ASSANGE: ALTA CORTE GB FISSA PROSSIMA UDIENZA AL 20 MAGGIO

26 Marzo 2024 18:24

Mondo - Cronaca

ROMA – Nell’udienza di questa mattina l’Alta Corte della Gran Bretagna ha dato il via libera -negato in precedenza- all’istanza della difesa di Julian Assange di presentare un ultimo appello contro l’estardizione negli Stati Uniti, dove – se processato per i 18 capi d’imputazione attribuitigli – rischia una condanna fino a 175 anni di detenzione, secondo l’Espionage Act, in condizione come le attuali, che due relatori dell’Onu hanno definito “assimilabili alla tortura”.

Questa vecchia legge del 1917 è stata rispolverata in America anche nel caso della whistleblower Chelsea Manning.

Nel processo di primo grado la possibilità di presentare un ultimo appello non era stata concessa al giornalista australiano, per il quale ora l’Alta Corte britannica chiede che – nel caso di estradizione – possa usufruire delle garanzie di tutela offerte dal Primo Emendamento, come qualsiasi altro cittadino degli Stati Uniti, oltre a escludere l’eventualità che le accuse contro di lui siano in qualche modo suscettibili di arrivare alla pena di morte.





Sono questi i due punti fondamentali, dei sei sollevati in precedenza dagli avvocati di Assange, i soli accettati dai giudici su cui si dovrà incentrare il futuro dibattimento.

La Corte si è quindi aggiornata per una nuova udienza il 20 maggio. Nelle 66 pagine della sentenza di oggi, è stato richiesto inoltre al governo americano – tra le ulteriori garanzie da fornire entro tre settimane – la tutela del diritto alla libertà di parola e il fatto che il cofondatore di WikiLeaks non venga discriminato in quanto cittadino australiano.

Una sintesi della sentenza dice: “Se tali assicurazioni non verranno fornite [dagli Stati Uniti], verrà concesso il permesso di ricorrere in appello [a Julian], e poi ci sarà un’udienza di appello”.

“Stamattina speravo che a Julian fosse concesso il permesso di ricorrere in appello”, ha scritto ora Gabriel Shipton, suo fratello, in una lettera indirizzata ai sostenitori della campagna australiana in difesa di Assange. “Nella peggiore delle ipotesi, temevo che sarebbe stato estradato prima di domani mattina. Invece il suo purgatorio continua, ma ciò significa anche che abbiamo un’altra finestra per aumentare la pressione sulle persone che possono intraprendere azioni decisive per fare davvero la differenza. Nel momento attuale, questo è il governo australiano”.





“La decisione di oggi è appena arrivata ed è importante -ha concluso poi Shipton- Non era quella che speravamo. Nelle prossime settimane tornerò a Washington per continuare a rafforzare il sostegno per Julian nel luogo in cui vengono prese le risoluzioni”.

“Sono sollevato che non ci sia stato rigetto dell’istanza -spiega all’Adnkronos Patrick Boylan, docente universitario americano del Comitato italiano Free Assange, che ha seguito sempre da vicino la vicenda del giornalista australiano, scrivendo articoli e libri sul suo caso giudiziario.

“Assange non è adesso su uno dei due aerei della Cia, fermi in attesa su una pista di Londra, che oggi hanno dovuto differire il viaggio oltreoceano”.

“Siamo stati fino a poco fa a manifestare davanti all’ambasciata americana di Roma. A mio avviso i giudici inglesi lo vogliono estradare, ma non adesso e forse neppure dopo il 20 maggio. Biden non vuole che arrivi in America sotto elezioni. Potrebbe creargli troppi problemi. E quindi è possibile che, fino a dopo le elezioni di novembre, l’estradizione non si farà”. Quello che “possono tentare la famiglia e gli avvocati adesso è chiedere per lui gli arresti domiciliari fino alla prossima udienza, in modo che Julian giunga al processo in condizioni di salute almeno accettabili”.

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