VITALIZI REGIONALI: PER CONSIGLIO DI STATO NON E’ PENSIONE, CADE DIRITTO ACQUISITO?

di Filippo Tronca

22 Aprile 2017 08:00

Regione - Cronaca

L'AQUILA – Per il Consiglio di Stato, i vitalizi di cui godono gli ex consiglieri regionali e onorevoli della Repubblica non sono pensioni: un verdetto che rafforza gli argomenti di chi ritiene che i vitalizi possono essere tagliati, in modo anche retroattivo, e in barba al vacillante principio del “diritto acquisito”, brandito da chi questo privilegio se lo vuole tenere stretto e intatto.

A ribadirlo una sentenza dell'organo di secondo grado della giustizia amministrativa del 18 aprile scorso, nel merito di una vertenza di una nutrita schiera di ex consiglieri e onorevoli, che stanno dando battaglia legale contro la riduzione del loro assegno, deciso dalla Regione Veneto un anno fa.

Una sentenza che potrebbe essere di un certo interesse anche per la Regione Abruzzo, una di quelle che non ha dato seguito all’ordine del giorno della Conferenza delle assemblee regionali del lontano 10 ottobre 2014 che, appunto, prevedeva il taglio del 6 per cento per vitalizi sotto i 1.500 euro, al 15 per cento per gli importi superiori ai 6 mila euro, da intendersi come contributo di solidarietà limitato nel tempo. Con una mano più pesante per coloro che cumulano più di un'indennità di questo genere.

Il vitalizio non viene considerato una pensione, tanto che il Consiglio di Stato dice ai ricorrenti veneti di rivolgersi al giudice ordinario e non alla Corte dei conti, competente in tema pensionistico.

A questo punto si indebolisce l’argomento giuridico principe a difesa dell’intoccabilità del vitalizio, ovvero il suo essere un “diritto acquisito”, che non può essere ridotto dal primo governo che passa, e in modo retroattivo, anche temporaneamente e motivandolo come un contributo di solidarietà in un momento di grave crisi economica.

Se il vitalizio non è una pensione, infatti, molti giuristi concordano nel fatto che non goda delle “guarentigie” tipiche di un assegno pensionistico. Per esempio non è soggetto a limitazioni per pignoramenti fino al massimo di un quinto, e soprattutto, a questo punto, potrebbe risultare costituzionalmente legittima una sua riduzione, purché sia di una certa ragionevolezza, ovvero progressiva al crescere dell'importo, e comunque per un periodo limitato.

Tutto questo al fine di salvaguardare anche il “principio di affidamento” sancito in Costituzione, nel senso che il cittadino ha il diritto di “fare affidamento” sui diritti che l’ordinamento giuridico gli riconosce e sui quali, conseguentemente, ha organizzato la propria vita e ha fatto scelte personali, familiari, professionali, sociali, economiche e finanziarie.





A tal proposito, va ricordato che una sentenza della Corte costituzionale, emanata quando il governo di Mario Monti tentò di ridurre le pensioni elevate, bocciò la proposta, ma solo perchè il taglio era a tempo indeterminato. Ma proprio in quella sentenza, la Consulta ebbe a dire che, se il taglio fosse stato per una durata determinata, nulla avrebbe avuto da ridire.

Se questo vale per le pensioni, figurarsi per una rendita che non ha le caratteristiche della pensione, quale appunto il vitalizio.

L'argomento giuridico del diritto acquisito e dell'intoccabilità, dunque, dei vitalizi, è stato sbandierato anche in Abruzzo dai consiglieri regionali di maggioranza e opposizione di centrodestra, che hanno rispedito alle commissioni la proposta di legge del Movimento 5 stelle, presentata oltre 2 anni fa, che prevedeva il dimezzamento degli stipendi dei consiglieri e anche il taglio dei vitalizi per chi ancora li percepisce, dopo l’abolizione a partire da questa legislatura, scattata nel 2011.

Allo stesso modo, ha ragionato il prudente esecutivo regionale, meglio non rischiare applicando l’ordine del giorno della Conferenza delle Regioni, in attesa degli oltre 300 ricorsi di ex consiglieri e onorevoli che invece il taglio lo hanno già subìto in Lombardia, Friuli, Marche, Lazio, Piemonte, Toscana, Trentino, Val d'Aosta, Puglia e appunto in Veneto, dove invece si è proceduto senza remore e indugi.

E così, in Abruzzo generazioni di politici regionali si possono ancora godere l’intero assegno, fino a 5 mila euro al mese, per aver fatto una sola legislatura, 5 anni al massimo, ma anche molto meno, in Consiglio regionale.

Nel 2016 la Regione ha speso a beneficio di 108 ex consiglieri regionali, 3 milioni 78 mila euro, a cui si aggiungono 798 mila 556 euro per 46 tra vedove e parenti stretti che possono beneficiare della reversibilità.

Un trattamento che gli altri lavoratori italiani si sognano, per non parlare delle nuove generazioni di lavoratori precari, intermittenti a partita Iva, che in buona parte potranno ambire al massimo alla pensione sociale di poco superiore ai 500 euro.

I vitalizi degli ex consiglieri regionali abruzzesi sono, in termini di spesa assoluta, tra i più bassi d’Italia. Ma se si considera la dimensione della regione e il numero dei suoi abitanti, la spesa è invece tra le più alte, ben al di sopra della media italiana. Le Regioni erogano complessivamente 3.538 vitalizi, per una spesa totale pari a circa 151 milioni di euro l’anno lordi.





Il vitalizio regionale, comunque, è stato abolito in Abruzzo, come imposto anche dalle norme nazionali della spending review, nel 2011, ma a partire da questa legislatura, anche qui per non intaccare il temuto “diritto acquisito”. E stanno rinunciando di loro spontanea volontà anche quelli in “parcheggio”, ovvero i consiglieri delle ultime legislature che per averlo dovrebbero attendere i 65 anni, oppure anche solo i 60, ma con una penalità: preferiscono riprendersi quanto versato in termini di contributi, una volta terminata la loro esperienza all’Emiciclo.

Intanto, in attesa dell’esito dei temuti ricorsi, si scopre che gli ex consiglieri dei Veneto hanno sbagliato giudice a cui rivolgersi: sia il Tar che il Consiglio di Stato confermano che non possa essere quello amministrativo, e nemmeno la Corte dei conti, che svolge la funzione di giudice delle pensioni, perché il vitalizio non ha nulla a che vedere con le comuni pensioni: ha altra natura, funzione e genesi legislativa. Con tutto ciò che questa importante sottolineatura comporta, come sopra evidenziato.

Nella sentenza pubblicata il 19 aprile, il Consiglio di Stato richiama infatti una sentenza del 20 luglio 2016 della sezioni unite della Corte di Cassazione e scrive che “la cognizione della controversia rientra nella competenza giurisdizionale dell’autorità giudiziaria ordinaria: considerate, per un verso, la natura non pensionistica dell’assegno vitalizio erogato ai consiglieri regionali cessati dalla carica e la diversità di finalità e di regime che distingue l’assegno vitalizio dalle pensioni, in relazione alle quali soltanto opera la giurisdizione della Corte dei conti”.

A rilanciare, tuttavia, la necessità di intervenire finalmente sui vitalizi e sui costi della politica è stato mercoledi scorso il consigliere regionale aquilano del Partito democratico Pierpaolo Pietrucci.

“Intervenire in maniera decisa sugli stipendi dei consiglieri regionali che sono francamente troppo alti, specialmente se comparati con quelli dei sindaci che hanno maggiori oneri e responsabilità, e sui vitalizi, la ritengo a questo punto una priorità della seconda parte della legislatura”, ha affermato in una nota.

E a sorpresa il coordinatore della maggioranza Camillo D’Alessandro, anche lui del Pd, ha annunciato al quotidiano Il Messaggero che la maggioranza ha messo a punto un progetto di legge che interviene sui doppi vitalizi, goduto  da circa 25 di ex consiglieri ed ex parlamentari, e in alcuni casi dai loro parenti, con altri 7 che potrebbero riceverli in futuro.

La proposta prevede di restituire semplicemente quanto versato come contributi, in una soluzione una tantum, abbattendo i costi per le casse della Regione.

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