Dopo 150 anni, tornano in Abruzzo le maioliche di Castelli

16 Luglio 2007 00:00

- Cronaca

CASTELLI. Dopo essere state celate per anni nei magazzini del museo statale Ermitage di San Pietroburgo, sabato 14 luglio 2007 tornano nel loro paese natale 77 preziose ceramiche che emigrarono in Russia tra il XVI e il XVIII secolo, nel periodo di una straordinaria campagna acquisti da parte degli zar e dei loro mercanti d’arte.





Fino al prossimo 9 settembre, i capolavori degli eminenti maestri castellani saranno esposti nelle teche del Museo delle Ceramiche di Castelli, tutti i giorni – domenica compresa – dalle 8.00 alle 20.00.
Un evento di grande importanza storica se si pensa che il ritorno in patria di queste maioliche restituisce a Castelli la paternità di questi capolavori. Per secoli, infatti, questo tesoro conservato all’Ermitage era stato erroneamente attribuito alle maestranze di Faenza e solo recentemente gli storici hanno riconosciuto, nella fattura di questi 77 pezzi, la mano dei maestri castellani.
Una mostra itinerante che si articola in tre tappe. Partita a Roma lo scorso 31 maggio dal Museo di Palazzo Venezia dove è stata inaugurata dal Presidente del Senato Franco Marini, l’esposizione si trasferisce ora a Castelli per poi concludersi a Teramo nella Pinacoteca Comunale, dal 13 settembre al 31 ottobre 2007.
Vasi, piatti, albarelli, mattonelle, coppe, brocche e salsiere di straordinaria fattura, che testimoniano una significativa e radicata tradizione ceramistica a Castelli, tutt’ora molto sentita. I manufatti in esposizione appartengono agli eminenti maestri Pompeo di Bernamonte, Orazio Pompei, Francesco e Carlantonio Grue, Nicola Cappelletti e Carmine Gentile, in rappresentanza dei principali stili pittorici adottati a Castelli tra il XVI ed il XVIII secolo.
Ma l’arte della ceramica a Castelli sembra avere origini che risalgono a circa dieci secoli fa, quando una comunità di monaci benedettini si insiediarono nell’Abbazia di San Salvatore e ne iniziarono la produzione. Furono loro a insegnare questa arte agli abitanti del paese.
La produzione di Castelli, famosa già nel Cinquecento per opera dei ceramisti della famiglia Pompei (in particolare Orazio), si affrancò via via dai modelli umbri cui si ispirava. Grazie alla raffinatezza delle sue maioliche, infatti, impose – tra metà Seicento e fine Settecento – lo stile di pittura denominato “istoriato castellano”, che fu portato al massimo splendore dai maestri appartenuti alle famiglie Grue, Gentili, Cappelletti e Fuina. Dall’inizio del ‘600 sino a tutto il ‘700, Castelli si contraddistinse anche nell’utilizzo del colori creando la cosiddetta “tavolozza castellana”, che comprendeva in sé i colori giallo, arancio, blu, verde e manganese. Solo verso la fine del ‘700 compare anche l’utilizzo del rosso.
Una delle tecniche che, dal 1500 fino agli anni Cinquanta del XX secolo, ha contraddistinto sempre la lavorazione della ceramica a Castelli è l’utilizzo del “forno a respiro”. La sua caratteristica principale era la presenza, sopra la camera di cottura, di una camera di combustione senza prese d’aria. Fu grazie a questa e all’introduzione di altre innovazioni tecnologiche che Castelli riuscì a contraddistinguersi come un centro sempre all’avanguardia nella lavorazione della ceramica e capace di adattarsi continuamente ai gusti del momento.
A testimonianza di una significativa e radicata tradizione ceramistica abruzzese che è apprezzata anche fuori dei confini italiani, oggi le maioliche di Castelli sono esposte nei maggiori musei del mondo: Louvre di Parigi, Brithish Museum di Londra, Metropolitan Museum of Art di New York e Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo.





Fonte: PrimaDaNoi

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