RICICLAGGIO, SPACCIO E TRAFFICO DI DROGA: ABRUZZO NEL RAPPORTO DIREZIONE ANTIMAFIA

14 Febbraio 2019 06:15

Regione - Cronaca

L'AQUILA – Criminali legati o riconducibili alla 'ndrangheta calabrese, clan campani attivi con investimenti su strutture ed attività commerciali come fonte di riciclaggio del denaro sporco, spaccio e traffico di stupefacenti e transito di cospicui quantitativi di droga lungo tutto l'asse adriatico, nel Teramano e nell'Aquilano, un fiorente commercio destinato soprattutto alle piazze della costa.

In Abruzzo non c'è uno “strutturale radicamento da parte dei sodalizi mafiosi”, ma “la regione appare permeabile agli interessi della criminalità organizzata”. 

Dalle ultime risultanze investigative emerge la “presenza di soggetti riconducibili alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti di Africo (Reggio Calabria) e del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone), mentre non si registra la presenza stanziale di organizzazioni camorristiche”, nonostante si registrino operazioni di riciclaggio effettuate tramite “insospettabili prestanome collegati ai clan campani”. 

È il quadro che emerge dal dossier della Dia, il Dipartimento Investigativo Antimafia sulla criminalità organizzata nelle varie regioni d'Italia relativo ai dati del primo semestre 2018.

Sul territorio, rileva la Dia, “confluiscono anche ingenti quantitativi di stupefacenti, importati dalla Campania e rivenduti, prevalentemente, in provincia di Pescara, nelle numerose località turistiche che si affacciano sulla costa, e nel Teramano”. 

Diverse le operazioni delle forze dell'ordine che hanno portato all'arresto di persone legate ai clan camorristici. 

Passando alla criminalità di matrice pugliese, “questa – rileva la Dia – si distingue innanzitutto per la commissione di attività predatorie. Recenti attività di indagine confermano, infatti, la spiccata propensione, in special modo dei gruppi foggiani, a consumare delitti contro il patrimonio con efferati e sofisticati modus operandi”. 

È il caso delle 'rapine in trasferta' e dei furti perpetrati ai bancomat con la cosiddetta 'tecnica della marmotta' o degli assalti ai portavalori facendo uso di armi da guerra e di esplosivi. Altro ambito di interesse sono gli stupefacenti: “anche in questo caso – si legge nella relazione – la criminalità foggiana sembra prevalere sugli altri gruppi pugliesi, comunque attivi”. 

Stabile è la presenza di gruppi slavo-albanesi, al pari di quelli nordafricani, nigeriani e sudamericani, “i cui interessi criminali spaziano dai delitti contro il patrimonio al traffico di stupefacenti, dal favoreggiamento dell'immigrazione clandestina alla tratta di giovani donne finalizzata al loro sfruttamento sessuale”. 

Il settore degli appalti pubblici costituisce, inoltre, da sempre, uno degli obiettivi di interesse strategico delle organizzazioni mafiose. 

In primo luogo perché consente di reinvestire, in iniziative legali, le ingenti risorse “liquide” frutto di molteplici attività criminali; in secondo luogo perché rappresenta un’ulteriore fonte di guadagni, derivanti dalle estorsioni praticate in danno degli operatori economici impegnati nella realizzazione delle opere. 





A ciò si aggiunga, poi, l’interesse mostrato dai sodalizi criminali ad imporsi nei settori connessi agli appalti, come quello della fornitura di materiali e servizi, con la conseguente estromissione dal mercato delle aziende “sane”.

Si rileva, a tal proposito, come la turbativa dei sistemi legali di scelta del contraente, attuata dalle mafie allo scopo di accaparrarsi appalti e contratti pubblici, risulti spesso effettuata, in concreto, condizionando e regolando la partecipazione delle imprese alle gare pubbliche. 

In tale ipotesi, in particolare, le organizzazioni criminali sono solite operare attraverso variegate forme di pressione sulle aziende appaltatrici, impiegando, come schermo formale, un’ampia gamma di fisionomie contrattuali di sub-affidamento dei lavori pubblici o di parti consistenti degli stessi come subappalto, noli a caldo e freddo, movimento terra, trasporto di materiali, forniture di materie prime e smaltimento dei rifiuti, al fine di annullare ogni possibile forma di concorrenza.

Tra le modalità d’infiltrazione praticate attraverso l’utilizzo di forme societarie giuridicamente lecite, è emersa, più di recente, sempre stando al dossier, quella della partecipazione a “Consorzi di Imprese”, secondo la prassi della scomposizione di un lavoro in vari sub-contratti, allo scopo di eludere l’obbligo della preventiva autorizzazione.

L’esperienza investigativa maturata nel corso del tempo ha dimostrato come una delle modalità utilizzate dall’impresa mafiosa per aggiudicarsi gli appalti più consistenti, superando così l’ostacolo dei requisiti fissati dal bando per la partecipazione alla gara, si basi sullo sfruttamento della tecnica dell’“appoggiarsi” ad aziende di più grandi dimensioni, in grado di far fronte, per capacità organizzativa e tecnico-realizzativa, anche ai lavori più complessi, dai quali risulterebbe altrimenti esclusa. 

Quelli appena citati rappresentano solo alcuni dei variegati metodi di infiltrazione nel settore dei “lavori pubblici” e degli appalti, riscontrati dalla Dia nel corso dell’attività di prevenzione e contrasto.

OPErazioni in abruzzo 

Unp degli esempi è l’operazione “Sta senz pensier”, conclusa dai Carabinieri nel mese di marzo, che ha riguardato un traffico di droga gestito da un’organizzazione composta da soggetti teramani e napoletani. 

Le basi operative della consorteria erano situate nei comuni di Alba Adriatica e Martinsicuro, entrambi in provincia di Teramo. Il sodalizio curava ogni dettaglio: dall’importazione della droga dal quartiere napoletano di Secondigliano, con ripetuti viaggi su auto di piccola cilindrata, alla suddivisione delle dosi, fino alla vendita e al recupero dei crediti attraverso pestaggi e danneggiamenti. 

Il flusso continuo degli arrivi consentiva di soddisfare le richieste provenienti dal mercato teramano e marchigiano, fino alla periferia di Ancona. 

Un’altra operazione dei Carabinieri, conclusa con l’emissione, ad aprile 2018, di un provvedimento cautelare del Gip presso il Tribunale dell’Aquila, ha colpito un’organizzazione dedita alla coltivazione di marijuana in alcuni campi nella zona del Fucino. 

Al vertice della gruppo figuravano 2 soggetti, legati a clan camorristici che controllano l’area dei Monti Lattari, in provincia di Napoli, già oggetto di provvedimenti cautelari per analoghe attività di coltivazione di marijuana in quella zona della Campania. 





Per quanto attiene alla criminalità straniera, alcuni gruppi di etnia rom sono risultati attivi nei reati contro il patrimonio e nei traffici di droga, specie lungo le aree costiere della provincia di Pescara e Teramo. 

Le indagini degli ultimi anni hanno anche evidenziato il reimpiego, da parte di questi soggetti, dei proventi illeciti nell’acquisto di esercizi commerciali, di immobili o in attività di natura usuraria. 

Stabile è la presenza di gruppi slavo-albanesi, al pari di quelli nordafricani, nigeriani e sudamericani, i cui interessi criminali spaziano dai delitti contro il patrimonio al traffico di stupefacenti, dal favoreggiamento dell’immigrazione clandestina alla tratta di giovani donne finalizzata al loro sfruttamento sessuale. 

A tal proposito, il dossier della Dia ricorda l’operazione “Papavero”, conclusa nel mese di giugno dalla Polizia di Stato dell'Aquila, con l’esecuzione di un provvedimento restrittivo nei confronti di 9 soggetti, tra i quali ghanesi, nigeriani, gambiani e ivoriani, ritenuti responsabili, a vario titolo, di rapina, ricettazione, violenza sessuale e di spaccio di marijuana nel capoluogo abruzzese.

Passando alla criminalità di matrice pugliese, questa si distingue innanzitutto per la commissione di attività predatorie. 

Recenti attività di indagine confermano, infatti, la spiccata propensione, in special modo dei gruppi foggiani, a consumare delitti contro il patrimonio con efferati e sofisticati modus operandi, come per esempio il caso delle 'rapine in trasferta'.

Altro ambito di interesse sono gli stupefacenti. 

Anche in questo caso la criminalità foggiana sembra prevalere sugli altri gruppi pugliesi, comunque attivi. 

In proposito il rapporto della Dia ricorda gli esiti giudiziari dell’operazione “Balloons”, conclusa nel mese di marzo, che ha svelato l’esistenza di una rete di spaccio attiva in particolar modo sull’asse Foggia e Manfredonia, ma anche fuori regione, come dimostrato da alcune cessioni di stupefacenti effettuate in Abruzzo. 

Altrettanto significativa di questo dinamismo è l’operazione “Shefi”, che ha individuato e disarticolato un’associazione finalizzata al traffico internazionale di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, sull’asse Albania-Puglia, destinata ad approvvigionare varie parti del territorio nazionale, compreso l’Abruzzo. 

Non a caso, tra i destinatari degli stupefacenti figurano anche alcuni soggetti stanziati nella provincia di Teramo e Chieti. La droga veniva trasportata via terra da Bari, lungo la dorsale adriatica. (a.c.p.)

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