TERREMOTO: I 27 PROCESSI TRA CROLLI, RICOSTRUZIONE E INFILTRAZIONI

di Alberto Orsini

5 Aprile 2015 09:11

L’AQUILA – “La spada della giustizia non ha fodero”, diceva il conte Joseph de Maistre, spietato magistrato alfiere della restaurazione che seguì alla rivoluzione francese.

E il suo detto sembra possa applicarsi benissimo alla ricostruzione post-terremoto dell’Aquila, che dopo 6 anni è costellata di procedimenti giudiziari che scandagliano ogni singolo aspetto di questa complicata vicenda.

Madre di tutte le inchieste è quella sui crolli del terremoto, oltre 200 singoli filoni in origine, 19 dei quali sono approdati in giudizio con esiti dai più disparati.

Ma ci sono inchieste nuove legate specificamente alla ricostruzione, che partono dalle infiltrazioni mafiose e arrivato agli appalti aggiustati per favorire questo o quello, fino ad arrivare ai guai delle new town dei progetti C.a.s.e..

AbruzzoWeb ha fatto il punto delle 30 principali inchieste attive al momento.

LA MAXI INCHIESTA CROLLI
 
CASSAZIONE

Il processo più noto a essere arrivato al giudizio di legittimità è quello alla commissione Grandi rischi, l’organo scientifico consultivo della presidenza del Consiglio che il 31 marzo 2009, a cinque giorni dalla tragedia, escluse il rischio di forti scosse di terremoto e rassicurò gli aquilani. Il 22 ottobre 2012 in primo grado il giudice Marco Billi ha emesso sette condanne a 6 anni di carcere per omicidio colposo e lesioni colpose, verdetto rovesciato il 10 novembre 2014 dalla sentenza di Appello, che ha assolto sei esperti dalle accuse, condannando il solo vice capo dipartimento della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, con pena ridotta a 2 anni. L’avvocato generale Romolo Como ha depositato il ricorso e ora si attende la fissazione dell’udienza.

Ugualmente si aspetta per il crollo in via generale Francesco Rossi, con l’unico imputato, Diego De Angelis, condannato per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni personali colpose gravi, che in Appello ha visto la sua pena ridotta da 3 anni a 1 anno e 11 mesi. Nell’edificio sono morte 17 persone tra cui sua figlia Jenny.

Ancora il ricorso è stato presentato per il crollo del Convitto nazionale, dove le vittime furono 3, tutti minorenni: la Corte d’Appello ha stangato i due imputati, confermando la condanna a 4 anni di reclusione nei confronti dell’ex preside, Livio Bearzi, e, riformando la sentenza di primo grado, condannando anche il dirigente della Provincia dell’Aquila Vincenzo Mazzotta a 2 anni e 6 mesi di reclusione. Nel crollo della scuola persero la vita 3 minorenni.

Dopo le pene ridotte al termine del processo d’Appello, hanno inoltrato un nuovo ricorso per provare ad annullare del tutto le condanne gli avvocati degli imputati per il crollo della facoltà di Ingegneria di Roio, dove non ci sono state vittime ma secondo le accuse con un sisma di giorno sarebbero potute essercene a migliaia. Il direttore dei lavori, Ernesto Papale, e quello di cantiere, Carmine Benedetto, restano condannati per disastro colposo, ma la loro pena è stata abbassata da 4 anni di carcere del primo grado a 1 anno e 10 mesi ciascuno.

APPELLO

Il processo più vicino all’approdo al secondo grado di giudizio è quello per il crollo della Casa dello studente, dove morirono 8 giovani, che comincerà il prossimo 22 aprile. Il ricorso è stato presentato da quattro imputati di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni condannati nel processo di primo grado: Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, tecnici autori dei lavori di restauro del 2000 sullo stabile, alla pena di 4 anni di reclusione; Pietro Sebastiani, tecnico dell’Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu) aquilana, che gestiva la struttura, alla pena di 2 anni e 6 mesi.

Per il crollo in via XX settembre 123, dove ci sono state 5 vittime, il giudice Giuseppe Grieco ha assolto “per non aver commesso il fatto” Leonardo Carulli, 86 anni, originario di Francavilla Fontana (Brindisi) ma residente a Roma, dall’accusa di omicidio colposo. L’appello è stato presentato non dal pm ma dalla procura generale e dalle parti civili. Dopo alcuni slittamenti per vizi di notifica, l’udienza è fissata il prossimo 25 giugno.

A presentare ricorso anche l’ingegnere aquilano Fabrizio Cimino, unico condannato, a 3 anni e 6 mesi di carcere, per omicidio colposo plurimo e lesioni, nell’ambito del processo per il crollo in via D’Annunzio, stabile costruito nel 1963 in cui ci furono 13 vittime. L’udienza è in via di fissazione.





E ancora si attende il pronunciamento per il crollo in via Milonia, uno dei casi in cui non ci sono stati morti, con il giudice Billi che ha condannato a 2 anni di reclusione ciascuno per disastro colposo Berardino Drago, 80 anni, di Pizzoli (L’Aquila) e Angelo Sabatini, 84, di Roma, ritenuti colpevoli di aver commissionato a un geometra aquilano inizialmente indagato e poi scagionato la direzione dei lavori, pur non potendolo fare.

Sospeso il ricorso per il crollo di via Luigi Sturzo, che pure ha mietuto ben 27 vittime: l’unico progettista sopravvissuto, Augusto Angelini, 88 anni, per gravi motivi di salute non può sostenere il processo d’Appello dopo la condanna in primo grado a 3 anni di reclusione.

PRIMO GRADO

Per quanto riguarda i processi conclusi, ancora in corso o archiviati in primo grado, il prossimo 7 maggio si andrà a sentenza per il crollo in via Persichetti, dove sono morte due persone.

Il giudice Grieco ha assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” i cinque imputati per il crollo del condominio al civico 79 di via XX Settembre, nel quale morirono 9 persone su richiesta dello stesso rappresentante della pubblica accusa.

Non ci sono responsabili anche per i crolli all’interno dell’ospedale San Salvatore. Lo ha deciso il giudice Grieco che ha assolto tutti e 4 gli imputati dall’accusa di disastro colposo.

Quattro le assoluzioni “perché il fatto non sussiste” per il crollo di un antico palazzo in via Roma 18, dove non ci furono morti, ma solo un ferito. La sentenza non è stata appellata dal pm, che aveva richiesto le assoluzioni, né dalla parte civile che è stata risarcita.

Non è arrivato al dibattimento il crollo dell’edificio di via Campo di Fossa 6/B in cui morirono 27 persone perché gli 8 possibili indagati sono tutti morti.

Stessa storia per il condominio di via Poggio Santa Maria: 19 morti, deceduto anche l’unico indagato a 96 anni, così come per via Cola dell’Amatrice, 11 morti, per via Corridoni, una vittima, e per via Gualtieri d’Ocre.

Anche il processo per il crollo dell’hotel Duca degli Abruzzi, che solo per un caso non provocò vittime, non si svolgerà mai. Nel corso dell’udienza preliminare sono state presentate le perizie mediche in base alle quale i due imputati, Claudio Botta di 92 anni, e Franco Seri, 87 anni, ex dirigente del Genio Civile, sono troppo anziani e con problemi di salute per poter stare in giudizio.

INFILTRAZIONI MAFIOSE

La prefettura dell’Aquila ha disposto delle interdittive antimafia a carico di 37 imprese impegnate nella ricostruzione post-sisma, considerate in odore di mafia o, comunque, da tenere sotto controllo. Di questi, ben 28 risulterebbero impegnati nella ricostruzione di opere pubbliche mentre le restanti 9 stavano lavorando nei cantieri privati dove, su ammissione di istituzioni e forze dell’ordine, è più facile infiltrarsi a causa della carenza di regole con le commesse, anche ingenti, affidate direttamente e senza gara. A livello geografico, 11 di queste ditte hanno sede al Nord, 19 al Centro, e tra queste 12 all’Aquila, e le altre nel Sud.

NDRANGHETA

State già fissate le due prossime udienze, la prima il 17 aprile e la seconda l’8 maggio, del processo nato dall’inchiesta “Lypas” che, il 19 dicembre 2011, aveva portato all’arresto dell’imprenditore aquilano Stefano Biasini, dei fratelli Antonino Vincenzo Valenti e Massimo Maria Valenti, nati a Reggio Calabria, ma residenti da tempo all’Aquila, e di Francesco Ielo, nato a Reggio Calabria e residente ad Albenga (Savona). Per Massimo Maria Valenti al momento il giudizio è sospeso per motivi di salute in vista di una verifica sulla sue condizioni. Secondo le accuse, le infiltrazioni sarebbero state rese possibili grazie al gancio dell’imprenditore aquilano Stefano Biasini, figlio del noto geometra e amministratore di condominio Lamberto, quest’ultimo non coinvolto ma oggetto delle attenzioni dei calabresi, mai andate a buon fine, per accaparrarsi appalti di ricostruzione.

CAMORRA





La malavita organizzata colonizzava cantieri di ricostruzione facendo lavorare dipendenti sottopagati a metà stipendio provenienti dalla Campania: questa la realtà scoperta nell’inchiesta giudiziaria “Dirty job” del giugno 2014 che ha portato all’arresto di 7 imprenditori e alla clamorosa accusa di collusione con la Camorra. Ai domiciliari sono finiti Elio Gizzi, ex presidente dell’Aquila Calcio, e i fratelli Dino e Marino Serpetti. Destinatari di misure cautelari in carcere sono invece Alfonso, Cipriano e Domenico Di Tella e Michele Bianchini. Gli imprenditori sono tutti aquilani a eccezione di Bianchini, originario di Avezzano (L’Aquila). Gli indagati hanno ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini e sono in attesa che venga fissata l’udienza preliminare.

Come costola di questa inchiesta, un imprenditore impegnato negli appalti per la ricostruzione, Raffaele Cilindro, 51 anni, ritenuto dagli inquirenti vicino all’ex boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria, è stato arrestato dai Ros nell’ambito di un’indagine della direzione distrettuale antimafia di Napoli, procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, sostituti Catello Maresca e Maurizio Giordano. Vanno ancora chiarite le commesse che avrebbe puntato e per questo il sindaco, Massimo Cialente, ha invitato: andiamoci piano con le etichette. Le indagini sono ancora in corso.

Nell’ambito della stessa indagine, i carabinieri del reparto territoriale di Aversa (Caserta) con i colleghi della compagnia dell’Aquila hanno localizzato e tratto in arresto a Tornimparte (L’Aquila) Salvatore Tana, 28enne originario di Teverola in provincia di Caserta, che lavorava come operaio alle dipendenze di una ditta edile casertana impegnata nella ricostruzione. Anche qui si indaga ancora.

APPALTI DI RICOSTRUZIONE PUBBLICA

Si svolgerà il prossimo 29 aprile l’udienza davanti al giudice per l’udienza preliminare del tribunale dell’Aquila Guendalina Buccella sulla richiesta di rinvio a giudizio per gli 8 indagati nell’ambito dell’inchiesta “Do ut des” su un presunto giro di tangenti negli appalti della ricostruzione pubblica post-terremoto del 6 aprile 2009. La bufera giudiziaria ha provocato una crisi politica profonda nel Comune dell’Aquila con le dimissioni e la contemporanea rimozione del vice sindaco indagato, Roberto Riga, sostituito dall’ex procuratore Nicola Trifuoggi, e le dimissioni, poi ritirate, del primo cittadino, Massimo Cialente. Tutto è cominciato l’8 gennaio dello scorso anno, con l’arresto ai domiciliari di 4 persone: Vladimiro Placidi, ex assessore comunale alla Ricostruzione dei beni culturali della scorsa Giunta Cialente, Pierluigi Tancredi, all’epoca dei fatti consigliere comunale, che si è dimesso dopo il terremoto, e in passato assessore comunale di centrodestra, Daniela Sibilla, dipendente del Consorzio beni culturali e già collaboratrice di Tancredi durante i suoi mandati di assessore, e Pasqualino Macera, all’epoca dei fatti funzionario responsabile Centro-Italia della Mercatone Uno Spa. Altri quattro gli indagati a piede libero: l’allora vice sindaco Riga, il dirigente comunale Mario Di Gregorio, l’ingegnere di Perugia Fabrizio Menestò e l’imprenditore Daniele Lago. Menestò è stato poi scagionato dalla pesante accusa di appropriazione indebita di 1 milione 200 mila euro per la quale la procura ha chiesto l’archiviazione: gli resta soltanto la contestazione di falso, mentre a Di Gregorio l’abuso d’ufficio. Le accuse, a vario titolo, sono di millantato credito, corruzione, falsità materiale e ideologica e appropriazione indebita.

Sono ancora in fase di notifica invece le richieste di rinvio a giudizio dell’indagine “Betrayal”, “tradimento”, su presunte mazzette nell’ambito della ricostruzione pubblica per accaparrarsi appalti per il recupero di beni culturali ed ecclesiastici nel centro storico. Sono state 5 le ordinanze di custodia cautelare, di cui 2 in carcere e 3 agli arresti domiciliari, eseguite da Polizia e Guardia di finanza nei confronti dell’ex vice commissario ai Beni culturali alla ricostruzione Luciano Marchetti, della funzionaria del Mibac Abruzzo, Alessandra Mancinelli, e degli imprenditori Nunzio Massimo Vinci, Patrizio Cricchi e l’aquilano Graziano Rosone. Sono 17 gli indagati complessivi. L’operazione ha visto al centro la ricostruzione di due importanti chiese distrutte: Santa Maria del Suffragio (nota come delle Anime Sante) in piazza Duomo e Santa Maria Paganica nella piazza omonima. Per quest’ultima esiste anche un filmato che testimonia una tangente da 10 mila euro effettuata dentro un’automobile nei pressi di un ristorante di Carsoli (L’Aquila). Dalle carte giudiziarie sono emerse anche le forti pressioni perché la Curia arcivescovile dell’Aquila diventasse soggetto attuatore della ricostruzione dei suoi beni ecclesiastici. Un’attività di lobby portata avanti da alcuni degli indagati, che puntavano a ottenere incarichi, regalie e commesse.

PROGETTI C.A.S.E.

ISOLATORI

È invece arrivato a a un passo dalla prescrizione il processo sugli isolatori sismici malfatti al punto da spezzarsi in alcuni casi, se sottoposti a test in laboratorio: le “molle” sono installate sotto le palazzine degli alloggi del progetto C.a.s.e. per dissipare la forza distruttiva di un eventuale sisma. La prossima udienza è stata fissata dal giudice Giuseppe Grieco il prossimo 3 luglio. per scongiurare la prescrizione del reato per i due imputati per frode nelle pubbliche forniture, Gian Michele Calvi, direttore dei lavori, e Agostino Marioni, dirigente di una delle ditte fornitrici, la Alga Spa, bisognerebbe chiudere il primo grado, l’eventuale Appello e il successivo giudizio di legittimità in Cassazione grossomodo entro la fine del 2016. Per questo processo il giudice Giuseppe Romano Gargarella ha già condannato con il rito abbreviato con le stesse accuse a 1 anno di reclusione Mauro Dolce, responsabile del procedimento di realizzazione del progetto C.a.s.e., che ora andrà in Appello.

BALCONI

Dovrebbe ormai essere sul tavolo del sostituto procuratore Roberta D’Avolio la perizia con i risultati delle prove statiche e sulla qualità dei materiali sui balconi e sulla palazzina del progetto C.a.s.e. di Cese di Preturo (L’Aquila) dove nel settembre 2014 è crollato un balcone “per difetti di costruzione e utilizzo di materiale scadente”: vicina, quindi, la svolta nelle indagini perché i magistrati potranno prendere una decisione e inviare gli avvisi di garanzia, inizialmente ne sono stati ipotizzati addirittura una quarantina. Alle ipotesi di reato, di cui già si sapeva, di crollo colposo, frode nelle pubbliche forniture e omissione di lavori in edifici che minacciano la rovina, si potrebbero aggiungere quelle di truffa e falso. L’indagine ha portato al sequestro di 800 balconi di 494 palazzine che si trovano in 5 dei 19 insediamenti e a una singola palazzina sgomberata del progetto C.a.s.e. di Cese di Preturo, quella del crollo. Secondo quanto si è appreso dalla perizia, i solai della palazzina, la piastra 19, hanno subìto un avvallamento di oltre il doppio rispetto al valore previsto dalla legge, mentre i due balconi esaminati hanno retto, denotando comunque difformità in rapporto al progetto.

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