LIBERE RITMICHE: REGGAE E VOGLIA DI SPERIMENTAZIONE

di Elisa Marulli

14 Novembre 2010 12:43

L'Aquila -

L’AQUILA – Sperimentazione, sonorità lasciate a briglia sciolta, suonare per il gusto di farlo, per lasciarsi andare a quelle “libere ritmiche” sancite nel loro nome.

Sono queste le caratteristiche del gruppo aquilano “progressive reggae”, tanto per rispondere a chi chiede definizioni sul loro genere.

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Una base reggae, dunque, ma condita dalla personalità dei componenti di diversa astrazione musicale è il sound originale delle Libere ritmiche, fondate nel 2004 da Elio “Maracatù” Tazzi, bassista e compositore molto noto nell’ambiente jazz-reggae con un grande sogno nel cassetto: formare una reggae band dal sound innovativo e fuori dagli schemi classici imposti da questo genere musicale.





Al progetto si uniscono Roberto Passacantando, detto “Bastò”, cantante con alle spalle esperienze in gruppi prettamente rock, autore anche dei testi delle canzoni, Mario Boriani, detto “Mr. Tnt”, batterista jazz creatore di groove dal tocco morbido e ritmato, Edoardo Gaudieri, alias “Tatà”, tastierista e bassista, ed Emanuele Placidi, alias “Fifì”, tastierista e chitarrista, sperimentatore del sound appassionato di strumentazione vintage.

L’ultimo acquisto, nel 2006, è Roberto Spaziani, detto “Krigger”, che completa il muro sonoro delle Libere ritmiche con il suo sound aggressivo.

Il gruppo ha iniziato i primi concerti live proponendo il proprio repertorio in giro per l’Italia e partecipando alle selezioni di festival come quello teramano “Emergenza” e per il “Rototom Sunsplash” di Osoppo (Udine).

“Tra i più emozionanti – ricorda Roberto, voce del gruppo – sicuramente la partecipazione come ‘opening band’ al concerto degli Almamegretta a Pratola Peligna e quello dei Sud Sound System a Giulianova, dove c’erano circa 4 mila persone”.

Piano piano matura l’idea di raccogliere in un album il lavoro fatto negli anni, e così nell’ottobre di quest’anno esce il primo disco ufficiale, l’omonimo “Libere Ritmiche”, distribuito dalla Sanarecords, che contiene tutti i brani composti dal 2004 a oggi, ognuno dei quali è legato a un’emozione vissuta in un determinato momento della vita della band.





Tredici pezzi, di cui solo il primo, “Magnitudo 6.3”, è stato scritto post terremoto. “Il sisma – spiega Roberto, autore del testo – è stata un’esperienza forte, che ci ha fatto male. Il mio è un racconto personale, nudo e crudo, ma scritto in maniera generica in modo da poter essere condivisa da tutti quelli che il sisma l’hanno vissuto”.

Diversi, invece, i temi trattati negli altri pezzi. “Nel brano ‘Piazza Dam’, per esempio, raccontiamo un viaggio ad Amsterdam. In un altro parliamo di televisione, di guerre, delle cose che non vanno nel mondo. C’è una frase di una canzone che dice ‘non c’è più limite all’impossibile’, perché basta ascoltare quotidianamente le news per rendersi conto che al mondo succede di tutto”.

Sicuramente una cosa che non si troverà mai nei loro brani sono i temi smielati “alla sole-cuore-amore. Non siamo quel genere di gruppo che fa canzoncine sdolcinate”.

Nonostante l’album sia uscito da poco, il gruppo è già proiettato verso il futuro, con nuovi progetti. “Non vogliamo fossilizzarci sul disco, ma andare oltre. Già stiamo provando cose nuove in studio, vogliamo continuare a sperimentare e sperimentare!”.

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