioni, Giulio Cesare Sottanelli, neo deputato e coordinatore regionale di Azione, anche se ha dichiarato che avrebbe gradito al vertice della Provincia Rosanna De Antoniis. Appoggio importante, che può valere il voto di una città popolosa come Roseto degli Abruzzi, in mano al sindaco Mario Nugnes, eletto grazie al determinante appoggio di Sottanelli, uomo forte in quel tratto di costa teramana.
E così il centrodestra si presenta spaccato, con il rischio di perdere la presidenza della Provincia, che non avrebbe faticato a mantenere con una candidatura unitaria.
A pesare sullo sfondo anche il braccio di ferro che si sta consumando nella giunta e nel consiglio regionale abruzzese.
Forza Italia, come ha detto chiaramente ad Abruzzoweb il presidente del Consiglio Lorenzo Sospiri incalza Marsilio e gli alleati di Fdi e Lega perché pretende più peso nella maggioranza, avendo ora di fatto sette consiglieri: oltre agli “effettivi” eletti nel 2019 – lo stesso Sospiri e il capogruppo Mauro Febbo – anche i “federati”, ovvero i tre di Valore Abruzzo, Manuele Marcovecchio, Simone Angelosante e Tony Di Gianvittorio, andati via dalla Lega, e il vice presidente del Consiglio regionale, Roberto Santangelo, eletto con la civica Azione politica.
E soprattutto Forza Italia pretende che venga in qualche modo “risarcita” dal passaggio a Fratelli d’Italia di D’Annuntiis, lo sponsor principale di Vagnoni alle provinciali di Teramo.
Ma è sfumata l’ipotesi che Febbo aveva illustrato per accontentare Forza Italia: la nomina come assessore, al posto di Guido Liris, diventato senatore, non di Mario Quaglieri, bensì dello stesso sottosegretario D’Annuntiis, in modo tale da far entrare come “surrogato” all’Emiciclo il primo dei non eletti di Fi nel 2019, Gabriele Astolfi, attuale commissario provinciale di Teramo ed ex sindaco di Atri. Con Quaglieri che sarebbe andato ad occupare il posto di sottosegretario. Ipotesi respinta al mittente da Marsilio, che invece si è limitato a sostituire Liris con Quaglieri, facendo entrare come surrogato in consiglio il suo capo di gabinetto in Giunta, Massimo Verrecchia, dirigente di Fdi di Avezzano. Una mossa che ha mandato su tutte le furie la Forza Italia teramana.
Anche a sinistra però la situazione è a dir poco complessa.
A candidarsi contro Vagnoni e Piccioni è stato D’Angelo, ingegnere civile e elettronico e giovane amministratore classe 1982, sindaco della piccola Valle Castellana, nel cuore dei Monti della Laga, rieletto a maggio scorso.
Ad appoggiarlo è innanzitutto il consigliere regionale ed ex assessore del Partito democratico Dino Pepe, di Torano, e che ha dunque anche lui il suo feudo nella Val Vibrata, ago della bilancia di questa competizione.
Con D’Angelo anche Italia Viva, aspetto non secondario, perché se D’Angelo dovesse farcela, prendendo il posto di Di Bonaventura, il consigliere renziano Giovanni Luzi, ora in maggioranza, passerebbe nell’altro campo, e il centrosinistra avrebbe 8 voti contro i 5 del centrodestra, che diverrebbe minoranza, ribaltando la situazione attuale, ancor prima dell’esito delle elezioni di fine 2023.
Ad appoggiare D’Angelo poi la maggioranza di centrosinistra di D’Alberto al consiglio comunale di Teramo, che detiene il 20% della quota dei voti ponderati dell’intera provincia con i suoi 51mila abitanti. E si conta anche su “franchi tiratori” del centrodestra nei comuni delle aree interne, che potrebbero non gradire Vagnoni che Piccioni, entrambi espressione della costa.
Ma non tutto il Partito democratico teramano sembra essere convinto di questa candidatura, tenuto conto che c’è chi fa osservare che D’Angelo al limite può essere considerato il candidato “meno di centrodestra” tra i tre in campo, visto che siede nella maggioranza di centrodestra dell’assemblea del Ruzzo, la società del servizio idrico del teramano, dove presidente del cda è Alessia Cognitti, in quota Gatti, e sta con il centrodestra anche nella giunta del consorzio pubblico del Bacino imbrifero Montano (Bim), guidato da ora da Marco Di Nicola, vicesindaco di Torricella Sicura, civico di centrodestra, amico di vecchia data dello stesso D’Angelo.
E così si moltiplicano le voci secondo le quali altri pezzi importanti del centrosinistra teramano, con buona pace dell’area di Dino Pepe, potrebbero appoggiare Piccioni: è il caso di Sandro Mariani, consigliere regionale di Abruzzo in Comune, e addirittura anche il senatore e segretario regionale del Pd, Michele Fina, sarebbe di questo avviso.
Puntando non sulla vittoria, ma su una “non sconfitta”, con la promessa da parte di Piccioni di nominare poi alla carica di vicepresidente, Vincenzo D’Ercole, sindaco di Castiglion Messer Raimondo, del Pd, e attuale consigliere provinciale di opposizione.
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