L’AQUILA – “Un isolamento che all’epoca mi costò il rapporto con mio figlio”.
Così in un’intervista al Corriere della Sera il presidente del Senato, Pietro Grasso, apre una finestra sulla propria vita privata rispondendo a una domanda sulle “troppe ferie” dei magistrati e parlando del rapporto con il figlio Maurilio, dirigente della squadra Mobile della questura dell’Aquila, all’epoca in cui, da giudice a latere del tribunale di Palermo, Grasso senior si occupava del maxiprocesso.
“Al maxiprocesso non ho preso un giorno di ferie per 3 anni, sono stato 35 giorni in camera di Consiglio senza uscire dall’aula bunker e senza comunicare con nessuno, neppure con la famiglia – ricorda Grasso – Mia moglie sapeva che ero vivo perché arrivava la biancheria sporca. Poi sono stato 8 mesi chiuso in casa a scrivere la sentenza”.
E com’è oggi il rapporto con suo figlio?, chiede nel finale del colloquio il giornalista di via Solferino.
“L’ho recuperato dopo l’assassinio di Falcone. Giovanni non aveva figli e amava stare con i figli degli amici, con Maurilio giocavano a ping-pong – svela – Nel ‘92 lui capì che si può anche morire facendo il magistrato antimafia, ma senza la ricerca della verità la vita non è degna di essere vissuta. Oggi fa il funzionario di polizia”.
Padre e figlio si sono rivisti all’Aquila in occasioni formali in occasione della visita formale del presidente del Senato il 6 aprile 2013, a 4 anni dalla scossa del 2009. (alb.or.)
GRASSO E IL FIGLIO A L’AQUILA, ‘MAXIPROCESSO COSTO’ RAPPORTO CON LUI’L’AQUILA - “Un isolamento che all’epoca mi costò il rapporto con mio figlio”.
Così in un’interv...








