ALTRE RIVELAZIONI DA INTERCETTAZIONI INCHIESTA SU EX PRESIDENTE ANM. E’ LEGNINI, SCADUTO IL MANDATO DA VICE PRESIDENTE DEL CSM E GIA’ CONSIGLIERE REGIONALE DI CENTROSINISTRA IN ABRUZZO, A PARLARE DELLA CONVIVIALE

BUFERA PROCURE: SPUNTA ALTRO ABRUZZESE NOTAIO TERAMANO CIAMPINI A CENA PALAMARA

31 Maggio 2020 21:08

Regione - Cronaca

L’AQUILA – “Ho visto il notaio là.. Ciampini.. che mi ha detto ci dobbiamo vedere, dobbiamo fà una cena e gli ho detto vabbè”.

Dopo l’ex vice presidente del Consiglio superiore della Magistratura, Giovanni Legnini, spunta un altro abruzzese nelle intercettazioni dell’inchiesta di Perugia che ha provocato un terremoto nella magistratura Italiana e che vede indagato l’ex presidente dell’associazione nazionale magistrati, Luca Palamara: la new entry è Biagio Ciampini, notaio di Sant’Egidio alla Vibrata, in provincia di Teramo, salito alla ribalta delle cronache quando in vista delle elezioni politiche del 4 marzo nel 2018, il suo nome era stato fatto come possibile candidato del Partito democratico dal deputato uscente dem Tommaso Ginoble, ex assessore regionale, ora passato ad Italia Viva.

E’ lo stesso Legnini in una delle tante intercettazioni che non fanno parte del fascicolo della inchiesta che stanno uscendo in questi giorni, a fare il nome di Ciampini in una conversazione con l’allora potente capo della corrente Unicost, intorno al quale ruotavano nomine, faide, amicizie e manovre: Ciampini, come riferito dal quotidiano Il Giornale annota la Finanza “è il notaio che compare in numerose società di Fabrizio Centofanti, l'imprenditore amico di Renzi e Zingaretti indagato insieme a Palamara”. Centofanti, che sarebbe un costruttore-faccendiere laziale, secondo quanto si è appreso, avrebbe avuto rapporti con l’Abruzzo, non solo per la conoscenza con il notaio teramano, ma anche negli ambienti imprenditoriali.

La intercettazione è datata 21 marzo 2019 e sia Palamara, sia Legnini, che è diventato consigliere regionale dopo aver salvato la faccia in Abruzzo portando come candidato alla presidenza il centrosinistra ad un buon risultato pur perdendo nettamente con il centrodestra guidato da Marco Marsilio, di Fratelli d’Italia, non sono più al Csm. Questa e tante altre conversazioni stanno causando non pochi imbarazzi all'ex vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, oggi commissario per l’emergenza sisma del Centro Italia, seppure del tutto estraneo alla inchiesta della procura di Perugia. Come non è indagato Ciampini. 

La frase di Legnini è catturata dal trojan: la cena si sarebbe poi tenuta a casa di Palamara, a stretto giro.

Con la partecipazione di Cosimo Ferri, magistrato, ex sottosegretario alla Giustizia allora parlamentare dem, ora anche lui in Italia Viva, e  Andrea Baldanza, magistrato della Corte dei Conti e già capo di gabinetto alla Regione Lazio.

“Più o meno la stessa compagnia” rivela il Giornale,” si ritrova pochi giorni dopo a cena a casa di una amica avvocato”.

Dalle intercetteazioni non emergono i contenuti e le decisioni dell’incontro: secondo quanto si è appreso, si sarebbe parlato di strategie che avrebbero previsto anche il coinvolgimento di istituti bancari. 





Cene che provocano non pochi problemi familiari a Palamara, che prima deve sfrattare la moglie e figli: “Senti ti volevo dire domani sera eh se faccio una cosa ristretta da me non è che potete uscì tutti no? Te Lavinia e Rocco potete uscire dico un po?”, spiega Palamara.

Per poi subire le ire della compagna, Adele Attisani, che in un impeto d'ira arriva ad esclamare: “Comunque devi sparire, perché in questi momenti non ci sei nemmeno e Legnini non è ormai nessuno perché non è che ci lavori insieme”. Prendendosela con l’avvocatessa G, che avrebbe promosso la conviviale: “E la prima è quella che organizza, che organizza per voi perché è una che cerca di farvi accoppiare ma fate schifo siete una categoria schifosa e tu mi lasci sola. Sapevi che io arrivavo stasera”.

Va ribadito, che sia Legnini che Ciampini sono del tutto estranei all’inchiesta, che vede invece coinvolto con l'accusa di corruzione Palamara a cui viene contestato di avere violato i suoi doveri quale componente del Consiglio superiore della magistratura, in particolare di avere messo le sue funzioni a disposizione dell’imprenditore romano e suo amico Centofanti in cambio di viaggi e regali: l’imprenditore che avrebbe solidi rapporti professionali in Abruzzo,  ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone ed ex portavoce dell’esercito italiano in Kosovo. Indagato a Roma anche per finanziamento illecito in un fascicolo aperto dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Stefano Fava.

Tornando alla inchiesta che ha messo a nudo un discutibile sistema di gestione della magistratura, dagli atti depositati, sarebbe emersa una rete di alleanze e piani messi in piedi da Palamara per le nomine in magistratura un pò in tutta Italia. Ma anche incontri con politici, imprenditori e colleghi.

Nelle chat di Palamara, il nome di Legnini è ricorrente tanto che la bufera si è abbattuta anche su di lui, con il centrodestra e il M5S che hanno chiesto le sue dimissioni immediate da commissario alla Ricostruzione, accusato di non essere stato, come vice presidente Csm, neutrale e super partes.

In una delle interlocuzioni Legnini si rende disponibile a contattare il quotidiano La Repubblica, quando già la bomba dell'inchiesta di Perugia era esplosa, “Se vuoi parlo io, ho rapporti al massimo livello… dimmi tu….riflettici…”, dice Legnini a Palamara.

Dall’inchiesta emerge anche la “solerzia” con cui Palamara e Legnini si schierano in difesa del procuratore agrigentino, Luigi Patronaggio, che stava indagando sul leader leghista, Matteo Salvini, quando era ministro dell'Interno nel governo Conte 1, finito nel mirino della Procura di Agrigento per essersi opposto allo sbarco della nave Diciotti.

“Dobbiamo dire qualcosa sulla nave” dice Legnini a Palamara, che risponde “Ok, sono pronto”.





Legnini ha ammesso di aver usato “frasi infelici” sulla vicenda a Repubblica, precisando che “mai avrei potuto orientare Repubblica né nessun altro: non ne avevo il potere”.

Per quanto riguarda la vicenda che riguarda Salvini, in una nota ha spiegato che “si trattò di un intervento doveroso, che rientra nelle competenze del Csm, svolto esclusivamente a tutela dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, e che rifarei esattamente negli stessi termini”, e che i messaggi pubblicati “non hanno nulla a che vedere” con la vicenda Palamara.

Per poi lamentare in un’intervista ad Huffpost che “chiunque avvertirebbe un senso di violenza se le proprie conversazioni private e senza alcun rilievo penale fossero registrate e date in pasto alla pubblica opinione. Anche io ne sono stato vittima. E non è in discussione la libertà di stampa, non è colpa dei giornalisti ma dell'uso distorto di uno strumento che deve servire ad accertare reati, non a screditare le persone”.

Il nome di Legnini ricompare, scrive ancora Il Giornale, quando Palamara si interessa alla carriera di un amica magistrato, Adele Verde, che ambisce a fare il segretario al Csm. Palamara la conforta affermando che “lunedì mattina io ne riparlò con Legnini perché a mio avviso bisogna tentare ogni carta per farti entrare”. 

In una lunga intervista alla trasmissione di La7 “Non è l'Arena” anche Palamara si è difeso ieri a spada tratta.

“Voglio sfatare che il politico dall'esterno sia in grado di incidere sul procuratore di turno”, ha detto Palamara aggiungendo che “mi sento e sono uomo delle istituzioni, amo la magistratura, porto la toga nel cuore”. Quanto all'accusa che gli veniva mossa in origine, nell'inchiesta di Perugia, di aver preso 40 mila euro per facilitare una nomina, Palamara ha risposto: “L'accusa originaria è caduta. Gli stessi pm l'hanno fatta cadere nella fase delle indagini preliminari. Il gip ha testimoniato che non c'è nessun atto contrario ai doveri d'ufficio”.

“Non ho inventato io il sistema delle correnti, quindi identificare me come male assoluto è un'operazione che potrebbe far comodo a qualcuno. Si parla di una rete di Palamara che arriva dappertutto, più semplicemente il mio ruolo era mediare all'interno delle singole correnti, e il Csm è il luogo dove necessariamente occorre mediare per nominare un determinato dirigente di un ufficio”, ha infine evindenziato. (red)

 

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