PESCARA: STORIE DI VITA IN STAZIONE, PRESENTATO STUDIO SU VIOLENZA

di Alessandra Renzetti

19 Settembre 2013 17:26

Pescara - Cronaca

PESCARA – Tutte le città hanno dei “simboli”, dei luoghi in cui arrivo e partenza coincidono, in cui sconforto e fiducia possono per un attimo stringersi la mano e collaborare per un nuovo inizio, come accade per la città di Pescara, la cui stazione ferroviaria, di media entità se si considerano altri snodi nazionali ed europei, è stata oggetto di discussione all’interno dell’incontro che si è tenuto presso l’ex Aurum.

Eppure anche all’interno della stazione della città adriatica ci sono storie quotidiane non sempre facili da raccontare, situazioni da risolvere, persone da aiutare come sta facendo l’associazione “Train de Vie”.

Le aree di transito sono delle aree dove si concentrano i problemi sociali, dove storie di vita si sovrappongono, dove ogni giorno arrivano persone, altre vi lavorano, altre vi soffrono, ma per qualcuno può rappresentare un piccolo riparo: è proprio lì che quanti vengono emarginati dalla società possono trovare la “salvezza” perché vengono intercettati dagli operatori sociali che li convincono del fatto che si può davvero ricominciare anche dopo un periodo di forte disperazione, anche dopo aver perso ogni cosa e dopo aver creduto, invano, di aver lavorato bene durante la propria vita.





Il progetto europeo di durata biennale “Violence in Transit” finanziato dal programma Daphne III ha affrontato attraverso un’attenta analisi il problema della violenza giovanile che nella maggior parte dei casi è legato alla marginalizzazione e all’esclusione sociale che vanno contrastati con l’aiuto concreto da parte della stessa città, degli stessi residenti, anche attraverso forme di volontariato; questa la considerazione di Ermanno Bonaventura, portavoce del Forum Terzo Settore Abruzzo presente all’incontro: “Le periferie esistenziali non sono solo nella stazione ferroviaria di Pescara ma sono molte di più, il problema è che molto spesso facciamo fatica a percepirle. È proprio il no profit a doverle far emergere; c’è necessità assoluta di creare una rete dove i problemi di questo tipo vadano inseriti secondo una logica. Bisogna che il problema delle periferie esistenziali diventi un problema centrale come molti altri”.

Il progetto è stato presentato dal presidente dell’associazione “On the Road” Vincenzo Castelli che ha dato il via alla discussione: “Credo sia importante riprendere l’idea di spazio sotto una logica diversa, considerandola quella che aggrega, ripensando anche alla modellistica della piazza medioevale dove la gente si aggregava e dove c’era l’incontro della comunità locale. Abbiamo creato troppe periferie, e vogliamo recuperare il tema della spazialità in un modo totalmente diverso, lo spazio dev’essere un luogo di convivialità sociale”.

Successivamente Fabio Sorgoni ha presentato il report di ricerca nazionale e Antonello Salvatore ha presentato la sperimentazione sociale, affinché potesse al meglio dare i suoi frutti il progetto è stato organizzato in quattro macro-azioni dette ‘work streams’: la ricerca, intesa come indagine nazionale e transnazionale con successiva analisi comparativa delle dinamiche attraverso cui si manifestano fenomeni devianti e violenti che hanno per protagonisti i giovani nelle aree soprattutto di transito; la sperimentazione di interventi sociali e di comunità, intesa come attività sul campo;
creazione di modelli d’intervento e studio di trasferibilità in altre aree e territori con simili caratteristiche; disseminazione e mainstreaming dei risultati del progetto.

Più volte nel corso dell’incontro si è fatto riferimento alla violenza giovanile definendolo argomento molto complesso da affrontare, soprattutto alla luce del fatto che si tratta di un argomento dalle molteplici sfaccettature, poco circoscrivibile. Quando oggi si parla di violenza giovanile, il più delle volte si parla di fenomeni di bullismo o baby gang in cui i ragazzi si rendono protagonisti di azioni furtive, estorsioni, vandalismo e l’origine di questi comportamenti è da riscontrare in una mancanza, quella della figura genitoriale che li porta a trovare o meglio rifugiarsi in una nuova identità.





Devastante è poi la situazione in cui versa la nazione che fa i conti con un grave problema: la disoccupazione, e questo testimonia come i disagi sociali siano figli della grave crisi che si sta attraversando. Si è evidenziato come nell’anno 2012, un giovane su tre, tra i 15 ed i 25 anni fosse disoccupato, ed analisi ulteriori dimostrano che in tre anni l’occupazione giovanile è passata da 7 milioni a 6 milioni, ed i più giovani guadagnano il 35% in meno di coloro che hanno più di 30 anni, questo significa che oggi la crisi ha accelerato questo fenomeno di concentrazione della popolazione ricca da un lato, e della povera, dove si raggruppano maggiormente i giovani dall’altro; questi ultimi però si sentono esclusi dai cicli produttivi e dalla società dove vanno necessariamente reinseriti con dei programmi tali da superare il fenomeno dell’emarginazione; ma di certo vittime della crisi non sono soltanto i giovani.

Dato importante è anche quello relativo all’aumento della popolazione immigrata. Oggi vivono in Italia circa 5 milioni di immigrati che non sono sempre gli autori dei reati, in realtà questo è un luogo comune, ma molto spesso sono proprio le vittime: sfruttamento sessuale e lavorativo, violenza, razzismo, discriminazione li escludono dalla vita sociale e li confinano ai margini di una società che fa fatica ad accoglierli; ancora una volta ad essere più esposti a questo fenomeno sono i giovani che essendo deboli sono facilmente deviati.

La ricerca effettuata sulla stazione di Pescara ha dimostrato come essa è un vero e proprio palcoscenico di vita quotidiana, uno spazio “invisibile”, perché lì tutti passano ma nessuno si ferma perché al suo interno ci sono solo viaggiatori, ed è lì che bisogna lavorare per accogliere quei cittadini e quei gruppi marginali che si rifugiano in esso; questo luogo deve saper aggregare e non disperdere, offrendo incontro e relazione, non discriminazione. In passato sono stati proprio gli operatori di “On the Road” ad organizzare attività di reading poetici, spettacoli teatrali e balli che hanno risvegliato in coloro che avevano perso la possibilità di essere felici di provare ancora emozioni, passione e voglia di vivere.

Proprio gli spettacoli realizzati nella stazione ferroviaria di Pescara hanno rappresentato la “normalità” per loro che sono riusciti benissimo a far emergere la loro vena creativa trasformando quel luogo considerato “pericoloso” in uno spazio artistico ed ecco perché, come ha spiegato lo stesso Castelli si può parlare di estetica sociale, rendendo anche un luogo di degrado e oggi considerato “off limits” come la stazione in un luogo piacevole. Solo con il “lavoro di strada” ricreando spazi e tempi a loro immagine e somiglianza si può limitare il livello di violenza tra i giovani e non solo, e far capire ai discriminati che possono diventare i veri protagonisti del loro futuro offrendo loro strumenti con cui possano, a modo loro, comunicare.

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