GRANDI RISCHI: UN VULCANOLOGO LA DEMOLISCE, ”COMMISSIONE SAPEVA E HA DETTO COSE FALSE”

di Alberto Orsini

1 Febbraio 2012 10:48

L'Aquila -

L’AQUILA – “Che lo sciame sismico scaricasse energia ai fini della mitigazione delle scosse è un falso”.

Uno scossone al processo alla commissione Grandi rischi è arrivato con questa e altre dichiarazioni di un ex componente dell’organo consultivo della presidenza del Consiglio, Francesco Stoppa, vulcanologo, che in tre ore di testimonianza-fiume ha puntato l’indice contro la condotta dei sette imputati che parteciparono alla riunione del 31 marzo 2009.

Per colpa della neve che ha paralizzato oggi L’Aquila, è cominciata con un’ora e mezzo di ritardo la tredicesima udienza del processo più delicato della maxi inchiesta sui crolli del 6 aprile 2009 coordinata dalla procura della Repubblica del capoluogo.

Le precipitazioni nevose hanno rallentato l’arrivo di tutte le parti, ma non del giudice Marco Billi che, da quanto si è appreso, è arrivato nella sede provvisoria di Bazzano del palazzo di Giustizia già dalla primissima mattinata, alle 7.30,  partendo da Roma all’alba.

Nell’udienza di oggi c’è stato l’ascolto dei testimoni di parte civile chiamati dall’avvocato Wania Della Vigna, in particolare docenti universitari, tecnici e giornalisti.

Ad aprire le testimonianze lo psichiatra Massimo Casacchia, docente dell’Università dell’Aquila.

L’avvocato di Franco Barberi, Francesco Petrelli, ha sollevato l’obiezione che la sua relazione clinica fosse stata fatta sulla base dei verbali di acquisizione di sommarie informazioni, frutto dei colloqui nella sede di indagini preliminari.

Nella scorsa udienza per questo era già stata esclusa una testimonianza, quella dell’altro consulente Antonello Ciccozzi.

L’avvocato Della Vigna ha escluso la perizia riservandosi di produrla in seguito (“non facciamo rientrare i verbali dalla finestra”, si è raccomandato Billi) e la testimonianza è potuta cominciare.

LE TESTIMONIANZE


IL VULCANOLOGO DEMOLISCE: ”CGR SAPEVA E HA DETTO COSE FALSE”

“Che lo sciame sismico dell’Aquila avesse scaricato energia ai fini della mitigazione di una scossa è un falso. Difficilmente un sismologo poteva ritenere opportuna questa dichiarazione che invece ho visto rilasciare in televisione. Questa dichiarazione ha aumentato la vulnerabilità del sistema e aumentato il rischio”.

Parole di fuoco, quelle del vulcanologo Francesco Stoppa, già componente della Cgr negli anni 2000-2003, professore ordinario di Geochimica e vulcanologia all’Università D’Annunzio di Chieti, che ha testimoniato oggi chiamato dalle parti civili nel processo all’organo consultivo della presidenza del Consiglio.

Una testimonianza fiume durata oltre due ore in cui lo scienziato, da pari a pari, ha inchiodato sul piano tecnico la Cgr demolendo a colpi di maglio la condotta adottata nel pre-6 aprile.

Stoppa ha esposto convinzioni scientifiche che confermano in pieno le tesi dell’accusa e ribaltano quanto affermato dai componenti della Cgr imputati al tribunale del capoluogo.

Ci sono stati per questo momenti di tensione, con l’imputato Franco Barberi che esclamava “Ci insulta!”, contestato dalla parte civile Vincenzo Vittorini che ha affermato “Lui non può parlare!”. Anche il legale Alfredo Biondi ha sbottato “Ma questa è una requisitoria!”.

Stoppa ha calcato in particolare sulla falsità della tesi che uno sciame sismico stesse scaricando energia. Inoltre, a suo dire, gli esperti una decina di giorni prima dell’evento di magnitudo 6.3 delle 3.32 già sapevano che c’era un grosso rischio.

“Sapevo – ha spiegato – che il potenziale sismico di questa faglia e di quelle vicine normalmente può arrivare anche a 6,8 di magnitudo. In quel momento la struttura aveva scaricato 1 milione di joule, una quantità di nessun rilievo rispetto al potenziale, che è di migliaia di miliardi di joule”.

Per esemplificare meglio l’esperto ha ricordato che “per scaricare una scossa di magnitudo 6 ce ne vogliono 30 di magnitudo 5, immaginate quante ce ne vogliono di grado 4, forse migliaia. Siccome non c’erano state, la faglia non aveva scaricato un bel niente”.

La Cgr, questo, per Stoppa lo sapeva. “Fino a circa una decina di giorni prima dell’evento principale – ha spiegato – questo sciame rientrava all’interno di un discorso statistico. Però negli ultimi giorni c’è stato un incremento del numero degli eventi e un aumento della magnitudo. Ci sono state anche alcune misure. La rete gps è stata incrementata, segno concreto del fatto che scienziati e tecnici si aspettavano un’evoluzione concreta del fenomeno. C’erano parametri geofisici che facevano pensare che lo sciame stesse evolvendo”.

Insomma il rischio c’era eccome e, per Stoppa, la popolazione andava informata. “Informare la popolazione è fondamentale, non disinformata. Naturalmente – ha aggiunto – più tardi lo si fa, più è difficile farlo, però bisogna farlo. E nelle condizioni che c’erano cinque-sei giorni prima della scossa del 6 questa cosa andava fatta. E non c’entra niente con prevenire o peggio prevedere i terremoti”.





L’avvocato di Barberi, Francesco Petrelli, ha chiesto in controesame: “Perché non ha chiamato gli scienziati ma solo un centralino? Conosceva Barberi!”.

“Non ero il portavoce adatto – ha risposto il vulcanologo – e c’erano già denunce per procurato allarme. La mia voce a fianco a quella di Giuliani (Giampaolo, tecnico appunto denunciato per aver previsto un sisma a Sulmona mai avvenuto, ndr) avrebbe sortito un effetto negativo, sarebbe stato un allarme. Invece, per essere una benefica allerta dovevano parlare gli organi preposti dallo Stato. Non io, non era il mio compito”.

LA DICHIARAZIONE DI BARBERI: ”AFFERMAZIONI INFONDATE”

Al termine della deposizione di Francesco Stoppa, l’imputato Franco Barberi ha rilasciato una dichiarazione di fronte al giudice.

“Ritengo doveroso – ha affermato – far osservare che alcune delle dichiarazioni del consulente o teste appena ascoltato sono scientificamente infondate. Mi riferisco in particolare, ma non solo, a una risposta data all’avvocato Dinacci, sul fatto se grossi terremoti erano frequentemente o meno preceduti da sciami, che ha ottenuto come risposta che nella maggior parte dei casi è così. Questa è una risposta scientificamente infondata”.

“Già agli atti del tribunale – ha concluso Barberi – ci sono pareri di altri esperti con formazione sismologica più solida, altri verranno, mi preme rimanga traccia che si tratta di affermazioni senza fondamento scientifico”.

LO PSICHIATRA: ”SINDROME POST TRAUMA PER I SOPRAVVISSUTI”

Una testimonianza difficoltosa, quello dello psichiatra Massimo Casacchia, che ha affermato che i sopravvissuti della Casa dello studente soffrono e soffriranno di sindrome post traumatica da stress a causa delle ore da incubo dopo la scossa delle 3.32, ma non è riuscito ad affermare in modo definitivo che il loro disturbo possa in qualche modo dipendere dall’essere venuti a conoscenza delle false rassicurazioni che è accusata di aver dato la commissione Grandi rischi.

Il docente dell’ateneo aquilano si è ritrovato tra l’incudine e il martello: da un lato l’accusa e le parti civili, che lo stimolavano su un possibile nesso causale, dall’altro le difese degli imputati, che hanno alzato un muro di opposizioni.

Alla fine una risposta chiara non c’è stata. Descrivendo la sindrome all’avvocato di parte civile Wania Della Vigna, Casacchia ha spiegato che “la malattia non si manifesta subito ma dopo qualche tempo, con sintomi uguali a quelli accusati dai ragazzi. Si tratta – ha aggiunto – di disturbo cronico, può durare per tutta la vita. E’ una malattia del vivere, per cui non si può più dimenticare. Non vuol dire che uno non possa fare delle cose, laurearsi”.

Tra i sintomi citati, anche “senso di colpa, vergogna”. Il pm Fabio Picuti ha tagliato corto. “Se l’imputato del processo fosse il terremoto, lei ci ha detto che tra terremoto e persone offese c’è una relazione. Ma – ha ribadito – imputate ci sono persone fisiche, la mia domanda vuole accertare se con riferimento alla condotta di cui ci occupiamo il professore abbia riscontrato la sindrome che ci ha descritto in capo alle persone offese”.

“Altrimenti – ha aggiunto – per quanto mi riguarda questa testimonianza è irrilevante, perché ci dice che ci ha avvertito il terremoto se lo porta dietro per tutta la vita”.

Alla fine anche il giudice Billi ha provato a spostare l’asse delle domande sull’oggetto del processo, la condotta della Cgr. “In concreto, sulla genesi della patologia ha incidenza anche il sistema dell’informazione collegato all’evento?”, ha chiesto.

Ma Casacchia ha annaspato. “Scientificamente – ha replicato – questo nesso non le posso dire sì è così. Non ho fatto la domanda se questo senso di colpa sarebbe stato maggiore o minore se avesse letto”.

Nel corso della testimonianza, l’avvocato di Claudio Eva, Alfredo Biondi, ha chiesto al teste: “Siccome io sono rimasto sepolto dal bombardamento di Pisa nel 1931, con 10 mila morti, volevo chiedere se sono ancora in grado di svolgere la mia attività”.

Il collega Marcello Melandri ha ironizzato: “Per questo sei diventato ministro!” (nel 1994). Ma qualcuno dei familiari delle vittime presenti in aula ha spento subito l’ilarità: “Lei però non ha perso parenti”.

IL CRIMINOLOGO: ”GRANDE IMPATTO MEDIATICO DELLA CGR”

Tra le altre deposizioni della parte civile rappresentata dall’avvocato Della Vigna quella di Francesco Sidoti, docente di Criminologia e fondatore del corso di Scienze dell’investigazione dell’ateneo aquilano.

Testimonianza contestata in avvio dalle difese proprio per la specializzazione del docente: “Viene un criminologo a dirci di chi sono le responsabilità? Allora lei a cosa serve”, ha detto ironicamente al giudice Billi l’avvocato Melandri.

Altre rimostranze si sono scatenate quando è stato citato un passaggio del libro di Sidoti, Le verità del terremoto, dove l’autore ha parlato di “pistola fumante” delle responsabilità.

Parlando della contestata riunione Cgr, Sidoti ha detto che “era la più alta autorità in materia che veniva chiamata apposta a dare una risposta definitiva su quel problema che allarmava tutti quanti. Era venuta in veste istituzionale per dare una sentenza – ha ricordato – e mediaticamente ha avuto un impatto ad alzo zero. Non c’è stato un essere umano che ha potuto sottrarsi all’influenza di questa comunicazione”.





LE ALTRE TESTIMONIANZE

Le testimonianze sono proseguite con il geologo ed ex rettore dell’Università di Chieti, Uberto Crescenti, che ricordato un articolo scritto dopo il terremoto del Molise nel 2002 che accusava l’Ingv di essere “pieno di esperti in sismologia a livello internazionale mentre interpretava correttamente i dati su base geologica”, per il quale è stato querelato da uno degli imputati, Enzo Boschi, che poi l’ha ritirata anni dopo.

L’avvocato Della Vigna ha infine rinunciato ai due cronisti abruzzesi citati come testi, Paolo Mastri del quotidiano Il Messaggero e Umberto Braccili del tg regionale.

Infine ci sono state due testimonianze-flash di testi citati dall’avvocato di parte civile Maria Teresa Di Rocco: Gianfranco Amicucci, primario del reparto di Chirurgia generale dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, e Massimo Mortari, dirigente del pronto soccorso (oggi in pensione).

Entrambi hanno confermato che prima della devastante scossa del 6 aprile non ci furono modifiche ai turni di lavoro, né esercitazioni né indicazioni su cosa fare in caso di scossa.

DILEMMA BERTOLASO, ANCORA NESSUNA NOTIFICA

Guido Bertolaso non ha ricevuto alcuna notifica né in ordine alla convocazione come testimone al processo Grandi rischi né all’iscrizione sul registro degli indagati per omicidio colposo”.

Le parole dell’avvocato Filippo Dinacci, legale dell’ex capo della Protezione civile nazionale, pronunciate oggi al termine dell’udienza, non fanno chiarezza sulla presenza del suo assistito nell’udienza del prossimo 8 febbraio del processo all’organo consultivo della presidenza del Consiglio, i cui sette componenti che si riunirono all’Aquila il 31 marzo 2009, a cinque giorni dal devastante sisma, sono alla sbarra per omicidio colposo e disastro colposo, con l’accusa di aver fornito false rassicurazioni alla popolazione che non avrebbe adottato le tradizionali precauzioni come quella di uscire di casa dopo una forte scossa.

Bertolaso era stato convocato come testimone per le ultime udienze dell’anno e per le prime del 2012, ma non ha potuto adempiere all’impegno perché impegnato all’estero.

Ma nel frattempo la sua condizione giudiziaria è cambiata perché l’ex capo dipartimento, che ha gestito in prima linea la fase dell’emergenza post terremoto, nei giorni scorsi è stato iscritto sul registro degli indagati con l’ipotesi di reato di omicidio colposo nell’ambito di un nuovo filone.

Un’inchiesta satellite, innescata, proprio come la prima, dalla denuncia dell’avvocato aquilano Antonio Valentini, questa volta basata sulla telefonata tra lo stesso Bertolaso e l’allora assessore alla Protezione civile abruzzese Daniela Stati.

In quel colloquio del 30 marzo 2009, il giorno prima della riunione della Cgr, Bertolaso spiega alla Stati che è stata convocata perché sia “un’operazione mediatica” e per “zittire qualche imbecille”, e comunque “non perché siamo spaventati e preoccupati, ma perché vogliamo tranquillizzare la gente”.

Il nuovo filone potrebbe sfociare in un processo-bis, con Bertolaso imputato per reato connesso e alla sbarra al pari dei sette componenti della Grandi rischi.

Dinacci, che difende anche l’ex vice capo della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, uno degli imputati, ha sottolineato di non aver parlato con Bertolaso “se non nell’immediatezza della notizia dell’iscrizione sul registro degli indagati”, annunciando che, pur essendo in pensione, “facendo molto volontariato” l’ex sottosegretario “è spesso molto lontano dall’Italia’.

L’aspetto da chiarire non è solo la presenza il prossimo 8 febbraio: da verificare anche lo status dell’ex capo dipartimento che, da testimone, dovrebbe assumere lo status di indagato e quindi presentarsi con l’avvocato.

Da quanto si è appreso, questo potrebbe accadere in due modi: o con la notifica dell’avviso di garanzia insieme a quella della convocazione, oppure con la comunicazione all’interessato dell’iscrizione sul registro direttamente da parte del giudice, Marco Billi, all’inizio dell’udienza.

IL PROCESSO

L’organo consultivo della presidenza del Consiglio è accusato nella sua composizione del 2009 per aver compiuto analisi superficiali e aver dato false rassicurazioni agli aquilani prima del 6 aprile 2009, causando la morte di 309 persone.

Dopo alcune schermaglie sull’ammissione di prove come i due minuti del film Draquila di Sabina Guzzanti, che alla fine sono stati proiettati in aula, nelle prime udienze davanti al giudice Marco Billi sono sfilati i testimoni chiamati dall’accusa, oltre 70 persone chiamate in causa dai pm Fabio Picuti e Roberta D’Avolio, e i primi testi di parte civile.

Fino a oggi i testi, familiari e amici di vittime del sisma, hanno sottolineato che i loro congiunti, spaventati dalle scosse fino al 31 marzo di due anni fa, hanno poi cambiato atteggiamento dopo i tranquillizzanti messaggi diffusi dalla Grandi rischi dopo la riunione del 31 marzo 2009.

Una tesi rifiutata dalle difese, che annoverano principi del foro come gli avvocati Alfredo Biondi, ex ministro della Giustizia, o Marcello Melandri, già impegnato in processi come Fastweb e Gea. Tra gli avvocati di parte civile anche Giulia Bongiorno che, però, nelle prime udienze non ha partecipato di persona.

Gli imputati sono Franco Barberi, presidente vicario della commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis (l’unico che fino a oggi è stato sempre presente in aula), già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.

I capi di imputazione per tutti sono di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni personali colpose. Il giudice Billi ha imposto un ritmo veloce al processo con un’udienza a settimana. Le prossime udienze ci saranno tutti i mercoledì salvo diverse decisioni del giudice.

<span style='I PROTAGONISTI DEL PROCESSO GRANDI RISCHI
IL GIUDICE
Marco Billi
L’ACCUSA
Procuratore capo
Alfredo Rossini
Pubblico ministero Pubblico ministero
Fabio Picuti Roberta D’Avolio
LA DIFESA
Imputato Avvocato
Franco Barberi Francesco Petrelli
Bernardo De Bernardinis Filippo Dinacci
Enzo Boschi Marcello Melandri
Giulio Selvaggi Antonio Pallotta e Franco Coppi
Gian Michele Calvi Alessandra Stefano
Claudio Eva Alfredo Biondi
Mauro Dolce Filippo Dinacci
LE INTERVISTE
Marcello Melandri , Fabio Alessandroni
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