L’AQUILA – Dopo la pandemia del covid-19, il turismo in Abruzzo “è tornato a crescere più lentamente rispetto a quello che è avvenuto in altre regioni”. Molta strada c’è da fare per rendere il capoluogo L’Aquila “una città davvero turistica”, e ad analizzare i dati, “la Perdonanza celestiniana, l’evento clou di fine estate, non porta significative presenze da fuori città”.
Ad averlo spiegato, con tanto di slide e grafici, è stato Alberto Bazzucchi, ricercatore del Cresa, il centro di analisi della Camera di commercio del Gran Sasso, in uno degli appuntamenti del progetto “Essere Paesi”, ideato dalle associazioni Frequenze, Te.Co – Territorio & Comunità, segnatamente durante la tavola rotonda “Territorialità e Turismo” che avuto luogo nelle scorse settimane a San Demetrio ne’ Vestini.
Un’analisi, essenzialmente basata sui dati dell’Istat, che intende far luce su affermazioni divergenti in merito alla consistenza e il trend di crescita del turismo in Abruzzo e nello specifico anche nel capoluogo L’Aquila. In autunno scorso, ad esempio l’assessore regionale con delega al Turismo, Daniele D’Amario aveva parlato per l’Abruzzo di “dati straordinari” registrati nel 2023 per in turismo, mentre la Cna aveva replicato considerandola invece “una stagione negativa”.
Ad ogni modo, in base ai dati snocciolati da Bazzucchi, emerge che, superate le due ondate di crisi dal 2008 al 2009 al e dal 2012 al 2013, che avevano compresso i consumi nazionali incluse le spese per viaggi, il sistema turistico nazionale ha avviato una fase di ripresa. Nel quinquennio 2015-2019 il movimento turistico ha ricominciato a spingere quasi con eguale intensità sia nelle destinazioni del Centro Nord sia del Mezzogiorno con un incremento medio annuo di oltre il 3%. Poi c’è stato lo stop della pandemia del covid e ora l’inevitabile effetto rimbalzo.
Spiega dunque il ricercatore: “anche l’Abruzzo è in una fase di ripresa post covid per quanto riguarda i flussi turistici, al pari di altre regioni, ma la ripresa è molto più lenta e più contenuta, la velocità di recupero inferiore, rispetto a quella di altre regioni. Eppure l’Abruzzo, in particolare le sue località montane e le aree protette, proprio nei due anni della pandemia, hanno registrato un boom, con la limitazione della mobilità verso l’estero. Non si è riuscito purtroppo in altri termini a capitalizzare questo vantaggio, questo aumento del flusso tornando sostanzialmente alla situazione precovid”.
Se poi allarghiamo lo sguardo, prosegue Bazzucchi, negli ultimi 15 anni, “ci si accorge che l’Abruzzo dopo il sisma del 6 aprile 2009 è precipitato verso il basso, quasi scomparso da radar turistici sia nazionali che internazionali, e oggi si colloca oggi a circa il 15-20 punti percentuali al di sotto dei livelli di 20 anni fa, continuando a detenere una quota molto modesta del turismo nazionale”.
Mete che però tengono botta e che registrano incrementi incoraggianti, prosegue Bazzucchi, “sono in aree circoscritte come la costa dei trabocchi grazie in particolare alla ciclovia, e alcune destinazioni dell’area interne. Come sempre rappresentano una garanzia le mete del turismo balneare, più di tutti lungo la costa teramano, e gli impianti sciistici, che continuano ad avere un impatto forte nonostante la variabilità climatica e la diminuzione delle precipitazioni nevose. Ci sono poi i parchi con i loro borghi, e altre località montane che solo di recente registrano un aumento delle presenze turistiche, anche se non hanno destinazioni particolarmente forti e riconoscibili, come ad esempio la rocca di Calascio”.
Dall’ultimo rapporto Isnart emerge poi che “si registra una crescita del cicloturismo, e della cosiddetta vacanza attiva, tripla rispetto ad altre regioni”
Venendo dunque al capoluogo L’Aquila: “la città sconta ovviamente una serie di difficoltà connesse all’opera di ricostruzione. Ma c’è da riflettere anche sulle scelte politiche fatte negli ultimi anni, quelle di puntare sui grandi eventi estivi, finanziati con una gran mole di finanziamenti pubblici. Ma bisogna vedere se questo sforzo sia stato davvero un volano per il turismo”.
Ebbene argomenta Bazzucchi, “se andiamo ad analizzare i dati delle presenze negli ultimi 5 anni nel periodo compreso tra la metà di agosto e la prima decade di settembre quello che riscontriamo è che a partire dal giorno immediatamente successiva a ferragosto, quando si registra il picco delle presenze, poi si verifica un calo, che perdura anche nel periodo della Perdonanza celestiniana, che dunque non sortisce effetti positivi, resta un evento di carattere locale. Mentre invece si registra nuovamente un picco a settembre, con il festival jazz e abbiamo un numero di arrivi che è paragonabile a quello del Ferragosto”.
Infine una considerazione personale: “occorre riflettere sull’opportunità di spendere un numero così importante di milioni a valere su fondi per la cultura e il tessuto sociale, che invece potrebbero e dovrebbero essere usati per creare condizioni stabili di attività e vivacità culturale tutto l’anno, in modo strutturale. Un tema questo studiato anche dai ricercatori del Gran Sasso science institute, che hanno distinto le ‘città di eventi’, dalle ‘città con eventi’. Fondamentale è creare connessioni forti con il tessuto sociale e culturale, con benefici anche in termini occupazionali”.
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